Per la prima volta dal 1997 i San Antonio Spurs si apprestano a iniziare una stagione Nba senza Tim Duncan, l'uomo franchigia per antonomasia, il giocatore che ha segnato un'epoca irripetibile nella storia dei neroargento. Sarà una sensazione molto particolare, come confessato a caldo da Manu Ginobili e Kyle Anderson, ma gli Spurs del 2016 non ripartono da zero. Anzi, l'eredità del caraibico sta proprio nella cultura del lavoro che ha instillato all'ombra dell'Alamo insieme a Gregg Popovich e R.C. Buford. I nuovi Spurs perdono il loro centro motore, il perno del loro gioco difensivo (e non solo), un punto di riferimento insostituibile per carisma, ma non sono di certo sull'orlo del ridimensionamento.
Proprio il general manager Buford aveva ben chiara la situazione all'inizio dell'estate. Sapeva che Duncan avrebbe potuto ritirarsi, e si è mosso di conseguenza. Quando poi il suo numero ventuno ha comunicato alla franchigia la decisione definitiva - si parla di una settimana fa - il frontoffice di San Antonio si è assicurato Pau Gasol, a cui spetterà l'arduo compito di rimpiazzare in quintetto il nativo di Saint-Croix. Con LaMarcus Aldridge già inserito nel contesto tecnico di Popovich, lo starting five dei neroargento per la prossima stagione è presto fatto. Frontcourt completato da Kawhi Leonard e backcourt composto da Tony Parker e Danny Green. Dalla panchina usciranno Manu Ginobili, Patty Mills e Kyle Anderson, mentre non è ancora definito il reparto lunghi, che ha perso in un sol colpo Boris Diaw, David West e Boban Marjanovic. Ed è questo il vero punto interrogativo della San Antonio del prossimo futuro: come far convivere due giocatori non identici ma simili come Aldridge e Gasol in una pallacanestro che evolve in maniera netta verso la direzione di un quintetto con un centro nominale e quattro esterni, o comunque con un numero quattro in grado di essere pericoloso dal perimetro. Al momento solo il veterano Matt Bonner risponde a queste caratteristiche, ma ovviamente non può essere lui l'alternativa principale al primo quintetto. Con l'acquisizione di Gasol, gli Spurs sembrano hanno messo in soffitta la suggestione di Kawhi Leonard da numero quattro e, per tornare realmente competitivi, avrebbero bisogno di aggiungere al loro roster un solido lungo di rotazione (Jared Sullinger, tra i nomi più caldi, ha appena firmato per un anno a sei milioni di dollari con i Toronto Raptors) e di un altro trattatore di palla oltre a Parker e Ginobili nel reparto esterni.
Tutta da scoprire anche la nuova impostazione difensiva degli Spurs. Inutile sottolineare come per anni la difesa di Popovich si sia basata sulla presenza in area di Duncan, ineguagliabile per senso della posizione e tempi di aiuto, caratteristiche che gli hanno consentito d assestare migliaia di stoppate praticamente senza saltare. Ora quell'ancora difensiva non è più attaccata al fondale, e la sua assenza farà tutta la differenza del mondo. Nè Gasol nè Aldridge sono in grado di aiutare sul pick and roll come ha fatto con indicibile maestria il caraibico. Dopo una vita da protagonista anche dall'altra parte del campo (four down, la chiamata a ripetizione di Pop per il suo numero ventuno negli anni d'oro), Duncan ha terminato la carriera vestendo i panni del facilitatore, passatore sottovalutato, clamoroso soprattutto nel cambiare il lato sul raddoppio, e prendendosi via via un tiro dal mid-range, piatto ma spesso efficace. In molti hanno a lungo pensato che il ritiro di Duncan sarebbe coinciso con quello di Popovich, ma Pop ha invece deciso di non lasciare, bensì di raddoppiare, accettando anche l'incarico di guidare Team USA nel prossimo quadriennio, che porterà la nazionale americana ai giochi olimpici di Tokyo 2020. Altre quattreo stagioni anche all'ombra dell'Alamo, senza il suo giocatore prediletto. Una nuova sfida per l'intera franchigia, che tutti gli appassionati di basket Nba sono pronti a osservare con curiosità e un pizzico di tristezza.