Da quando Tyronn Lue è diventato l'head coach dei Cleveland Cavaliers, nel gennaio 2016, è obbligato a vincere, avendo a disposizione una squadra d'èlite, costituita da campionissimi. Dunque, giocoforza, è costretto a vivere sfide che qualsiasi altro allenatore non deve affrontare. "E' il lavoro più duro, certo, ma è anche quello più soddisfacente"  ha esordito Lue al poadcast NBA Lockdown di ESPN. Poi, ha sottolineato, schiettamente: "E' difficile, ma nella mia vita ho affrontato ben altre situazioni, molto più complicate di questa. Cerco di isolarmi dal mondo esterno, non ascoltare troppo i media e tutto quello che hanno da dire. Il sostegno di David Griffin, Dan Gilbert, dei miei giocatori e di tutto l'Ohio, è questo quello che conta realmente per me". Le difficoltà, secondo il trainer dei Cavaliers, non sta tanto nel vincere le gare, ma nell'avere il controllo dell'intero mondo che attornia i Cavs.

Nel corso della regular season, Lue è stato aspramente criticato su più fronti: il riposo, spesso contemporaneo, dei Big Three, in determinate partite, oppure per il troppo minutaggio riservato a LeBron James. Il coach esprime la sua opinione: "Ho ascoltato il meno possibile ciò che i media hanno affermato, è assurdo. Hanno tirato in ballo Jordan, dicendo che lui non si è mai seduto in panca a riposare. Se non faccio giocare gli uomini migliori, vengo etichettato come un pazzo, se lascio in campo troppo Lebron, tutti si arrabbiano. Siamo davvero ai limiti della decenza". Lue, inoltre, ha riconosciuto che il forte rapporto con un allenatore storico, quale Larry Drew, lo ha aiutato molto, in quanto lo ha, in un certo senso, assistito a gestire la pressione: "E' molto importante per me il rapporto che ho con Larry. Mi ha consigliato di dedicare del tempo anche a me stesso, seppur il mio lavoro sia duro e mi porti via gran parte delle giornate. Mi ha confidato che se non faccio in questo modo, il tempo mi ucciderà ed io non vivrò più bene".

Non è partito dal basso, bensì subito catapultato in una realtà, quale quella di Cleveland, obbligata a vincere: "Si, mi trovo già in cima, senza aver mai avuto la possibilità di lavorare più in basso. Mi trovo proprio nel fuoco, e questa è stata la parte del mio lavoro più difficile da gestire. Non sono cresciuto gradualmente, mi trovo con le spalle al muro, e sono costretto a vincere, e ripetere la splendida cavalcata dello scorso anno. Confermarsi, si sa, è sempre difficilissimo".  Infine, l'allenatore dei 'Cavalieri' ha rivelato che dopo l'infortunio di Andrew Bogut, i Cavs hanno pensato a Kevin Garnett come suo sostituto, ricevendo però un due di picche: "Ci ha confermato che la sua carriera da giocatore NBA è conclusa, resterà comunque un grande "The Big Ticket", e proveremo a risentirlo il prossimo anno, magari offrendogli un ruolo dietro la scrivania".