Una cupa e afosa Torino accoglie il primo giorno di PreOlimpico in un mare di azzurro. Camminando per le strade circostanti il palazzetto, è immediatamente chiara l'aria di basket che si respira: jerseys di Denver o azzurre più o meno ovunque, con qualche parentesi Spurs o addirittura Celtics e Raptors. Una competizione importante in un palazzo di tutto rispetto, una sorta di boccata fresca per la pallacanestro italiana. A salire in cattedra per primi però sono due degli osservati speciali della manifestazione tra quelli che non portano la bandiera tricolore della nostra nazione.

Il mio primo approccio alla tribuna viene accompagnato da una tripla da 8 metri di Hamed Haddadi. Ed è subito magia. Folla (poca, per la verità) in visibilio per l'iraniano "conquistatore" di Memphis e Phoenix: la visibilità conquistata tra olimpiadi e mondiali gli vale anche una standing ovation all'uscita dal campo finale, in pieno e rotondo garbage time. Anche perchè, caro amico Hamed, caricarsi di falli nei primi minuti di gioco non è proprio l'idea del secolo. Dopo aver realizzato i primi 13 punti su 26 di squadra, tocca fare avanti e indietro dalla panchina.

La prima staning ovation del PalaIsozaki è per Haddadi.

Il suo Iran è comunque destinato ben presto a soccombere di fronte a una Grecia molto meglio organizzata e più talentuosa ma che si presenta alla partita in pantofole invernali, perchè anche parlare di ciabatte apparirebbe riduttivo. Ciò non impedisce a un altro idolo wanna-be, Giannis Antetokounmpo, di prendersi il palcoscenico con giocate di puro atletismo, nonostante quelle famigerate pantofole ai piedi. Desta sempre l'impressione di poter togliere dal cilindro un coniglio, qualche volta ci riesce anche, così come anche il fratellino, Thanasis. Ah, tra l'altro, complimenti allo speaker per la perfetta pronuncia dei nomi.

Al termine della partita, più che altro una passeggiata di culto (garbage time iraniano di qualità eccelsa per la categoria), tocca agli azzurri, accolti da una splendida ovazione. Suscita invece quasi imbarazzo il silenzio di tomba ai nomi dei "poveri" giocatori della Tunisia, i quali riescono anche a tenere testa per 20 minuti ad un'Italia partita molto lentamente, che tarda ad ascoltare i consigli di coach Messina, indiavolato in panchina per invitare al tiro i suoi ragazzi, i quali troppo spesso attaccano il canestro con esito ondivago. Il pubblico prova a fare sentire il calore, tra qualche posto vuoto di troppo e un po' di disappunto per la difficoltà dell'italbasket nel carburare.

Il riscaldamento azzurro.

Nel terzo quarto però finalmente arriva il parziale di 22-2 che chiude la partita, con un po' più di partecipazione di squadra, visto che la selezione per essere protagonisti in positivo nel primo tempo prevedeva evidentemente la provenienza da San Giovanni Persiceto e un tatuaggio figurante il Larry O'Brien Trophy sulla spalla come caratteristiche fondamentali. La buona Tunisia tiene testa, sostenuta da tre tifosi (di numero, contati) un po' sconsolati, ma che potevano aver messo in preventivo la scoppola. Apprezzabili anche i tanti tiri ignoranti allo scadere dei 24 secondi, schema aggiustabile in allenamento.

Passerella finale nel quarto quarto anche per gli ultimi della panchina, compreso un Peppe Poeta che in realtà gioca anche minuti importanti nel primo quarto, ma che nell'ultimo riceve cori e ovazioni ripagati con il tanto desiderato canestro, dopo aver pure tentato di spaventare tutti con un libero sbagliato. Torino in festa, atto primo. Aspettando il secondo, questa sera contro la Croazia, sperando nello stesso epilogo, un finale felice che potrebbe anche spianare la strada verso la finale.