4 giugno 2015, inizia una serie di Finals inedita fra gli Warriors e i Cavaliers. Già privi di Kevin Love, infortunato alla spalla in seguito ad un gesto non proprio sportivo di Kelly Olynyk in gara 4 contro i Celtics, i Cavs si trovano orfani anche di Kyrie Irving, a causa di problema al ginocchio sinistro nel finale di gara 1, durante una giocata difensiva su Curry. Golden State vince la serie e ovviamente c'è spazio per tutti i "se" e i "ma" dell'occasione, non si considera però che gli infortuni sono parte dello sport, e sono spesso protagonisti quando si gioca ogni 2/3 giorni con intensità altissima.
Senza dubbio queste due assenze comportano dei cambiamenti tattici per entrambe le squadre, specie per David Blatt, l'head coach dei Cavaliers nel 2015 (sostituito quest'anno da Tyronn Lue). Dellavedova rileva Irving, il passo indietro è clamoroso per i campioni della Eastern Conference: per quanto osannato sul web, le sue immense carenze tecniche si fanno sentire in tutta la serie, e, esclusa qualche palla rubata che accresce il numero di fans, Curry ben poche volte ha problemi contro di lui. Le lacune si acuiscono ancor di più in attacco, dove il play australiano infatti non ha le capacità di alternare tiri dalla media a penetrazioni, come il numero 2. Sul fronte dei lunghi, entra nelle rotazioni importanti quel Tristan Thompson che risulta poi fondamentale per il suo team; senza dubbio l'assenza di Love pesa, però la "scoperta" di un giocatore come Thompson è molto positiva e sorprende gli Warriors nelle prime occasioni.
Tornando alla storia della serie, le prime due partite alla Oracle Arena regalano molte emozioni e si concludono in modo molto simile, con la differenza che in gara 1 i padroni di casa sanno rimettere in piedi la partita grazie a Curry. Lebron e compagni però non si fanno sorprendere nel secondo atto della serie, strappando il fattore campo e successivamente portandosi in vantaggio con la prima partita in casa. Da qui in poi però, Kerr riesce a ribaltare la serie con grande astuzia e a portare dopo tanti anni il titolo ad Oakland.
Ma quali sono le chiavi della serie? Inizialmente Cleveland riesce a dominare sotto i tabelloni e a sfruttare la maggiore fisicità, Bogut non sa dove mettere le mani e gli Splash Brothers in un modo o nell'altro sono molto limitati. L'intuizione di Steve Kerr è fondamentale: dentro Iguodala per più minuti a difendere su Lebron e via il centro tipico, nasce il cosiddetto "death lineup" che dà molti vantaggi al suo small ball. Da quel momento i Cavs soffrono tantissimo, senza riuscire a trovare una soluzione. Fondamentale è la non presenza sul campo degli esterni di Cleveland, J.R. Smith e Shumpert su tutti, i quali tirano col 30% da tre punti. Di conseguenza, Lebron non ha compagni in grado di segnare con continuità e lui stesso va in difficoltà più volte contro l'MVP delle Finals Andre Iguodala.
Quest'anno è sicuramente un'altra serie, a partire dal fatto che gli infortuni sono dalla parte gialloblu, soprattutto per l'MVP Steph Curry, imprescindibile per la squadra. Cleveland arriva freschissima all'ultima serie della stagione, ma la mancanza di ostacoli nella corsa alle Finals può complicare almeno in avvio la vita ai Cavs? La prima differenza dallo scorso anno è che le squadre si conoscono perfettamente e nuove contromisure sono più difficili da trovare. Contro i Thunder, nuovamente spazio al quintetto basso dei campioni in carica, possibile protagonista anche in queste Finali, soprattutto in trasferta, visto che le statistiche di Bogut lontano da Oakland sono spesso e volentieri negative. Irving e Love sono i valori aggiunti, ma molto dipende dalla loro attitudine difensiva e di squadra. Senz'altro ci attende una serie spettacolare fra le due squadre più attese.