A neanche due giorni di distanza dall'atroce sconfitta nelle Nba Finals con i suoi Golden State Warriors (di cui era vice-allenatore), Luke Walton è pronto per rituffarsi in una nuova avventura, quella di head coach della sua squadra da giocatore, i Los Angeles Lakers del nuovo corso senza Kobe Bryant. Walton, che in maglia gialloviola ha conquistato due titoli Nba, è stato presentato ieri a El Segundo, facility della franchigia, alla presenza del general manager Mitch Kupchak

"A volte il miglior modo per andare avanti e migliorare in ciò che si fa è passare attraverso sconfitte dolorose - dice Kupchak in riferimento alle ultime Finals - per poi gettarsi in una nuova sfida. Ne abbiamo parlato con Luke, sappiamo che lui è entusiasta di questo nuovo capitolo della sua carriera, e ovviamente lo siamo anche noi". Walton, che prenderà il posto di Byron Scott in panchina allo Staples Center dopo aver firmato un contratto quinquennale da oltre cinque milioni di dollari annui, si presenta così al popolo gialloviola: "Voglio mettere il mio timbro sulla cultura del lavoro dei Lakers - l'esordio del figlio del grande Bill - i nostri giocatori dovranno essere felici di venire ad allenarsi ogni giorno, perchè il basket è divertimento. La nostra pallacanestro dovrà rispettare i canoni che i tifosi dei Lakers hanno sempre mostrato di apprezzare e dovrà essere giocata per competere ogni sera. Il basket è divertimento, e se riusciremo a coinvolgere tutti i giocatori ad allenarsi duramente ogni giorno con la gioia di farlo, allora li vedremo arrivare in palestra sempre più carichi". Sul roster dei gialloviola, Walton si esprime così: "Penso che il futuro sia luminoso, possiamo scegliere in alto anche a questo Draft e speriamo di prendere un altro giocatore solido alla numero trentadue. So che la famiglia Buss e tutta la franchigia faranno di tutto per far tornare i Lakers alla vittoria. Per un free agent ciò è quanto basta per scegliere di venire a giocare qui".

Su quanto tempo sarà necessario per tornare competivi, l'ex assistente di Steve Kerr ai Warriors si mostra cauto: "Non ne ho idea, c'è molto lavoro da fare ma sono entusiasta. Bisogna allenarsi duramente ogni giorno, poi verificare i miglioramenti dei giovani e la crescita della squadra nel suo complesso e come gruppo. Dipenderà anche da quanti e quali free agents decideranno di venire qui: al momento non possiamo saperlo, quindi anche questo fattore inciderà sulla nostra tabella di marcia. Ma se ognuno si concentrerà su come migliorare individualmente e di squadra, senza pensare troppo al numero di vittorie, allora cominceremo con il piede giusto. E' così che si inizia a vincere e si fanno poi le cavalcate ai playoffs, perchè sono le piccole cose che fanno la differenza tra una vittoria e una sconfitta. La squadra della scorsa stagione è stata una delle poche a batterci in regular season (il riferimento è alla partita vinta dai Lakers sui Warriors allo Staples), si vedeva che si divertivano. Hanno avuto alti e bassi ma hanno giocato un tipo di basket divertente, ora devono mettere il loro talento a disposizione della squadra. Ho già parlato con alcuni di loro e mi sembrano un bel gruppo: per un allenatore è qualcosa di molto eccitante. Il mio compito sarà quello di costruire un sistema di gioco che valorizzi le caratteristiche dei nostri uomini migliori. Abbiamo esterni di talento che possono segnare, passare bene la palla e difendere. C'è un lungo come Julius Randle che l'anno scorso ha catturato dieci rimbalzi di media a partita. Ci sono molti aspetti che ci possono permettere di fare qualcosa di simile rispetto a quello che facevo a Oakland. Certo, non abbiamo a disposizione Klay Thompson e Steph Curry, ma abbiamo anche qui degli ottimi tiratori, quindi sarà fondamentale spaziarsi bene sul campo".

"Kobe? Ci mancherà, ma la sua assenza sarà una grande opportunità per la nuova generazione di giocatori dei Lakers. Credo che lo vedremo spesso da queste parti, anche se sarà strano giocare senza di lui". Infine, chiosa su Steve Kerr e sulla scelta di tornare a casa: "Ripensando all'opportunità avuta di lavorare con Steve, devo dire che avrei dovuto pagare di tasca mia per essere stato il suo vice e per aver imparato così tanto da lui. Spero di portarmi dietro quell'esperienza nel mio bagaglio da head coach. Con i Lakers non c'è stata una lunga trattativa, non ce n'era bisogno: era il sogno della mia vita e un'offerta fantastica, con la possibilità di tornare a casa. Mio padre mi aveva sconsigliato di accettare. Lo adoro, a volte dà consigli corretti, a volte no. Mi aveva anche detto di non intraprendere la carriera di allenatore per via di uno stile di vita troppo frenetico, ma non l'ho ascoltato neanche in quella occasione".