A Washington D.C., in questo periodo, le preoccupazioni non sono poche. Tra muri che spezzano in due il continente, mediorientali respinti all'aereoporto e tagli alle ONG che si occupano di aborto, Donald Trump ha già messo il suo marchio sul mandato da Presidente degli Stati Uniti d'America, passato nelle sue mani da quelle di Barack Obama meno di due settimane fa. Già, Barack Obama, un presidente che non ha mai nascosto (oltre alle posizioni diametralmente opposte rispetto a quelle del neo-eletto magnate delle costruzioni) il suo amore per lo sport e per il basket NBA. Mentre i Bulls, tanto cari all'ex senatore dell'Illinois, cercano di rimettere insieme i cocci dello spogliatoio, la franchigia della capitale, i Washington Wizards, sembra volare a gonfie vele.

Dopo aver perso 12 delle prime 18 partite, i maghi si sono rialzati ribaltando il record, che ora parla di 27 vittorie a fronte di 20 sconfitte. Un onda di positività, risultati e bel gioco che fa capo, indubbiamente, a John Wall: la point-guard da Kentucky, almeno secondo le statistiche, è nella sua migliore stagione. 22.9 punti, 10.3 assist e un 46.2% dal campo testimoniano quanto la sua leadership stia diventando decisiva a livello di campo, oltre a quello mentale. Wall è l'uomo franchigia in quel del District of Columbia, e sembra aver trovato la sua dimensione. Il 2016 però è stato anche l'anno di Bradley Beal, che ha firmato il contratto di gran lunga più ricco della sua carriera, un quinquennale che sfiora i 130 milioni di dollari, durante la scorsa estate.
Proprio il contratto da sceicco dell'ex-Florida Gators ha fatto scattare qualche scintilla nella preseason: Beal e Wall giocano insieme dall'estate 2012, e le voci sulla convivenza tra i due non sono mai state particolarmente positive, finché, durante un'intervista alla CBS, lo stesso Wall sollevò pubblicamente il problema. "Molte volte abbiamo la tendenza ad andare in contrasto l'uno con l'altro in campo. Ma dobbiamo essere capaci di lasciare questo da parte, di parlare quando qualcuno sbaglia una giocata o quando le cose non vanno come vogliamo. Anche se si discute, va bene, stiamo giocando a pallacanestro e deve essere così". Queste le sue parole, che poi si spostarono sull'argomento del rinnovo del compagno, "una volta raggiunto un contratto del genere, devi migliorare il tuo gioco".

Tutto questo accadeva ad agosto, ma ora la musica sembra decisamente cambiata: battendo i Pelicans a domicilio, Washington ha centrato la decima vittoria nelle ultime dodici, con 27 punti siglati da Beal e 19 assist smazzati dal suo compagno di reparto.
Proprio il numero 3 ha parlato ai microfoni nel post-partita, sottolineando come l'alchimia con Wall non manchi affatto, quantomeno sul parquet: "Sta andando bene, sta andando molto bene. Questa cosa che non andiamo d'accordo è diventata noiosa, e la stiamo smentendo sul campo. Sono davvero contento per John, ha avuto la sua quarta convocazione all'All-Star Game e continua a supportare la città come può, continua a diffondere affetto. Le sue capacità da point guard sono migliorate da quando ho iniziato a giocare con lui, ed è un piacere. Ci riteniamo il miglior backcourt della lega, e dobbiamo continuare a fidarci l'uno dell'altro per guidare la nostra squadra. Se sono deluso per non essere stato nominato all-star? Si e no; sono un po' arrabbiato ma non è la fine del mondo. Gioco perché mi piace, non per diventare all-star, quindi continuo a guardare avanti".

Parte di questo successo però va riconosciuta anche all'head coach dei Wizards, Scott Brooks, che ha saputo tirare fuori i suoi dalla crisi di inizio stagione senza esperimenti particolari ma organizzando in maniera razionale la squadra. Tante responsabilità alla coppia di guardie titolari, ma anche fiducia ad un ritrovato Markieff Morris, in evidente crescita dopo le mille peripezie per cercare di ricongiungersi al gemello Marcus durante la scorsa stagione. Ora, a Washington, l'ex-Suns ha appena messo a segno un mese di livello assoluto: oltre ad aver fatto registrare quasi 17 punti di media, sta assicurando presenza costante sotto entrambi i tabelloni, risultando spesso decisivo con le piccole cose che fanno vincere le partite. Altro esperto di piccole cose, come i movimenti in pick 'n' roll, è Marcin Gortat, uno dei lunghi più esperti della Eastern Conference, prezioso per le sue giocate combinate con i due "piccoli" oltre che per il lavoro a rimbalzo. Brooks sa di avere a disposizione un reparto guardie di lusso, ma ha anche saputo sfruttare al meglio la fisicità di altre due pedine dello starting five per trovare la continuità necessaria a rimanere nelle zone alte della calssifica. Il tallone d'Achille della franchigia capitolina, però, siede in panchina. Troppo poche e poco solide le alternative a disposizione dell'ex coach di OKC: le rotazioni coinvolgono in pianta stabile Oubre, Thornton, Smith, e Burke, con qualche apparizione anche per Satoransky, ma tutto il quintetto titolare supera i 30 minuti di media in campo. Un impiego che senz'altro logorerà le stelle della squadra, soprattutto se Washington dovesse essere costretta a lottare per un posto ai Playoffs fino al termine della regular season, senza poter sfruttare così le ultime due settimane per ricaricare le batterie. Se, come sembra, Wall e compagni saranno inseriti nel tabellone della post-season ad Est, dove le difese alzeranno decisamente il volume, servirà un ulteriore step qualitativo, difficile da raggiungere con 82 partite di sforzi sulle gambe. La trade deadline è fissata al 23 febbraio, e l'obiettivo inderogabile è quello di arricchire il roster in profondità.