La dolorosa sconfitta subita ieri a Torino nella finale del torneo preolimpico contro la Croazia non ha sancito soltanto la terza esclusione consecutiva dai Giochi a cinque cerchi per l'Italia del basket, ma rappresenta anche l'ultima tappa del cammino recente di una nazionale da cui forse ci si attendeva di più, anche per i nomi presenti, tutti giocatori di livello internazionale. Eppure neanche Ettore Messina è riuscito a sciogliere i nodi di una selezione male assortita, strutturalmente difficile da amalgamare, nonostante il buonissimo tasso di talento a disposizione.
Certo, il quinto fallo fischiato a Danilo Gallinari, unico vero leader degli azzurri, nel finale del quarto quarto grida ancora vendetta, essendo risultato poi decisivo per l'esito doloroso del supplementare. Ma la prematura uscita dal campo della stella dei Denver Nuggets non ha fatto che accentuare alcuni limiti, tattici e di personalità, della nazionale.
Se sotto la guida di Simone Pianigiani era stata la difesa il tallone d'Achille degli azzurri, con Ettore Messina in panchina la squadra ha svoltato nella propria metà campo, opponendosi meglio al pick and roll centrale così a lungo sofferto a Berlino e Lille e resistendo anche alle situazioni di cambio generate dagli avversari. Daniel Hackett e Niccolò Melli hanno disputato uno splendido torneo preolimpico, soprattutto in difesa, con Cusin esaltatosi nel primo tempo di ieri, mentre tutti gli altri, da Gallinari a Belinelli, passando per Datome, hanno fatto meglio di quanto fosse nelle loro corde. Alla fine l'Italia ha pagato una certa mancanza di lucidità e soprattutto la velocità nell'esecuzione dei giochi offensivi. Quasi mai pericolosi in transizione, gli azzurri hanno sparato a salve dall'arco, senza neanche riuscire ad attaccare il ferro con continuità. Ne è derivata una squadra di mid range shooters - con percentuali altalenanti - che non ha mai realmente mosso le difese avversarie. Si è notato lo sforzo nel muovere il pallone, ma in maniera troppo passiva per essere anche efficace, contro le caratteristiche dei singoli interpreti.
Hackett, grande agonista e ottimo difensore e rimbalzista, non è e non sarà mai un playmaker in senso stretto, nè un grande realizzatore. E proprio nel reparto esterni l'Italia ha sofferto l'assenza di un uomo capace di creare un vantaggio anche solo dal palleggio, con Marco Belinelli unica guardia a disposizione di Messina (stante anche la mancata convocazione di Della Valle). Il resto della squadra è stata per forza di cose basata sull'equivoco interni-esterni di Danilo Gallinari, Gigi Datome e Alessandro Gentile, tutti giocatori dalle caratteristiche fisiche e tecniche simili. Nessuno dei tre è un grande tiratore da tre punti: possono segnarne qualcuno, ma non sono certo uomini che escono dai blocchi o rimangono in angolo per tutta una partita ad aspettare il pallone giusto. Giocatori di isolamento, hanno pagato anche le condizioni fisiche precarie di fine stagione. Soprattutto Gentile e Datome sono arrivati a Torino con le gomme sgonfie e la spia della riserva accesa, mentre il Gallo stava cominciando a prendere ritmo con il trascorrere delle partite.
Un'Italia di doppioni non è stata capace di costruirsi un efficace gioco spalle a canestro: da questo punto di vista il migliore è stato ancora una volta Gallinari, che però non ama quel tipo di basket. Per non parlare di Andrea Bargnani, eterno incompiuto e ridotto al rango di tiratore dalla lunetta (altro mid-range), mai pericoloso in post e completamente sparito dalla linea dei tre punti. Ecco perchè - per caratteristiche tecniche personali - l'Italbasket è rimasta a metà del guado: commovente in difesa, ha faticato in attacco e, una volta perso per falli Danilo Gallinari, si è aggrappata al cuore (ma non alla lucidità) di Belinelli, costretto a fare tutto da solo contro una Croazia più attenta e fredda. Finisce così una certa fase della pallacanestro nazionale, la cui valutazione non sarebbe cambiata neanche con il tanto agognato approdo a Rio de Janeiro.