Stavolta l'ha spuntata Oklahoma City. I Thunder di Billy Donovan hanno infatti dimezzato lo svantaggio nella serie di primo turno di playoff contro gli Houston Rockets di Mike D'Antoni, aggiudicandosi il terzo atto dell'eliminatoria con lo score di 115-113. E in questa occasione Russell Westbrook può godersi la sua tripla doppia d'ordinanza (32 punti, 13 rimbalzi, 11 assist), senza dover rispondere alle critiche sulla gestione dei possessi della sua squadra nei finali di gara.
Dall'altra parte James Harden ha chiuso con ben 44 punti (18/18 ai liberi), e con la chance di chiudere i conti per i Rockets, con una tripla sulla sirena che ha trovato solo il ferro ma, che se mandata a bersaglio, avrebbe avuto l'effetto di spegnere le speranze di rimonta di OKC. Invece la serie è più viva che mai, ed è senza dubbio la più affascinante dell'intero lotto del primo turno di playoff NBA. Due modi di giocare diversi, che stanno generando equilibrio e gare in bilico (eccezion fatta per il secondo tempo di gara-1). La strategia difensiva di Donovan e dei suoi Thunder è chiara: limitare il più possibile la sparatoria dall'arco di Houston. Tattica che sta costringendo i vari Trevor Ariza, Eric Gordon e Lou Williams a diventare penetratori, e che al momento ha sostanzialmente annullato Ryan Anderson, in difficoltà quando deve mettere palla per terra e creare dal palleggio. Su Harden sta invece montando una guardia strettissima Andre Roberson, tra i primissimi difensori perimetrali della lega: braccia lunghe, gran tempo di stoppata e ottimo passo di scivolamento, le caratteristiche dell'esterno di Donovan, che dall'altra parte del campo è invece battezzato al tiro da tre punti da D'Antoni. Ma Roberson rimane una risorsa per i Thunder anche per i tagli a canestro e per i palloni tenuti vivi a rimbalzo offensivo. Nonostante la gran difesa su di lui, Harden sta comunque mettendo insieme numeri notevolissimi, grazie all'innata capacità di trovare punti dal pick and roll, che siano in penetrazione (al ferro con la prediletta mano mancina) o dall'arco, sfruttando il blocco di un lungo o di un altro dei suoi compagni di squadra. Ed è stato così che i Rockets sono tornati in partita nel quarto quarto di gara-3, dopo che Gordon e Williams avevano fatto gli straordinari nei parziali precedenti.
E nel quintetto difensivo di Donovan trova spesso spazio - più di Kyle Singler - anche Jerami Grant, grande atleta ma attaccante limitato. Fisicità, cambi e single coverages sono dunque doppiamente importanto per OKC, non solo per limitare una squadra che ha diverse bocche da fuoco (pure Patrick Beverley è risultato decisivo nelle prime due gare di Houston), ma anche per consentire a Russell Westbrook di attaccare direttamente da situazione di rimbalzo o comunque in transizione. C'è infatti una differenza abissale tra il Westbrook che può accelerare a tutta velocità fino al ferro e il Westbrook che sfida la difesa schierata dei Rockets: il primo è praticamente immarcabile, il secondo si condanna a un uno contro tutti che si risolve in un palleggio arresto e tiro dalla media/lunga distanza o in un tentativo di "sfondamento" contro i vari Capela e Nenè, aiutati da Ariza a proteggere il canestro. Quanto ai lunghi, i Thunder sembrano aver scelto Taj Gibson come partner di Steven Adams per quei minuti in cui Donovan ritiene di potersi permettere un quintetto "pesante". L'ex Bull è sicuramente più efficace in difesa di Enes Kanter, il turco che peraltro dall'altra parte del campo è un gran giocatore spalle a canestro. Gibson garantisce esperienza e maggiore verticalità nel pitturato: in gara-3 i suoi tiri dalla media distanza hanno scavato un primo solco nel primo quarto. Il resto della rotazione di Donovan riguarda Alex Abrines e Doug McDermott, quei tiratori puri di cui Westbrook ha bisogno e che però spesso ignora, mentre Norris Cole sembra aver soppiantato il rookie Criston come backup dello stesso Brodie. L'unico giocatore dei Thunder ancora fuori da questa serie è Victor Oladipo, chiamato al proscenio esclusivamente quando è in panchina Westbrook: in quel caso l'ex Magic si prende la squadra sulle spalle, nella speranza di poter replicare giocate e numeri del prodotto da UCLA.
Rotazione a otto invece per Mike D'Antoni, che dalla panchina fa uscire solo Eric Gordon, Lou Williams e Nènè. Gordon sta dimostrando di essere ben più di un tiratore (quest'anno ha vinto il three point contest all'All-Star Game), rivelandosi inoltre un difensore per certi versi sottovalutato. E' questa la stagione della rivincita di Gordon, prospetto NBA di estremo interesse già dai tempi dei Los Angeles Clippers, poi frenato nella sua crescita da una serie lunghissima di infortuni ai New Orleans Pelicans. Sweet Lou Williams è stato invece ingaggiato dal general manager Daryl Morey proprio per avere un altro trattatore di palla - oltre ad Harden - e realizzatore in una squadra che basa gran parte del suo gioco sul pick and roll e sui tiri degli esterni. Nenè dà infine il cambio a Capela: rispetto allo svizzero il brasiliano è meno verticale, ma ha più armi in faretra per fare canestro, oltre che un'esperienza superiore. Questi i protagonisti di una serie che potrebbe non essere arrivata neanche a metà, nonostante i Rockets abbiano dimostrato in più occasioni di essere la squadra più completa tra le due contendenti. La difesa rimane l'elemento su cui puntare per Donovan, mentre a D'Antoni spetta il compito di riuscire a far esprimere al meglio e con intensità i suoi giocatori per tutti i quarantotto minuti di ogni sfida.