Un vecchio proverbio dice “patti chiari, amicizia lunga”. Bene, se pensate di leggere un articolo pieno di statistiche, numeri, grafici e quant’altro, be’, potete anche chiudere la pagina. Sì perché questo pezzo non vuole mettere a confronto le surreali statistiche dei 3-4 giocatori più dominanti della Lega. No, vuole mettere a paragone il modo e il contorno in cui i potenziali vincitori del Most Valuable Player della stagione 2016/2017 stanno dominando la NBA.

Partiamo però dall’inizio. Fin dalla prima palla a due dell’anno, i maggiori candidati per l’MVP sono stati Russell Westbrook, LeBron James e uno, (o forse entrambi), tra Kevin Durant e Steph Curry. Ogni tanto uscivano anche i nomi di Anthony Davis, di Kawhi Leonard, ma sembrava davvero che i 4 sopra citati potessero impossessarsi del titolo già prima del nuovo anno. E tra questi, sempre con grande insistenza si puntava su Westbrook. L’ex compagno di KD ha reagito alla grandissima alla partenza del numero 35, facendo registrare medie da capogiro – al momento viaggia con tripla doppia di media a partita – e tenendo a galla una squadra che, al contrario, non sarebbe in piena lotta playoff. Non ce ne vogliano infatti Adams, Kanter, Oladipo e Donovan ma questo roster, al netto del numero 0, sarebbe in lotta forse per l’ottavo posto.

Ma col passare del tempo, se da un lato si è defilato il profilo di Curry e si è rafforzato quello di Westbrook, è arrivata prepotente la candidatura di James Harden. L’ex guardia di OKC ha sposato in pieno il gioco di Mike D’Antoni, trasformandosi in una strepitosa point guard e facendo sembrare la propria squadra una vera e propria contender NBA. Gli Houston Rockets, quella squadra altalenante che l’anno scorso hanno raggiunto i playoff all’ultima partita, quest’anno sembra poter competere con l’elite NBA per l’anello. Una cosa da non credere se si pensa che, oltre al cambio d’allenatore, sono arrivati in Texas Eric Gordon, Nene Hilario e Ryan Anderson (oltre a Lou Williams arrivato però a febbraio). Ed il solo che ha lasciato di un certo spessore è stato Dwight Howard. Insomma, non si parla proprio di giocatori capaci di trasformare una squadra da ottavo posto a contender. No, il merito va ad un allenatore con idee chiare, a giocatori adatti alle idee del primo ed anche ad una superstar capace di esaltarsi, ancor più di quanto non facesse prima, con il nuovo modo di giocare della sua squadra. Questo mix di cose ha permesso a Houston di piazzarsi saldamente al terzo posto della Western Conference, con poche probabilità di essere raggiunti da Utah (altra squadra rivoluzionata rispetto all’anno scorso, arrivata nona) e di raggiungere San Antonio e Golden State.

Ecco, questo enorme cambiamento ha portato James Harden nuovamente sotto le luci della ribalta, perché è chiaro che, nonostante il grande lavoro di D’Antoni e dei compagni, il merito di questa incredibile resa è principalmente suo. E qui arriviamo al discorso MVP. Harden è, insieme a Westbrook, quello che probabilmente è stato per più a lungo tempo in pole nella corsa al titolo. I due ex compagni, fino al mese scorso, sono stati senza dubbio i migliori giocatori del campionato, con l’ex Thunder in leggero vantaggio considerato il miglior andamento della squadra.

Quest’ultimo è spesso il fattore determinante per l’assegnazione del premio. Il roster della squadra in cui ci si trova a giocare non può che essere fondamentale per dire chi sia stato il migliore della regular season. Così come i risultati della squadra stessa.

E proprio questi due “indici” sono ciò che hanno fatto nascere il titolo che leggete sopra: Kawhi Leonard, che ha come gli altri candidati numeri pazzeschi, gioca all’interno di un contesto che a Oklahoma City e a Houston, con tutto il dovuto rispetto, si sognano. Popovich, RC Buford, Gasol, Aldirdge, Parker, Ginobili sono tutti dei fattori che hanno permesso e permettono a Leonard di poter fare quello che fa con molte meno difficoltà di quanto non facciano Westbrook e Harden che, al contrario, non godono di tutta questa libertà. Ecco perché tutte le chiacchiere su Leonard, per quanto portino sempre motivazioni validissime (26.3 punti, 5.9 rimbalzi, 3.4 assist le sue medie a partita), non tengono quasi mai conto di cosa ci sia dietro lo straordinario numero 2 degli Spurs. O quanto meno non viene preso in considerazione quanto in meno ci sia alle spalle di gente come Harden e Westbrook. Ecco perché Kawhi Leonard, uno dei giocatori più forti della NBA, non è l’MVP della NBA.