Venerdì notte. Allo United Center, i Chicago Bulls ricevono i Milwaukee Bucks, storici rivali, che per la seconda sera in fila li stracciano. Questa volta però, in casa loro. Un 95-69 che non ammette repliche: Antetokounmpo scherza Butler, Wade e compagnia bella, che ancora una volta evidenziano tutti i propri problemi. E, come se non bastasse, dagli spalti cominciano anche ad arrivare dei rumorosissimi fischi. Uno shock, per tutti. “Nessuno esce per venirci a vedere perdere nel modo in cui abbiamo perso. Il modo in cui stiamo giocando è inaccettabile, soprattutto per questa città”. Come dicono quelli bravi, parole e musica di Jimmy Butler, leader acclamato da compagni, allenatore e tifosi.
Ma cosa sta succedendo ai Bulls? Dopo un buon inizio, la squadra di Hoiberg è calata vistosamente, cominciando a perdere: 3 L di fila al momento, 3-7 il record nelle ultime dieci partite. Bene ma non benissimo.
È naturale quindi che il pubblico della città del Vento stia cominciando a storcere il naso. Questa squadra, stando alle dichiarazioni della “dirigenza”, avrebbe dovuto puntare più che ad un semplice piazzamento. Sarebbe dovuta essere, se non la diretta rivale dei Cavs, almeno la terza/quarta forza della Eastern Conference. Ed è evidente, ad oggi, che non sia così. Così come, probabilmente, lo era anche ad inizio stagione quando, al momento della costruzione della squadra, sono stati presi dei giocatori incompatibili con il modo di giocare della NBA attuale.
Butler, Wade e Rondo non sono tiratori e l’idea di giocare con due torri, come Gibson e Lopez, è francamente poco adatta alla nuova pallacanestro. E dopo 26 partite, ci sono parecchi dati che sostengono questa tesi.
I Bulls sono ultimi per percentuale nel tiro da tre: 30.3%, due punti in meno dei Grizzlies, 5 punti in meno rispetto a Charlotte e Boston, e 9 punti in meno rispetto a Toronto. Rispettivamente, quarta, terza e seconda in classifica ad est. Questo dato, se confrontato anche con la media di triple tentate da Chicago, fa ancora più impressione: i tentativi sono 19.6, dato più basso in NBA, e due in meno della penultima, Detroit. Quindi non soltanto i Bulls tirano poco ma, cosa ancor più grave se relazionato proprio alla quantità, tirano male. Giusto per dare un esempio, i San Antonio Spurs tentano appena 3 triple in più di media, 22.3, con una percentuale però del 40%. Praticamente un altro sport.
L’inghippo però non è soltanto dall'arco. La squadra di Hoiberg, prendendo sempre come spunto la partita contro i Bucks, commette errori veramente puerili in difesa. “Dobbiamo riprendere a comunicare. Lo abbiamo fatto all’inizio e le cose andavano bene. Adesso abbiamo smesso, il problema è tutto qui”, ha detto il tecnico. È evidente però che le cose non stanno così. Eccezion fatta per Lopez e Butler, questa squadra non ha un gran talento difensivo: Rondo va bene solo per il pressing sulla palla, Wade spesso e volentieri omette la fase difensiva, così come Gibson, nonostante ci metta sempre tanta intensità. In più, anche in uscita dalla panchina, non è che ci sia un qualche specialista: Mirotic non ha ancora capito come difendere in NBA, McDermott gioca poco, Valentine è un rookie, con tutte le difficoltà del caso, e il resto è francamente molto esiguo.
È chiaro a questo punto che Chicago, e nella fattispecie Gar Forman, GM della squadra, deve capire cosa fare. Continuare a dire di voler puntare ai playoff, di aver una squadra giovane ma competitiva, non sembra essere strada produttiva. Saltare nuovamente la postseason sarebbe un durissimo colpo per la città, e per i tifosi, che mal sopporterebbero un’altra primavera senza NBA.