Damian Lillard e Kyrie Irving. Ovverosia, due tra le migliori point guard dell'intera NBA. In un periodo soprannominato come la Golden Age delle guardie della pallacanestro a stelle e strisce, i due playmaker di Portland Trail Blazers e Cleveland Cavaliers occupano un ruolo di primo piano all'interno della lega, per tecnica, doti realizzative e capacità di incantare gli spettatori neutrali. Protagonisti di due regular season in buona misura opposte, i due hanno trovato un punto di contatto la scorsa notte, quando hanno messo a segno rispettivamente 49 punti (14/21 dal campo, 9/12 da tre, 2/2 ai liberi, cinque assist) a Miami contro gli Heat, e 46 punti (15/21 dal campo, 6/10 da tre, 10/10 ai liberi, tre assist) allo Staples Center contro i Los Angeles Lakers.
26 e 24 (25 da compiere tra tre giorni) anni, Lillard e Irving sono stati spesso "ignorati" in questa stagioni per motivi contingenti. Il primo, a causa delle difficoltà sue e dei Portland Trail Blazers, incapaci di ripetere l'exploit della scorsa regular season, il secondo, per giocare nella squadra dell'MVP sostanziale LeBron James. Formalmente, il premio per il most valuable player di questa stagione regolare vede in infatti in prima linea Russell Westbrook e James Harden, nonostante LeBron abbia disputato un'annata fantastica sotto tutti i punti di vista. Le performances da tripla doppia degli stessi Westbrook e Harden hanno così fatto passare sotto silenzio le prestazioni di Kyrie Irving. Autore del tiro che alle scorse Finals ha consegnato il titolo ai Cleveland Cavaliers, Irving si sta consacrando quest'anno, attestandosi senza discussioni tra i migliori realizzatori della Lega. Il feeling con James, a lungo ricercato, è stato ormai trovato, con il Re che funge da facilitatore e playmaker ombra della squadra, e Irving nelle vesti di killer seriale.
Ciò che più stupisce del prodotto da Duke, prima scelta assoluta al Draft del 2011, è la capacità di trovare il canestro in situazioni diverse. Triple senza ritmo, penetrazioni a una velocità folle, uno contro uno che possono concludersi con uno step-back o con un vero e proprio gioco di prestigio con l'aiuto del tabellone: niente è precluso a Kyrie Irving, che sta letteralmente volando a 25.5 punti di media (mica male nella squadra di LeBron) attestandosi definitivamente come secondo violino dei campioni in carica. La caratteristica principale di Irving, quantomeno in questa fase della sua carriera, rimane quella di poter attaccare chiunque senza aver bisogno di facilitazioni particolari: certo, splendido nel pick and roll, ma efficace anche in isolamento o in assenza di un compagno di squadra che gli porti il blocco. Da due o da tre punti non fa più differenze: Irving è una delle macchine da punti più devastanti che ci siano in NBA, che non ha nulla da invidiare ad altri fenomeni come Westbrook e Harden. Eppure, il suo nome non è mai stato preso in considerazione per il riconoscimento di MVP della regular season. Difficile che il ragazzo se ne faccia un cruccio, impegnato com'è a trascinare i Cavs verso il secondo titolo consecutivo, insieme a quel LeBron James con cui condivide oneri e onori.
Opposta la situazione di Damian Lillard. Il nativo di Oakland ha attraversato momenti di reale difficoltà in questa stagione (anche a causa di un infortunio alla caviglia mai utilizzato come alibi): non convocato per l'All-Star Game (e non c'è la notizia), Lillard ha svoltato dopo la pausa per il week-end delle stelle, ritrovando forma e convinzione, per provare a trascinare i suoi Blazers alla postseason, in un testa a testa serrato con i Denver Nuggets, attualmente avanti di una sola partita per l'ottavo posto nel ranking della Western Conference. Insieme a C.J. McCollum, Lillard forma uno dei backcourt più tecnici ed efficaci dell'intera lega: come Irving, il numero zero di Rip City non ha mai avuto problemi di realizzazione (le difficoltà stagionali della squadra di Stotts nascono semmai nella metà campo difensiva), anche se il suo gioco è parzialmente diverso da quello del suo omologo in maglia Cavs. Inserito in un contesto in cui è lui ad avere spesso la palla in mano (l'alternativa è proprio McCollum), Lillard è esiziale sul pick and roll, potendo andare a bersaglio sia dall'arco (specialità in cui non ha certo bisogno di spazio), che attaccando il ferro. Il suo gioco è per certi versi più simile a quello di Steph Curry che non a quello di Irving, nonostante una più spiccata propensione ad attaccare il ferro e a riaprire per gli altri tiratori sul perimetro (non solo McCollum, ma anche i vari Aminu, Harkless, Crabbe e Leonard), che lo rende potenzialmente un giocatore da doppia doppia ad allacciata di scarpe. Predestinato l'uno, eterno incompreso l'altro, Irving e Lillard continuano a incantare gli appassionati: data l'età, si prevede che possano riuscirci ancora a lungo.