Hanno suscitato un vespaio le dichiarazioni di Phil Jackson, presidente esecutivo delle operazioni cestistiche dei New York Knicks, rilasciate meno di due giorni fa in un'intervista a Jackie MacMullan di Espn. Un'intervista in cui il Maestro Zen non si è limitato a parlare solo della franchigia della Grande Mela, ma ha affrontato tutti i temi d'attualità Nba, passando anche per la situazione attuale dei Miami Heat di Pat Riley, da ormai due anni ex squadra di LeBron James.
Proprio il Prescelto è stato tirato in ballo da Jackson, che ha affermato di "sapere per certo che LeBron ha bisogno di ricevere un trattamento speciale", per poi fare riferimento a una sorta di cricca, ("posse", il termine usato dall'ex coach di Lakers e Bulls), o meglio di persone del suo entourage che avrebbero spinto LBJ a tornare a Cleveland. Non è la prima volta che Jackson attacca James a mezzo stampa: era già accaduto un anno e mezzo fa, quando The King fu accusato di commettere sempre violazione di passi, esempio di come ai giocatori di oggi manchino alcuni fondamentali del gioco. Dopo la vittoria di stanotte contro i Toronto Raptors, LeBron James ha risposto a Jackson parlando così ai giornalisti presenti alla Quicken Loans Arena: "Trattamento speciale? Non so cosa intenda dire - le sue parole riportate da Dave McMenamin di Espn - vorrei proprio capire a cosa si riferisce. Pretendo rispetto, tutto ciò che ho sempre fatto nella mia carriera è stato solo cercare di far parte di un gruppo, di un team. Ho lavorato tantissimo per arrivare ai livelli cui sono ora, perchè sapevo che il talento naturale non mi sarebbe bastato. Sono figlio unico, non mi è mia piaciuto stare da solo, ho sempre voluto avere amici e compagni di squadra al mio fianco da quando ho cominciato a giocare. Dalla prima volta in cui ho toccato un pallone da basket ad oggi, passando per l'high school".
A supporto di James arriva poco dopo il suo attuale allenatore, Tyronn Lue: "Non ha mai chiesto un trattamento speciale - dice il tecnico dei Cleveland Cavaliers - qui trattiamo tutti alla stessa maniera. Siamo tutti adulti, LeBron non è mai venuto da me a chiedermi qualcosa di particolare. Suvvia, sappiamo che è uno dei migliori giocatori di sempre, il migliore al mondo in questo momento, ma nonostante ciò non vuole ricevere alcun trattamento speciale. E' semplicemente un grande leader, e gli piace stare in mezzo al gruppo. D'altronde in ogni squadra ci sono occasioni in cui è necessario confrontarsi come membri di un gruppo di quindici giocatori, e LeBron questo lo comprende perfettamente. Non capisco di quale trattamento si parli". Parole al miele anche da parte del compagno di squadra Tristan Thompson, il lungo canadese che negli ultimi due anni ha sviluppato un rapporto particolare con il numero 23 dei Cavs: "E' sempre stato così, è un ragazzo tutto squadra e famiglia a cui si può dire solo grazie ed apprezzarlo, perchè in altre squadre ci sono compagni di m..., mentre lui si interessa di tutti noi e ci mette la faccia. Quindi Phil Jackson può dire quello che vuole, ma io resto dalla parte di LeBron". In realtà nel mirino di Jackson c'erano probabilmente alcuni personaggi controversi, in affari con James, tra cui il suo agente Rich Paul, e altri rappresentanti del Prescelto come Maverick Carter e Randy Mine. E' a loro che Jackson si riferisce quando lascia intendere che ci siano state pressioni dell'entourage di LeBron per il suo ritorno a Cleveland. "Posse? Credo che sia stato usato un termine dispregiativo, e non certo è quello per cui ho lavorato durante la mia carriera - le parole di James - credo che Jackson ci abbia voluto descrivere così solo per denigrare il nostro gruppo di lavoro, che si impegna in favore dei giovani afroamericani".