Da un paio di anni a questa parte, i Memphis Grizzlies, non si sa bene perché, sono visti sempre con sorpresa nella parte alta della classifica della Western Conference. Ogni anno, nonostante Marc Gasol e Mike Conley siano ormai due giocatori affermatisi a livello All-Star, i Grizzlies non vengono mai considerati come vera contender. Forse perché, anche quest’estate, un paio di mosse obbligate e non della dirigenza della franchigia del Tennesee hanno lasciato perplesse parecchie persone. Partendo da quella più importante, il cambio di allenatore non è una cosa mai facile da gestire. L’addio di Dave Joerger, con cui la squadra ha ottenuto risultati eccezionali, sfiorando una finale di Conference perdendo in semi contro OKC, ha lasciato un vuoto enorme e in tanti hanno pensato che, tale vuoto, sarebbe stato molto difficile da rimpiazzare. E invece, con grande maestria, il GM Chris Wallace ha scelto David Fizdale, assistente allenatore di Erik Spoelstra, le cui capacità sono note e riconosciute da tutti. Ciò nonostante, andare a prendere il posto di una persona che ha fatto bene è sempre difficile, e anche per questo, quest’estate, i dubbi erano molti.

Se questa scelta è stata però in qualche modo obbligata da quella di Joerger, le due operazioni fatte sul mercato dai Grizz sono state quelle che hanno fatto più discutere. Innanzitutto, il rinnovo per 150 milioni di Mike Conley. Vero che il nuovo salary cap permette certe cifre, ma la somma con la quale Memphis si è ri-accaparrata il proprio play è davvero esorbitante. Ma se almeno in questo caso le qualità tecniche e la tenuta fisica erano riconosciute, lo stesso non si può dire per Chandler Parsons. Nel primo giorno di free agency infatti, Memphis si muove con grande rapidità e firma immediatamente l’ex giocatore dei Dallas Mavericks, reduce da un doppio intervento alle ginocchia. Fin qui, volendo, tutto normale, ma sono le cifre del contratto che fanno balzare dalla sedia: 95 milioni di dollari in quattro anni. I tifosi qui, per davvero, cominciano a storcere il naso. Tutti quei soldi per un giocatore che non si sa se, quando e come riuscirà a giocare di nuovo e che avrà Troy Daniels come iniziale sostituto? Ah già, tra gli altri affari di Memphis c’è anche Daniels, che firma un triennale a 10 milioni di dollari e che, nelle idee di coach e dirigenza, prenderà il posto di Chandler fino al suo totale reintegro. Anche qui, tanti i dubbi per un giocatore che, fino all’anno scorso, aveva fatto vedere solo ed esclusivamente doti da catch-and-shoot.

Come Bradd Pitt insegna nel film Moneyball, tuttavia, Wallace si è totalmente disinteressato dell’opinione pubblica, consapevole che, delle proprie azioni, deve rispondere soltanto alla proprietà.

Comincia così la stagione e magicamente, si fa per dire, i Grizzlies di Fizdale sono tra le prime 8 dell’agguerritissima Western Conference. Passano i giorni, i mesi, e si arriva all’anno nuovo con una squadra straordinariamente ben oleata, gestita meravigliosamente dal proprio allenatore e con delle idee chiarissime: difendere è la chiave per vincere. Coach Fizdale ha infatti messo su un sistema difensivo efficientissimo, e che permette alla propria squadra di nascondere le proprie difficoltà offensive. Memphis diventa così ben presto una delle squadre più difficili da battere, risultando essere la terza miglior difesa del campionato (appena 98,6 punti concessi a partita).

La chiave, tuttavia, non è soltanto nel concedere pochi punti ma anche quella di saper sfruttare bene le proprie risorse: grazie alla presenza alternativamente e non di Gasol e Ranpdolph in campo (con quest’ultimo che ha ormai accettato di buon grado il ruolo di sesto uomo), i Grizzlies concedono appena 36,7 punti a partita all’interno del pitturato (miglior dato in NBA), e facendo tirare i propri avversari da 2 con il 48.1%, seconda miglior percentuale. Due risultati straordinari, che permetto a Memphis di gestire benissimo squadre come OKC, Cavs e Raptors, che fanno delle penetrazioni e dei tiri mid range il proprio credo.

A questo punto c’è da pensare però che, uscendo dall’area, Memphis possa soffrire più del dovuto. Invece, Conley, Allen e Williams si sono dimostrati, oltre che singolarmente anche insieme, dei difensori eccezionali, che permettono alla squadra di essere sesta per percentuale da tre concessa agli avversari (34,7%). Questo dato, se relazionato ai tentativi fatti dalle squadre avversarie per ogni partita, mostra ulteriormente la bravura dei Grizz: quando le altre squadre giocano contro di loro, tentano 27,9 triple di media a partita, realizzandone appena 9,7.

Se si mettono in relazioni tutti i dati fin qui citati, questi dicono nell’area di Memphis non si riesce/può segnare e, per questo motivo, si tentano tante triple sulle quali, però, la difesa concede pochissimo, creando così enormi difficoltà in termini di scelta alle squadre avversarie.

Con questi dati, è plausibile pensare ad una Memphis in testa alla Conference, cosa non vera. I Grizzlies, quinti al momento, non possono essere primi per due motivi di cui si è già sibillinamente parlato: il cambio di allenatore e la presenza/assenza di Parsons. Per rendere efficace ed effettivo questo sistema difensivo, Fizdale ha avuto bisogno di tempo e ne ha di bisogno di ulteriore per poterne mettere a punto anche uno un po’ più complesso in attacco. L’ex Dallas sta invece lentamente ritornando alla sua forma migliore che, stando al programma stipulato dallo staff medico della squadra, dovrebbe arrivare just in time per i playoffs.

La sostanza è che i Grizzlies, sebbene siano un cantiere aperto, stanno ottenendo risultati che nessuno pronosticava e, cosa più importante, nel medio lungo periodo, saranno ancora più in alto.