Per la prima volta dal lontano febbraio 2006, LeBron James, con almeno 10 partite giocate, ha chiuso un mese, gennaio in questo caso, con un record negativo. L’ultima volta che è successo, il Re non aveva ancora vinto un titolo mentre Miami, con Wade e Shaq, si accingeva a farlo. Insomma, di acqua sotto i ponti ne è passata un pochetto. Ma sebbene la carriera del Re sia cambiate notevolmente, e in meglio ci si sente di dire, le cose in quel di Cleveland hanno preso una piega strana in questo mese.
Alla Quicken Loan Arena s’è vissuto un mese assai particolare. Il nuovo anno ha infatti portato 7 vittorie a fronte di 8 sconfitte, un bilancio negativo che ha portato dietro uno strascico di considerazioni e critiche notevolissime. Questo andazzo ha infatti riaperto vecchie questione che, in quel di Cleveland, non sono mai state risolte definitivamente. Una su tutte, l’assenza/presenza di un playmaker di riserva. James si è più volte esposto pubblicamente chiedendo che venisse trovato un degno sostituto di Kyrie Irving, e questo ha ovviamente creato frizioni col GM David Griffin. Ma, seppur parziale, una spiegazione sul perché questa PG non ci sia nel roster è stata data da un articolo di Forbes in cui si è analizzato il campionato dei Cavaliers dell’anno scorso, soprattutto dal punto di vista economico. E la rivista americana ha messo in luce come, nonostante la vittoria, la squadra di Dan Gilbert abbia perso 40 milioni di dollari, record per l’anno scorso e quinto valore più alto in assoluto nella NBA.
L’enorme perdita è stata causata soprattutto dal monte ingaggi, il più elevato di tutta la Lega, pari a 115 milioni di dollari. Tale cifra ha ovviamente superato il tetto salariale, costringendo Gilbert a sborsare altri 54 milioni di luxury tax, per un totale di 185 milioni di dollari spesi solo per la squadra, tra costi per le trade, premi e quant’altro. Insomma, è evidente come al proprietario di maggioranza dei Cavaliers vincere il titolo sia costato un bel po’ di “grana” e, nonostante l’enorme aumento di valore della squadra (si è passati dai 550 milioni prima del ritorno di James al miliardo abbondante del post-titolo), che cercasse allo stesso tempo di risparmiare qualche soldo.
E qui si ritorna automaticamente al discorso legato al sostituto di Irving. Quest’estate i Cavs, proprio per risparmiare qualcosa, non hanno pareggiato l’offerta dei Milwaukee Bucks per Matthew Dellavedova (38 milioni di dollari in 4 anni), puntando sul fatto di avere già sotto contratto Mo Williams. Ma il veterano non ha dimostrato d’essere all’altezza di una squadra che punta a vincere. E proprio per questo, Griffin ha pensato bene di includerlo nella trade che ha portato in Ohio Kyle Korver, giocatore di indiscusso valore ma che non è un playmaker. Ecco quindi che, dopo il mese peggiore dei Cavaliers degli ultimi due anni e mezzo, il front office ha deciso di iniziare un workout con tre PG free agent: Kirk Hinrich, Lance Stephenson e niente meno che Mario Chalmers. Tutti e tre sono play liberi, non vincolati ad alcun contratto, e i Cavs avrebbero quindi la possibilità di prenderli relativamente a poco. Ma i tre presentano tutti dei problemi che non possono non essere presi in considerazione. Il primo, ex storico capitano dei Bulls, è quello fermo da più tempo, non giocando una partita da maggio scorso, secondo turno di playoffs con gli Atlanta Hawks. Il secondo, ex giocatore di Pacers, Hornets, Clippers e Pelicans, sarebbe un ottimo difensore perimetrale e un buon creatore di gioco, se non fosse per gli enormi limiti caratteriali che da sempre ne condizionano la carriera. È fermo da novembre, quando si è infortunato all’inguine e i Pelicans lo hanno poi tagliato. Il terzo, e anche l’unico esperto in fatto di Finals, è ex compagno di LeBron a Miami, dove ha vinto due titoli proprio col Re, ed è quello probabilmente con le maggiori possibilità di essere selezionato. Il buon Chalmers, 30 anni, ha subito uno strappo al tendine d’Achille destro e, per questo, è stato tagliato dai Grizzlies nonostante abbia sempre fornito prestazioni di grande qualità in Tennessee.
Il workout dovrebbe essere stato fissato per domani, stando a quanto riporta ESPN, ma non è detto che venga presa da subito una decisione. Anche se difficilmente Griffin e tutto il front office dei Cavs vogliano far aspettare ancora LeBron. Il numero 23, nei giorni passati e come già accenato pocanzi, si è detto più che infastidito dall’immobilità dei suoi dirigenti, e che per provare a rivincere il titolo è necessario avere un ricambio di Irving. Non perché ovviamente insoddisfatto del suo attuale compagno, ma perché questo stesso necessita di riposare all’interno delle partite e della stagione stessa. Tali affermazioni però, hanno suscitato parecchie critiche da parte degli opinionisti NBA. Su tutti, Charles Barkley ha avuto modo di commentare, in modo piuttosto negativa, l’atteggiamento di LeBron: “Inappropriata, una lamentela che non c’entra niente – ha detto Barkley – I Cleveland Cavaliers gli hanno dato qualsiasi cosa chiedesse. Quest’estate voleva che rimanessero Smith e Shumpert, ed entrambi sono rimasti. Ha voluto Korver, ed è stato accontentato. È il miglior giocatore del mondo e vuole tutti gli ottimi giocatori? Ma sul serio, non vuole competere?”
La critica dell’ex giocatore di 76ers, Suns e Rockets non è nuova a James, ma lo stesso Re non se l’è sentita, questa volta, di passare oltre e ha risposto per le rime all’opinionista di TNT: “Non gli permetterò di disprezzare la mia legacy. Io non ho mai spinto nessuno da una finestra, né da un bambino. In tutta la mia carriera, in 14 anni di carriera, ho sempre rappresentato la NBA nel modo giusto. E adesso non voglio che nessuno critichi il mio lascito a questa Lega”. Parole durissime, per un LeBron che mette in mezzo anche le Finals del ’93, tra i Bulls di Jordan e i Suns proprio di Barkley: “Andate a rivedere quelle Finals. Mentre John Paxson sta tirando un libero, ci sono Jordan e Barkley che parlano e ridono tra di loro. Due avversari che ridono e scherzano in un momento delicato come quello. Bo, non so che dire, giudicate voi stessi. Ma, ehi, se Barkley vuole parlarmi, mi vuole incontrare, non c’è alcun problema. Il nostro calendario lo conoscono tutti, sa perfettamente quando e dove sarò per il resto della stagione. Che venga a parlarmi, invece di aspettare l’All Star Weekend, stringermi la mano e sorridermi”.
Insomma, James non le ha mandate a dire. Non ha evidentemente apprezzato un’uscita non troppo felice nei suoi confronti in un momento parecchio critico per i Cavs e per lui soprattutto. Sì perché il Re, oltre a voler vincere con la propria squadra, ha fretta di raggiungere nei numeri Michael Jordan. E se per quello che riguarda minuti giocati in carriera il più è stato fatto, considerato anche che LBJ ha ancora un po’ di anni davanti, ha ancora qualche voce da recuperare. Intanto nei titoli: ne mancano tre al Re per raggiungere His Airness, stesso numero degli MVP delle Finals. E questa “mancanza”, se la si può chiamare così, è sicuramente quella che più sta a cuore a James. Vincere altri tre anelli, tutti magari con la maglia dei Cavs, lo porrebbe ancor più sullo stesso piano di MJ, e gli permetterebbe inoltre di superare definitivamente quel Kobe Bryant che tutti additano come la “cosa che più si è avvicinata a Jordan”.
Proprio per questo, per concludere questa lunga analisi sul momento di LeBron che si spera non abbia annoiato, il nativo di Akron non ha visto di buon occhio l’arrivo di Kevin Durant ai Golden State Warriors. La squadra della Baia, al momento, rappresenta l’unica squadra che possa impedirgli di raggiungere il suo obiettivo (forse magari insieme agli Spurs) e, se già senza KD è stato complicatissimo batterli, con l’aggiunto dell’ex OKC lo sarà ancor di più.