Non sono passati nemmeno otto mesi dalle lacrime di Dave Joerger in conferenza stampa dopo lo sweep subito da San Antonio nel primo turno degli scorsi playoff, complici anche i mille infortuni che hanno condizionato la franchigia del Tennessee. Poco dopo, l'ex coach dei Grizzlies ha deciso di sposare il progetto dei Kings, mentre nel Tennessee è arrivato David Fizdale, ex assistente di Woodson e Spoelstra. Il modus operandi non è cambiato, così come la sfortuna che perseguita i Grizzlies, che hanno perso Mike Conley a causa della frattura di una vertebra che lo terrà ai box per 6-8 settimane. Oltre a lui, poi, anche il nuovo arrivato Chandler Parsons non è al meglio fisicamente a causa dei soliti problemi al ginocchio sinistro (possibile un suo rientro entro 4-5 giorni, ma non ci sono certezze a riguardo).
Eppure i giallo-blu non si sono arresi nemmeno stavolta di fronte alla sorte, con il record di 15 vinte e 8 perse - il quinto migliore di Ovest - che dice tutto e anche di più. Nonostante il cambio della guida tecnica, il gioco di Memphis si basa sempre su poca corsa (pace pari a 95.5, 27esimo nella Lega) e su una straordinaria organizzazione difensiva - seconda miglior difesa per punti subiti ogni 100 possessi con 100.5 - che lascia pochissimo spazio alle transizioni offensive e ai canestri facili degli avversari. Attendendo il rientro del già citato Conley, la cui leadership e intesa con Gasol è tra le più sottovalutate della NBA, i Grizzlies si godono l'incredibile rendimento proprio del centro catalano. Quest'ultimo, oltre ad essere un difensore con pochi eguali, ha aggiunto al gioco in post-basso e ad una visione di gioco fuori dal comune anche un buon tiro dalla distanza. In queste prime gare stagionali, infatti, lo si è visto spesso uscire dall'area e tirare dai 7.25 m addirittura con il 42,3% di realizzazione. Ciò ha consentito agli uomini di Fizdale di creare maggiori spaziature e di "allargare" il campo, anche se il gioco inside-out è sempre quello prediletto.
Un'altra novità operata dallo staff tecnico di Memphis è stata quella di utilizzare Zach Randolph come sesto uomo anziché farlo partire dalla panchina, dando spazio alla fisicità di Jamychal Green - il quale ha iniziato la stagione tirando solamente col 47,6% dal campo e mettendo a referto 9.5 punti di media - cercando dunque di avere Z-Bo fresco per i momenti importanti (22.3 minuti di impiego medio). Ad un ball movement piuttosto prevedibile e poco rapido, Memphis rimedia con un predominio sotto i tabelloni di primissimo ordine, come dimostrano i 63.3 rimbalzi di media catturati nelle ultime tre uscite. Per essere maggiormente pericolosi dal perimetro, adesso i Grizzlies stanno chiedendo un rendimento importante a Troy Daniels, il quale negli ultimi giorni ha visto incrementare improvvisamente il suo minutaggio. Ciò nonostante, i suoi numeri al tiro - soprattutto da tre punti - tendono a rimanere sotto al 40%, mentre Troy Williams sta contribuendo ottimamente alla causa entrando nel pitturato con buona continuità. Il tutto senza contare l'apporto importante che sta dando l'irriducibile Vince Carter, il quale tra poco più di un mese compirà 40 anni e che sta mettendo la sua esperienza al servizio del team. Sì, perché chi vuole giocare in questa squadra deve fare soprattutto tre cose: sacrificarsi per la squadra, non mollare di fronte alle difficoltà e giocare ogni possesso come se fosse l'ultimo di una gara 7 di post-season.
Memphis non sarà mai tra le prime compagini della NBA per punti segnati, né avrà mai percentuali incredibili con il tiro da tre punti (al momento 33,6%), né ruberà mai la scena alla maggior parte delle altre formazioni della Association - comprese quello di livello inferiore - ma anche quest'anno l'obiettivo delle 50 vittorie è tutt'altro che irraggiungibile, così come un posto ai playoff tra le prime 6 della Western Conference. Tuttavia, ciò che questa dinastia avrà trasmesso ai posteri non saranno tanto i risultati ottenuti da 5 anni a questa parte - peraltro di livello eccelso - ma una cultura del lavoro e del sacrificio da cui tutti potrebbero imparare molto.
[di Gabriele Ferrara]