Dopo Kobe Bryant, Tim Duncan. Dal 24 dei Lakers al 21 degli Spurs, cambia la forma ma non la sostanza. La NBA perde due dei migliori giocatori che hanno contraddistinto un'era, un quindicennio fatto di tante battaglie sul campo, ma di enorme rispetto professionale quanto umano. Il lungo degli Spurs, nativo delle Isole Vergini, lascia a modo suo, così come ha condotto la sua lunga e vincente carriera, in silenzio. Diametralmente opposto il modo di vivere il basket, e la vita in generale, di Tim rispetto a quello di Kobe, che così come il rivale di un'epoca intera lascia all'interno del cuore degli appassionati un vuoto forse incolmabile ed un velo di smodata tristezza.
Se i mondiali hanno scandito i tempi della nostra vita e scandiranno quelli di chi verrà (cit.), allo stesso modo i campioni hanno marcato, delineato e condizionato una fetta della nostra vita. Essere tifosi dell'uno o dell'altro poco importa. Kobe Bryant e Tim Duncan - assieme al terzetto dei Boston Celtics formato da Ray Allen, Paul Pierce e Kevin Garnett e a Dirk Nowitzki - hanno scalzato nell'immaginario comune quella che era la NBA del Dream Team, di Jordan e di Larry Bird.
Due pretoriani che hanno preso la NBA per mano facendo razzia di titoli personali e di squadra nei primi quindici anni del nuovo millennio. Due signori del parquet, prima ed al di sopra di tutto, che difficilmente verranno spodestati dalle nuove leve per leadership, personalità e carisma, figli di un'era molto meno mondana rispetto a quella della generazione attuale che si affaccia ad un mondo che dal prossimo anno non sarà più lo stesso.