Prima scelta assoluta all'Nba Draft del 2014, Andrew Wiggins è atteso quest'anno alla stagione più importante della sua ancor breve carriera da professionista. Vent'anni, l'esterno canadese ha già messo in mostra un talento fuori dal comune, ma le sue qualità non sono finora servite ai Minnesota Timberwolves per uscire da un grigio anonimato Nba. 20.7 i punti di media segnati durante la scorsa regular season, conclusa però lontana dai playoffs dalla sua squadra, all'epoca allenata da Sam Mitchell.
Da qualche settimana Andrew Wiggins, sul quale (oltre che su Karl-Anthony Towns) riposano le speranze di riscatto di un'intera franchigia, si sta allenando agli ordini di Tom Thibodeau, ex capo allenatore dei Chicago Bulls, uno con la fama di un duro mai troppo tenero con i giovani. Eppure il destino dell'uno dipende da quello dell'altro, con Thibs che dovrà far crescere sotto la sua ala il ragazzo canadese, ancora più di Towns atteso a mesi di miglioramenti in ogni aspetto del gioco. "Ciò che Andrew ha fatto in Nba in questi due anni è impressionante - dice Thibodeau, intervistato da Brian Windhorst di Espn - soprattutto se si guarda alla sua carta d'identità. Ma deve continuare a crescere, esattamente come Towns. Non vogliamo che siano conosciuti solo per essere dei giocatori giovani con grande potenziale. Tutto questo non può durare per sempre. Il loro talento va tradotto in qualcosa di utile alla squadra. Ecco perchè la vera sfida che attende entrambi è quella di completarsi dal punto di vista tecnico, e non solo. Le prime due stagioni di Wiggins sono state molto buone, ma non si sono tradotte in vittorie di squadra. Il suo impegno comunque è una garanzia per tutti noi. Penso che un allenatore non conosca realmente un giocatore finchè non ha l'opportunità di allenarlo. Dall'esterno si vedono certe cose, se ne ascoltano altre, ma è diverso. Al mio ultimo a Chicago mi sono trovato ad allenare i Bulls contro di lui: era un rookie, ma ci ha dato lo stesso molti problemi. So bene di cosa è capace, ed è un ragazzo dalla personalità tranquilla, mentre altri giocatori sono più appariscenti, urlano, sembrano leader quando in realtà non lo sono. Da allenatore capisci subito se un giocatore è davvero ciò che dice di essere. Ecco perchè mi interessano i fatti, nient'altro".
"Quest'anno Andrew si troverà al centro di situazioni di gioco molto complicate, vedremo come se la caverà e come risponderà alla pressione, anche se credo che ne sapremo di più solo con il passare del tempo. Ma deve capire che le capacità tecniche, la passione, l'intelligenza cestistica non lo abbandoneranno mai: solo i giocatori che aggiungono l'impegno alle proprie qualità sono destinati a migliorare sempre di più". Il diretto interessato è consapevole di essere atteso al varco anche da parte della critica, sempre attenta all'evoluzione delle prime scelte assolute al Draft: "Sto cercando di assumermi un ruolo più importante all'interno della squadra - dice Wiggins - voglio essere un leader, e soprattutto ho intenzione di rompere questa maledizione dei playoffs. In questi ultimi giorni ho lavorato molto sui movimenti individuali con diversi membri dello staff tecnico, mentre il coach sta iniziando a spiegarci il suo tipo di pallacanestro. Dobbiamo dimostrare di poter essere all'altezza di quanto diciamo sempre di voler diventare. So che è banale dirlo, ma è la realtà. Per quanto mi riguarda, conosco bene tutte le mie statistiche, e so che tre rimbalzi a partita sono pochi per un giocatore della mia stazza e del mio atletismo. Tanti giocatori sono in grado di segnare, io ho bisogno di fare anche altro per la mia squadra". Una squadra, che come dice Thibodeau, "va costruita come se fosse una casa, noi stiamo ancora lavorando sulle fondamenta".