Duemila chilometri di distanza, diciannove ore di viaggio che tagliano in due l'America e che, idealmente, uniscono due città agli antipodi per storia e stili di vita, ma che negli ultimi giorni sono state più vicine di quanto ci si possa aspettare: da una parte Toronto, fiera dei suoi Raptors e della prima finale ad Est della propria storia; dall'altra Oklahoma City, tornata ai fasti degli ultimi anni dopo un paio di stagioni deludenti. Il destino delle due franchigie, seppur diverso per costruzione, filosofia e mentalità, è stato lo stesso nelle finali di Conference appena concluse, anche se entrambe hanno poco da recriminare per la stagione disputata e per l'eliminazione finale. Alla vigilia dell'inizio della regular season sia coach Dwane Casey che Billy Donovan avrebbero messo una firma in calce per arrivare all'atto finale delle rispettive Conference, con la speranza, ed anche l'illusione, di conquistare un posto alle Finals NBA.   

Due allenatori molto simili, che hanno avuto il piacere e l'onore di formarsi entrambe alla scuola dei Kentucky Wildcats all'ombra di un santone della pallacanestro collegiale (tra il 1989 ed il 1990 erano entrambe assistenti di Rick Pitino). Casey il precursore, anche ad inizio anni '80, prima di intraprendere un carriera in giro per l'America e non solo (passato anche da Dallas e da Carlisle); poi il momento di Donovan, un decennio dopo (affermatosi con i Florida Gators). L'esito, la forma mentis, è palesemente la stessa: quella, in senso lato, di riportare la 'chiesa al centro del villaggio' per dirla alla Garcia, affidandosi a determinate certezze, da costruire con cura maniacale dei dettagli. Se però il compito del primo poteva sembrare più agevole, per la relativa pressione che la piazza canadese mette sui giovani Raptors, il lavoro di Billy Donovan sulla panchina dei Thunder è stato tutt'altro che semplice, con Oklahoma City e l'America intera che aspettava il ritorno ad altissimi livelli dopo la serie di infortuni di Kevin Durant. Entrambe, sebbene da un punto di partenza diametralmente opposto, hanno ottenuto gli stessi risultati, basando i principi della propria pallacanestro su un aspetto fondamentale: se l'attacco vende i biglietti, la difesa, ad alti livelli, ti porta quasi inevitabilmente ai migliori risultati. 

Detto, fatto: in corso di svolgimento, sia in stagione che nei playoff, Casey e Donovan sono riusciti a superare le avversità, costruendo attorno alle proprie superstar, dei sistemi offensivi ma soprattutto difensivi, sfruttando ed esaltando al massimo le qualità, fisiche oltre che tecniche, dei rispettivi roster. Inoltre, nei momenti difficili delle serie disputate hanno dimostrato uno spiccato acume tattico, che gli ha permesso di apporre i dovuti aggiustamenti per indirizzare le serie a proprio favore, migliorando le due squadre laddove erano mancate nelle precedenti gestioni. Se i Thunder avevano sempre avuto il talento in attacco, è stata spesso la difesa, ed una mancanza di "sistema", a precludere a Westbrook e compagni la via verso il titolo e le finali; di contro, Toronto, che partiva con un handicap maggiore di talento faccia a canestro, ha trovato nelle rotazioni e nell'intensità selvaggia spalle a canestro la quadratura per avere la meglio di Indiana prima e Miami successivamente, sopperendo ad una scarsissima esperienza in questo tipo di partite. Due strade diverse, che però hanno portato i condottieri alle luci della ribalta, oltre che a mettere i bastoni tra le ruote alle favorite della vigilia: sia Cleveland che Golden State hanno dovuto faticare più del previsto per portare a casa la finalissima, rendendo merito assoluto alla preparazione ed alla prestazione delle rivali. 

Due risultati prestigiosi, due protagonisti per certi versi inattesi che sono riusciti a mettersi in mostra, ed esaltarsi, nei momenti cruciali della stagione. Da una parte Dwane Casey, dall'altra Billy Donovan: due signori del parquet, prima di essere anche ottimi allenatori, che hanno dimostrato inoltre estrema lucidità, oltre che signorilità e sportività, nell'accettazione della sconfitta e nell'analisi delle singole partite. Classe e competenza, che accomuna due dei migliori coach della pallacanestro statunitense. Il futuro sembra tutto dalla loro parte.