La sparata, il dialogo, la (quasi) pace, il gelo. Tutto in due giorni. Nella turbolenta (l'ennesima) stagione di Philadelphia, con gli infortuni che non lasciano in pace nessuno, la preoccupazione di mantenere intatto il gioiello Embiid ed un record che non sorride ormai da anni, arriva anche il grido di protesta di Nerlens Noel, e la risposta seccata di coach Brown. Ma andiamo con ordine.

 

Il lungo da Kentucky, draftato nel 2013, ha vissuto stagioni altalenanti alle prese con problemi fisici, ultima l'operazione al ginocchio sinistro che lo ha tenuto fuori per tutto l'inizio di stagione. Al suo rientro, domenica 12 dicembre, Noel ha giocato solo dieci minuti, salvo poi uscire per una lieve distorsione alla caviglia. Tutto rientrato in pochi giorni, ed ecco che venerdì coach Brown ha potuto averlo a disposizione per la prima volta assieme agli altri due talenti del roster di lunghi di Phila, Jahlil Okafor e Joel Embiid. Complice le difficoltà di adattare due centri puri a giocare insieme (in questo caso aggirata, senza risultati entusiasmanti, spostando Embiid nello spot di 4), Noel ha trovato pochissimo spazio: solo otto minuti nella sconfitta contro i Lakers. E, dopo la partita, è arrivata la sparata. Davanti a microfoni di diverse emittenti statunitensi, il numero 4 si è lasciato andare: “Penso di essere troppo forte per giocare solo otto minuti. È folle. Devo capirne di più".

Nerlens Noel. | Fonte: twitter @sixers
Nerlens Noel. | Fonte: twitter @sixers

All'indomani, però, è arrivato un faccia a faccia con il capo allenatore Brett Brown, che sembrava aver calmato le acque. Nelle interviste, infatti, lo stesso coach si era mostrato abbastanza comprensivo verso il suo lungo: "È un tipo molto competitivo, e si ritrova in una situazione strana. Il fatto che sia venuto tutto fuori così presto mi ha colto alla sprovvista. Ne abbiamo discusso, e penso che sia chiaro a tutti che dobbiamo gestire meglio questa situazione d'ora in avanti. Non si tratta di qualcosa di impossibile, ma è palese che ci possa essere competizione tra tre lunghi di livello come Okafor, Embiid e Noel".

Nerlens Noel. | Fonte: twitter @Sixers
Nerlens Noel. | Fonte: twitter @Sixers

Parole che sembravano lasciare intendere qualche occasione in arrivo per Noel, per fargli dimostrare quanto realmente possa meritare una maglia da titolare nello starting five. Convinzione alimentata dal parziale pentimento del protagonista di questa storia, anche lui ai microfoni dopo l'allenamento del sabato: “A volte ti fai trascinare dall'emotività. Sono un essere umano, e voglio solo giocare a basket al livello più alto possibile. Adesso dobbiamo andare avanti, giorno dopo giorno, migliorando continuamente”. Queste le sue parole, accompagnate dalla dichiarazione di non stare “puntando il dito” verso l'allenatore, ma anzi di comprendere la sua posizione a dir poco spinosa. "So che devo lavorare ancora. Niente mi fermerà. Sono un giocatore orgoglioso, e negli ultimi quattro anni, dall'infortunio in poi, sono passato attraverso tanti momenti così, e penso che ora niente possa sovrastarmi”.

Nerlens Noel. | twitter @Sixers
Nerlens Noel. | twitter @Sixers

Se non una pace, quantomeno una tregua armata. Da una parte il giocatore motivato e spronato nella maniera giusta, convinto di dover lavorare e migliorare per trovare uno spazio rilevante in una franchigia NBA farcita di potenziale; dall'altra, un allenatore che ha spiegato le sue ragioni, si è fatto comprendere, e vuole spostare i riflettori altrove da questa situazione scomoda per tutto l'ambiente. Appena ventiquattr'ore dopo, invece, è arrivata la doccia fredda, forse definitiva. I Sixers battono i Nets 108-107 in una partita tiratissima in cui coach Brown alterna Okafor ed Embiid (33 punti e 10 rimbalzi in 17 minuti per lui) lasciando uno 0 nella casella dei “minuti giocati” di Noel. Le parole del post-partita di Brown all'emittente CSNPhilly lasciano pochi dubbi: “Penso che forzare l'utilizzo di tre lunghi nella stessa partita non sia corretto. Penso di andare avanti con due dei tre centri che abiamo, e Nerlens non sarà uno di questi. Non sarà nelle rotazioni a meno di problemi di falli o infortuni”. Praticamente una sentenza, davanti alla quale però il diretto interessato ha mantenuto un atteggiamento abbastanza diplomatico: “Penso che tutti sapevamo che si sarebbe arrivati a questo punto. Ora ci sono dentro, devo accettarlo e prenderla nel miglior modo possibile”.

In effetti, un epilogo del genere non era impronosticabile, anzi. Quando il front-office di Philadelphia, ha portato il terzo lungo di livello in roster (Okafor, nel 2015, dopo Embiid e Noel nei due draft precedenti) la maggior parte degli addetti ai lavori ha sollevato il problema della convivenza tra tre ragazzi giovani e talentuosi che giocano nello stesso ruolo con caratteristiche simili. Tuttavia, i Sixers non hanno voluto scambiare nessuno dei tre, ed ora che hanno tutti smaltito i rispettivi problemi fisici e si ritrovano a disposizione, la bomba è esplosa.

Bryan Colangelo. | Fonte: twitter @sixers
Bryan Colangelo. | Fonte: twitter @sixers

Ecco perchè nelle ultime ore è intervenuto sull'argomento Bryan Colangelo, presidente delle operazioni cestistiche di Philly, nel tentativo di chiarire la situazione: "La panchina per Noel non è una punizione, ma solo una conseguenza del fatto che abbiamo tantissimo talento in squadra e che ovviamente non possono giocare tutti. Comunque, prima o poi lo rivedrete in campo". Molto netto anche il giudizio su una possibile trade che vede coinvolto il prodotto da Kentucky: "Per cominciare a parlare di trade, il ragazzo ha bisogno di dimostrare a tutti che sta bene fisicamente, che è un un professionista, e che sa comportarsi con il giusto atteggiamento. E comunque la questione non riguarda solo Noel, ma l'intero roster di Philadelphia, che ovviamente cercheremo di migliorare. I vari infortuni che hanno colpito i nostri tre lunghi (Noel, Embiid e Okafor) ci hanno impedito finora di fare delle valutazioni definitive. C'è stata molta incertezza sul loro stato di salute, e tuto ciò ha reso impossibile anche solo ipotizzare una trade che li coinvolgesse". Infine, una stoccata a chi lo ha preceduto: "Stiamo facendo i conti con le difficoltà di un gruppo di giocatori che sono stati scelti attraverso decisioni prese prima che io arrivassi qui".