Ventidue punti con quattro triple a bersaglio, sei assist e cinque rimbalzi: tra i tanti volti nuovi di Chicago, senza dubbio a brillare di più è stato Dwyane Wade. L'ex-Miami ha letteralmente trascinato i Bulls nella prima uscita stagionale, supportato da un pubblico che lo ha subito eletto a vera e propria superstar della squadra e che – ovviamente – non ha perso l'occasione per rimarcarlo.

Il primo Wade-moment è stato all'annuncio delle formazioni: nonostante sia nato a Robbins, comune di poche migliaia di abitanti nella cosiddetta “Chicagoland”, l'area metropolitana del capoluogo, Dwyane è stato chiamato in campo “from Chicago”, per sottolineare il suo legame profondo con quella che a tutti gli effetti il numero 3 ritiene come sua città natale.

Un ritorno a casa che, come spesso succede, significa ritorno dagli affetti. Parlando ai microfoni, infatti, DW3 ha sottolineato quanta attesa avesse per questo momento, la stessa attesa coltivata dalla famiglia, che ha fatto in modo di essere presente allo United Center: “veniamo tutti da Chicago. Sapevo che questa cosa avrebbe significato molto anche per i miei genitori, che sono davvero fieri di quello che sono riuscito a fare in NBA e di me in generale. Però questo momento rappresenta qualcosa di più, perché qui è dove siamo cresciuti, guardando tutti insieme una tv da 12 pollici cercando di vedere le partite dei Bulls su WGN. Mi ha fatto davvero piacere vedere qui i miei cari, la mia famiglia, perché siamo cresciuti con il mito di Micheal Jordan, Scottie Pippen e dei Bulls in generale”.

Le parole successive sono state rivolte al suo ingresso in campo. Dopo l'annuncio, infatti, il due volte campione NBA si è inginocchiato per un momento davanti alla panchina prima di scattare per battere il classico cinque coi suoi compagni. Quell'istante di attesa avrebbe messo i brividi a chiunque: “sapevo sarebbe stato davvero speciale. Mi sono inginocchiato per ringraziare Dio che mi ha dato l'opportunità di essere qui, di fare queste cose, di avere la carriera che ho avuto. E di essere capace di decidere da solo, in modo da potermi concedere la realizzazione di un sogno. Mi sentivo davvero grato. Con quel gesto ho voluto assorbire tutto quello che potevo da quel momento, ma subito dopo sono entrato in clima partita”.

Tornando alla partita, Wade ha subito messo in campo quello che gli si chiede: leadership ed un ruolo di guida – assieme a Rajon Rondo – per gli elementi più giovani del roster. Nella prima “a casa” dopo tredici stagioni ai Miami Heat, infatti, l'ex-scudiero di LeBron ha infilato anche un tiro da tre punti per il +5 a 26.3 secondi dall'ultima sirena. Di fatto, un match-killer. Proprio Wade, parlando del momento (“un'esperienza extrasensoriale”) ne ha approfittato per allargare lo sguardo all'intero team: “non siamo la squadra che tutti pensano. Siamo una squadra di ragazzi che sanno competere, che hanno talento. Una volta messi insieme, non contano più le tattiche o i giochi, contano solo i giocatori. Conta essere competitivi. E stasera siamo stati capaci di esserlo, e questo a prescindere da quella tripla. Il tiro poteva anche uscire, ma sappiamo che se giochiamo in questo modo e con questa intensità potremo vincere ogni partita, ed è tutto quello che serve in una lega come questa”.

Al di là di giocate e statistiche, Dwyane Wade sembra aver dato nuova linfa, nuova energia all'ambiente. Fatto testimoniato anche dalle parole dei compagni, come quelle del lungo Taj Gibson. “Significa tanto per questa squadra. Abbiamo bisogno che lui sia quello di sempre, senza paura di attaccare o di prendere tiri pesanti come quello a fine partita. Quando lo ha preso e segnato, le sue espressioni, il suo modo di esultare, ci è sembrato tutto molto strano, perché eravamo abituati a vederglielo fare contro di noi. Ma è stato grandioso, sono davvero felice della vittoria”.

Alla coda dei complimenti si è aggiunto anche Jimmy Butler, allievo numero uno dello stesso Wade, che ha prima ironizzato (“sono felice di dover marcare un giocatore in meno nella lega!”) per poi tesserne le lodi: “è come se il gioco andasse molto più lento per lui, riesce a leggere i movimenti in anticipo. È difficile da fare, ma è quello che ti riesce se sei nella lega da tredici o quattordici anni. Sto cercando di imparare da lui perché è più intelligente di tantissimi altri, per esempio nel modo di usare il corpo e l'atletismo per trarne vantaggio”.

Un particolare elogio è arrivato anche via twitter da Gabrielle Union, nientemeno che la moglie di Wade, stupita dalle quattro triple infilate (sei tentate complessivamente) in campo dal coniuge, che in tutta la scorsa stagione ne aveva accumulate appena sette su quarantaquattro tentativi. “Non sapevo di aver sposato uno specialista da tre punti!” è il suo esilarante cinguettìo.m