A distanza di oltre tre mesi dalla famosa "decision", che lo ha portato a vestire la maglia dei Golden State Warriors, Kevin Durant torna sulle motivazioni che lo hanno spinto a lasciare gli Oklahoma City Thunder e a trasferirsi presso la Baia. Stavolta è un Durant forse fin troppo onesto a scatenare nuove polemiche: secondo KD, infatti, sarebbe stata la sconfitta degli uomini di Steve Kerr in gara-7 delle ultime Nba Finals contro i Cleveland Cavaliers a dargli la spinta definitiva per abbracciare il progetto tecnico di Golden State.
"Stavo guardando quella famosa gara-7 che si disputava alla Oracle Arena con il mio agente Rich Kleiman - racconta l'ala piccola nativa di Washington - e all'inizio della partita lui non faceva altro che spiegarmi che non avrei potuto finire ai Warriors, mentre io, quasi come un bambino, gli dicevo che avrei davvero voluto giocare insieme a quei ragazzi: avrei avuto la possibilità di prendermi tiri da tre punti in transizione non contestati, correre su e giù per il campo, attaccare il ferro, segnare diversi layup. In pratica lo stavo implorando, perchè ero convinto che sarebbe stato fantastico per me unirmi a quella squadra. Dopo la loro sconfitta, la possibilità di venire a giocare qui a Oakland si è fatta via via più reale. Ho cominciato a pensarci sempre di più, a immaginare come avrei potuto inserirmi nel loro sistema. Poi, quando mi sono incontrato con questi ragazzi, durante le trattative nel periodo della free-agency, mi hanno detto tutto ciò che avrei voluto sapere e sentire da loro. Ma non abbiamo parlato di cosa sarebbe accaduto se avessero vinto il titolo: in un certo senso potrei dire di essere contento che abbiano perso". La ricostruzione di Durant è interessante, perchè modifica parzialmente lo scenario della free-agency di cui KD stesso è stato protagonista. Nelle prime ore successive al trenta giugno (termine di scadenza del suo contratto con gli Oklahoma City Thunder) si erano diffuse voci su "un incontro positivo" del giocatore con la sua franchigia di appartenenza, al punto che in molti ritenevano probabile la permanenza di Durant a OKC.
E anche quando il ragazzo diede il via alle sue personali consultazioni ad Hampton, Los Angeles, la stampa statunitense riportò un Durant rimasto molto colpito dalle avances dei Los Angeles Clippers, che con Doc Rivers, Chris Paul, Blake Griffin e DeAndre Jordan avevano provato a darsi qualche chance con un'accoglienza faraonica. Si parlò allora di un testa a testa tra i Thunder e Lob City, con altre franchigie, come i San Antonio Spurs, i Miami Heat e i Boston Celtics (i New York Knicks di Phil Jackson non riuscirono a prendere parte alla volata finale dei colloqui) fuori causa. Poi l'incontro decisivo con i Golden State Warriors, in particolare con Andre Iguodala, Draymond Green, Stephen Curry e Klay Thompson, e la decisione, definita "da vigliacco" da Charles Barkley (ma non solo) di trasferirsi ad Oakland. Ora si scopre invece che in realtà i Warriors sono sempre stati la prima scelta di Durant, ancor prima dei Thunder di Russell Westbrook e coach Billy Donovan. Già, ma cosa sarebbe accaduto se quella gara-7 fosse finita con la vittoria di Golden State? Impossibile da dire, anche se dal punto di vista salariale non sarebbe cambiato niente per la franchigia del general manager Bob Myers, che avrebbe dunque avuto le stesse possibilità economiche di ingaggiare un free agent del calibro di Durant. Di certo sarebbe stato uno scenario diverso, in cui forse i Warriors non avrebbero avuto la necessità di inserire nel loro sistema non solo un grande giocatore, ma una forza fresca per rianiminare un ambiente scosso dalla sconfitta subita in rimonta contro i Cavs.