"Anche senza Draymond avremmo dovuto giocare meglio, ma non l'abbiamo fatto. Preferisco comunque trovarmi nella nostra posizione piuttosto che nella loro", le parole di Steve Kerr al termine della sconfitta casalinga dei suoi Golden State Warriors contro i Cleveland Cavaliers in gara-5 delle Nba Finals 2016. L'assenza di Draymond Green, pur considerata fondamentale dalle parti della Oracle Arena, non viene sbandierata come un alibi, anche perchè non c'è tempo per piangersi addosso: la prossima sfida della serie è in programma giovedì notte in Ohio.

Mentre si attendono notizie più precise sull'infortunio occorso ad Andrew Bogut (distorsione al ginocchio destro, ma entità e tempi di recupero ancora da valutare), i Warriors tornano a concentrarsi sulla loro difesa, fiore all'occhiello del sistema di Kerr e di Ron Adams, saltata per aria a causa delle prestazioni monstre di LeBron James e Kyrie Irving. Quarantuno punti a testa per le due stelle dei Cavs, per una volta decisi nell'attaccare presto e senza esitazioni nei primi secondi  dell'azione. Eppure a Oakland lo staff tecnico di Golden State preferisce concentrarsi sui propri problemi difensivi piuttosto che sulle giocate da urlo del duo avversario. Ecco che torna così alla ribalta la questione Draymond Green, il tuttofare dei Warriors fondamentale soprattutto nella propria metà campo, e che potrebbe partire in quintetto da numero cinque se Bogut, come sembra probabile, non dovesse recuperare per gara-6. Neanche Andre Iguodala ha potuto nulla contro lo strapotere fisico di LeBron James, in un incontro in cui i tradizionali tempi di aiuto si sono dilatati di quella frazione secondo in più utile al Prescelto a fare la differenza. Su LBJ si è alternato anche Shaun Livingston, senza però riuscire a trovare mai una soluzione realmente accettabile. James ha potuto attaccare senza sosta in uno contro uno, riuscendo ad arrivare al ferro con relativa facilità sia nel primo che nel secondo tempo, quando la scelta di Steve Kerr di passare al quintetto estremo, senza lunghi di riferimento, non ha pagato dividendi, anzi è stata controproducente sui due lati del campo. 

Ottenuto pochissimo dai vari McAdoo, Speights ed Ezeli (meglio Varejao, per una questione di energia), Kerr si è giocato la carta del cambio sistematico in difesa, ma è andato incontro al naufragio, con i suoi incapaci di trovare ritmo in attacco, che si alimenta da sempre con grandi sequenze difensive. Ne è derivato un secondo tempo da incubo, in cui Kyrie Irving ha infierito grazie al suo debordante talento, nonostante la discreta marcatura su di lui di Klay Thompson, il migliore dei Warriors in gara-5. Se Bogut non dovesse farcela per la palla a due della Quicken Loans Arena, potremmo vedere nuovamente in campo dall'inizio il quintetto con Green da centro, Iguodala da quattro e altri tre esterni. Possibile che la marcatura primaria su Irving venga lasciata in corso d'opera a Harrison Barnes, a lungo impegnato su Kevin Love in questa serie, soprattutto quando il Beach Boy tornerà in panchina per far spazio a uno tra Iman Shumpert e Richard Jefferson (sui quali potrebbe spostarsi proprio Klay Thompson), mentre Stephen Curry dovrebbe essere dirottato su J.R. Smith. Ovviamente si tratta di accoppiamenti validi solo sulla carta e per l'inizio dell'azione, perchè poi i cambi e le rotazioni costringeranno i difensori di Kerr a leggere le situazioni di gioco. Restano molti dubbi invece sulle reali condizioni del due volte MVP: massacrato dopo le prime tre gare, osannato poi per i 38 punti del quarto atto, la prestazione di Curry nell'ultima alla Oracle Arena ha fatto rialzare la testa a detrattori e critici. A lui il compito (e l'occasione) di chiudere serie e polemiche domani notte, per poi dedicarsi ai vari problemi fisici che lo affliggono (dalla spalla destra - possibile operazione in estate - al ginocchio infortunato contro Houston). Già, perchè il vero Curry si è visto solo a sprazzi in questi playoffs, dopo che l'anno scorso era stato definito fortunato per essere rimasto sano per tutta la durata della postseason.