Alzi la mano chi, all'inizio della regular season NBA, avrebbe immaginato che i Denver Nuggets di Mike Malone sarebbero diventati la mina vagante della selvaggia Western Conference. Partita con più dubbi che certezze, la squadra del Colorado è invece attualmente una delle più calde dell'intera lega, come dimostrato dalla larga vittoria casalinga ottenuta nella notte contro i campioni in carica dei Cleveland Cavaliers. E non si tratta di un exploit isolato (già due belle sfide, entrambe perse, con gli Houston Rockets di James Harden avevano dato la dimensione del momento dei Nuggets), perchè è da oltre un mese che Denver ha cominciato a correre verso i playoff dell'Ovest. 

Wilson Chandler e Kenneth Faried. Fonte: Garrett Ellwood/NBAE via Getty Images

Approfittando delle difficoltà dei Portland Trail Blazers, che pure nelle ultime dieci partite hanno fatto segnare un record di 7-3, i Nuggets sono attualmente ottavi (34-37), con un gara e mezza di vantaggio proprio su Rip City. Uno score impensabile solo fino agli inizi del 2017, quando coach Malone tuonava contro i veterani dello spogliatoio per mancanza di leadership. Ma, con ogni probabilità, non era quello il (principale) problema dei Nuggets dell'epoca, incapaci di uscire dall'equivoco quintetto piccolo/quintetto con due lunghi pesanti come Jusuf Nurkic e Nikola Jokic. Un rebus intorno al quale si stava avvitando la stagione di Denver, mai in grado di trovare ritmo offensivo in un sistema che prevedeva Danilo Gallinari (o Wilson Chandler da numero tre), ed Emmanuel Mudiay da point guard titolare. La svolta è avvenuta quando Malone ha modificato le sue rotazioni: fuori Nurkic, poi spedito a Portland in cambio di Mason Plumlee, e chiavi della squadra affidate a Nikola Jokic. Il centro serbo è diventato il motore del gioco dei Nuggets: da lui nasce e si sviluppa un efficace movimento di uomini e palla, che può portare a triple come a tagli a canestro. Un nuovo sistema godibilissimo da vedere, che sembra esulare anche dalla qualità dei protagonisti in campo. Danilo Gallinari, ad esempio, che pure era stato tra i protagonisti della svolta in virtù di un campo offensivamente più largo, è attualmente ai box, ma Denver continua a girare alla grande, con Chandler o altri in quintetto. Un sistema di continuità offensiva che rende Jokic più un passatore che un tiratore, e che sfrutta i tagli verso il ferro di un atleta sottovalutato come Gary Harris, in una situazione di "motion" semiperpetua per certi versi simile a quella dei Golden State Warriors di Steve Kerr.

Jamal Murray contro Deron Williams. Fonte: Garrett Ellwood/NBAE via Getty Images

Un'altra modifica che ha segnato la stagione di Denver ha riguardato l'accantonamento di Emmanuel Mudiay, giovane guardia ghanese che non ha ancora convinto in questo primo biennio da professionista, rimpiazzato in quintetto dal più esperto e geometrico Jameer Nelson. Dalla panchina si alza invece, oltre a Will Barton e al redivivo Kenneth Faried, un altro giovanissimo, quel Jamal Murray da Kentucky che in diversi momenti delle partite somiglia da vicino a un futuro All-Star. Dotato di capacità balistiche fuori dalla norma, Murray non è solo un tiratore, bensì anche un ottimo atleta, capace di chiudere al ferro con buona esplosività. Da migliorare la lettura del gioco e dei passaggi, del resto margine di crescita normale in un ragazzo di soli vent'anni, giovane come lo spagnolo Juancho Hernangomez, small forward estremamente interessante, tecnicamente pulito e con un'apertura alare che gli consente di andare a segno anche in avvicinamento. Sullo sfondo, Danilo Gallinari, uomo chiave per un ulteriore passo avanti di Denver in questa stagione: l'azzurro, ancora tormentato dagli infortuni, è forse l'unico giocatore di quella taglia a disposizione di Malone a poter mettere indifferentemente palla per terra e tirare con buona continuità dall'arco dei tre punti. Con il Gallo in quintetto, la pericolosità offensiva dei Nuggets diventa ancora superiore, anche se non è da sottovalutare l'apporto che in questo periodo sta dando alla causa Mason Plumlee.

Mason Plumlee gestisce il pallone sullo stesso lato di Jokic. Fonte. Garrett Ellwood/NBAE via Getty Images

L'ex lungo di Nets e Blazers riesce a integrarsi bene con Jokic, grazie alla sua intelligenza cestistica e a doti di passatore scoperte nelle ultime stagioni. Con lui in campo, Denver dispone di due lunghi che non solo non si calpestano i piedi, ma che riescono anche a creare le spaziature corrette per i compagni di squadra. Assunto dimostrato dal ritorno a buoni livelli di Kenneth Faried, a suo agio nell'orbitare intorno a Jokic, ancora dell'intero attacco di Malone. Una squadra attualmente in fiducia e con tanto entusiasmo, una mina vagante a Ovest, nonostante esistano comunque diversi punti interrogativi sulla sua difesa, sia per attitudine individuale che per accoppiamenti con avversari più piccoli.