Qualche mese in cui chiunque ami il gioco con la palla a spicchi aveva sognato che avvenisse il clamoroso e romantico ritorno. Ma alla fine, la ragione e la consapevolezza di non essere più quello di un tempo hanno prevalso sui sentimenti, su quell'istinto che di certo lo avrebbe convinto a indossare nuovamente canotta e calzoncini, a infilare i calzettoni e ad allacciare le scarpette per tornare a sentire di nuovo l'odore del cuoio e lo sfrigolìo del contatto con il parquet. Gianluca Basile ha deciso di dire "basta", e questa volta è una decisione definitiva, dopo quella presa e annunciata alla fine della scorsa stagione. Tutto fatto con il suo inconfindibile marchio di fabbrica: senza grossi squilli di tromba o annunci in pompa magna, senza celebrazioni degne della sua infinita classe e del suo talento sconfinato, ma comunque con grandi riflessioni e difendendo i suoi pensieri e le sue idee da chi aveva provato a convincerlo fino alla fine a tornare.
Sì, perchè Enzo Sindoni - vulcanico e facoltoso presidente della sempre più sorprendente Betaland Capo d'Orlando - già durante la cena di fine anno, ovvero un mese e mezzo fa, aveva annunciato a gran voce che avrebbe provato a fare di tutto per convincere Gianluca Basile a tornare a giocare per la squadra di cui è patron ma soprattutto tifoso. Un impegno a tempo, da limitare alla partecipazione della formazione siciliana - poi divenuta ufficiale - alle Final Eight di coppa Italia. Un premio alla carriera per chi questo trofeo lo ha vinto per tre volte, ma sempre e solo in Spagna con la maglia del Barcellona. Ma anche un'ulteriore aggiunta di esperienza e di carisma ad un gruppo giovane e ricco di talento, che si appresta a vivere un weekend straordinario per intensità e per le emozioni che riguarderanno i paladini in quel di Rimini, sede della Final Eight e a pochi passi da quella Reggio Emilia in cui la maglia del Baso aveva fatto vedere i suoi primi effetti. Ma per il giocatore di Ruvo di Puglia, è arrivato il momento di dare l'addio definitivo al gioco che lo ha reso un grande atleta e un grande uomo, e che gli ha consentito di alzare al cielo dieci trofei tra Bologna e Barcellona, oltre a conquistare quattro medaglie con la canotta della Nazionale e anche due titoli di MVP del campionato, sempre nel nostro campionato tra le fila della Fortitudo Bologna.
Un giocatore straordinario che, come spesso accade alle stelle, viene sempre accostato a una specialità in particolare. Il "tiro ignorante", con la postura del corpo che gli consentiva di uscire alla grande dai blocchi e sparare con mani morbide e chirurgiche, nonostante la pressione di uno o più avversario sull'arco dei tre punti. Sono tantissimi i canestri che ne hanno caratterizzato la carriera, il popolo italiano ricorda con grande piacere le bombe sganciate dalla guardia pugliese nelle magiche serate di quasi tredici anni fa, quando ad Atene tutto il mondo si rese conto del talento del numero 5 della Nazionale italiana. In particolare se ne accorsero i membri di un piuttosto modesto Dream Team, spazzato via a Colonia in uno scrimmage pre-olimpico, ma soprattutto la Lituania: squadra spesso caratterizzata da grandi tiratori, e sconfitta nell'ormai storica semifinale a cinque cerchi dalle triple del Baso, di Galanda e degli altri tiratori scelti di coach Recalcati.
Un giocatore capace di segnare ben 6.448 punti con le squadre di club (nell'ordine Reggio Emilia, Fortitudo Bologna, Barcellona, Cantù, Milano e appunto Capo d'Orlando), di cui ben 5.241 realizzati nel nostro campionato e ai quali vanno aggiunti i 1.602 realizzati in nazionale, con 209 presenze in tutte le competizioni possibili e immaginabili. Un giocatore che è stato stella di due delle squadre più forti dell'ultimo quarto di secolo, ma che con una grande carriera sulle spalle è stato capace di sposare la causa dell'Olimpia Milano fregandosene del suo precedente trascorso con i rivali storici di Cantù. Un giocatore che dopo aver vissuto fasti da atleta temuto e rispettato nei palazzetti di tutta Europa ha deciso di ripartire laddove tutto era iniziato: la serie A2 a Capo d'Orlando diciotto anni dopo gli esordi a Reggio Emilia, la finale persa contro Trento e il ripescaggio, con altri due campionati di serie A vissuti da gregario, in silenzio e con grande concentrazione e abnegazione, com'è sempre stato nella sua carriera.
"Mi sono reso conto che sto bene così, vado a pescare, vado a funghi, mi prendo i miei tempi", ha detto in una chiacchierata con Matteo Soragna, uomo che è stato al suo fianco nella cavalcata di Atene ma anche nelle sue ultime stagioni da giocatore a Capo. "A questo punto non mi sembra il caso di continuare, si rischia di entrare nel patetico, 42 anni si sentono, fisicamente e soprattutto mentalmente. E’ difficile decidere di smettere con il basket giocato, ma ancora più difficile è renderlo pubblico". E adesso che lo hai fatto, il sommesso e silenzioso discorso di addio, caro Baso, non possiamo che dirti una sola cosa, per tutto quello che ci hai fatto vedere, vivere e provare in questi venti anni di carriera: GRAZIE.