Le Nba Finals 2016 riproporranno la stessa serie conclusiva della scorsa edizione del campionato professionistico di pallacanestro a stelle e strisce. Saranno infatti ancora Golden State Warriors e Cleveland Cavaliers a contendersi il Larry O'Brien Trophy in una sfida al meglio delle sette gare che prenderà il via giovedì notte alla Oracle Arena di Oakland. Le due squadre si sono incontrate per due volte in regular season, e in entrambi i casi ha avuto la meglio Golden State: nel primo episodio al termine di una partita molto tirata in California il giorno di Natale, nel secondo con una nettissima affermazione alla Quicken Loans Arena che di lì a poco sarebbe costata la panchina a David Blatt.

E' senza dubbio alcuno la finale che tutti attendevano, la rivincita per LeBron James e compagni, la definitiva consacrazione nell'empireo Nba per Stephen Curry e i suoi Warriors. Già lo scorso anno questa serie regalò agli appassionati di basket sei incontri di altissimo livello, al termine dei quali furono i ragazzi della Baia ad aggiudicarsi il titolo. Furono quelle delle Finals molto particolari: i Cavs, presentatisi a Oakland (anche allora il fattore campo era dalla parte dei vincitori della Western Conference) senza Kevin Love, infortunatosi alla spalla nel primo turno di playoffs contro i Boston Celtics, furono costretti a fare meno già da gara uno di Kyrie Irving, vittima della frattura della rotula. Ne derivò una serie in cui Cleveland riuscì a tenere botta per cinque partite, con James uomo ovunque e unico punto di riferimento della squadra allora allenata da David Blatt. Fu la serie di Timo Mozgov, Tristan Thompson e Matthew Dellavedova, la classe operaia che sfiorò il paradiso prima di essere riportata sulla terra dal quintetto piccolo di Kerr (fuori Bogut, dentro Andre Iguodala, la mossa decisiva dello staff tecnico di Golden State).

Se i campioni in carica hanno cambiato relativamente poco rispetto allo scorso anno (con la differenza che hanno in Curry, Green e Thompson un nucleo di leader più convinti ed esperti), gli sfidanti possono giocarsi adesso nuove carte al tavolo delle Finals. Da Irving a Love, passando per Frye e Jefferson, fino ad arrivare al nuovo allenatore Tyronn Lue, sono tanti i volti nuovi di Cleveland, alla ricerca del primo titolo nella storia della franchigia. 

IL CAMMINO 

Dopo una regular season da record, i Golden State Warriors hanno dovuto fare i conti con dei playoffs complicati, sia a causa degli infortuni di Steph Curry, sia per il livello degli avversari affrontati. Houston Rockets (4-1), Portland Trail Blazers (4-1) e Oklahoma City Thunder le squadre eliminate ad Ovest, con la serie contro Durant e compagni che ha appassionato tifosi e addetti ai lavori. Sotto 3-1 con OKC e in evidente difficoltà tecnica, i campioni in carica sono riusciti in una splendida rimonta prima ricorrendo all'orgoglio, poi trovando qualche aggiustamento decisivo (come Iguodala in quintetto in gara sette e il ricorso a dosi omeopatiche alla death lineup).

Percorso netto invece per i Cleveland Cavaliers, che si sono sbarazzati al primo turno dei Detroit Pistons a suon di triple, per poi continuare allo stesso tambureggiante ritmo contro gli Atlanta Hawks. Imbattuti fino al 2-0 sui Toronto Raptors in finale di Conference, James e compagni hanno staccato la spinta nelle due gare in Canada, salvo chiudere i conti con relativa tranquillità nei due incontri successivi. A una regular season scossa soprattutto dal cambio in panchina (Lue per Blatt, con relative polemiche) è dunque seguita una cavalcata praticamente perfetta nei playoffs, caratterizzata da favolose percentuali dall'arco, con un quintetto che spesso ha in Frye o Love l'unico lungo di riferimento. 

I SISTEMI DI GIOCO 

Ben noto quello di Golden State, che nella metà campo offensiva sfrutta le doti degli Splash Brothers in una serie di giocate specificamente previste per liberare al tiro Curry e Thompson. Pick and roll, uscite dai blocchi e movimento di palla i tratti salienti di un attacco che ha in Draymond Green un elemento troppo spesso sottovalutato, vero motore dell'oliato sistema messo a punto da Steve Kerr. Contro i Warriors ormai la tendenza è quella di passare al cambio in qualsiasi situazione, a costo di avere sul campo un accoppiamento tra Curry e un lungo (come accaduto con Adams nell'ultima serie), per cercare di trasformare i realizzatori seriali di Kerr in penetratori. Impresa non semplice, anche perchè Curry e Thompson hanno dimostrato di poter prendere e segnare canestri da tre da oltre nove metri con il marcatore a strettissima distanza. Tutto però nasce dalla difesa per i Warriors, che hanno in Iguodala uno specialista del genere e in Barnes e Green altri due fattori spesso decisivi. Squadra destinata ad andare sotto a rimbalzo anche contro i Cavs, che hanno dalla loro la straripante fisicità di LeBron James e di Tristan Thompson. Isolamenti su isolamenti l'attacco di Cleveland, che deve assecondare le caratteristiche dei suoi uomini migliori: da quest'anno però ci sono uomini letali sul perimetro, come Frye, Smith e Love, pronti ad attendere gli scarichi dei vari Irving e James (soprattutto il Prescelto è senza eguali nel trovare i compagni di squadra dietro l'arco). La difesa dei Cavs rimane un punto interrogativo a cui non è ancora stata data una risposta definitiva: troppo pochi (e di livello relativo) i riscontri avuti finora a Est. 

I ROSTER 

Questa versione dei Cleveland Cavaliers è molto più profonda di quella dello scorso anno. E non solo per il ritorno a pieno regime di Love e Irving, ma anche per l'innesto di giocatori come Richard Jefferson e Channing Frye, entrati stabilmente nelle rotazioni di Lue, da cui sono invece usciti Mozgov e Mo Williams. Dellavedova e Iman Shumpert completano il reparto esterni, con il secondo che garantisce atletismo e buona difesa individuale.

Decisivo anche il contributo delle seconde linee di Golden State, come dimostrato da gara sette contro Oklahoma City. Steve Kerr si affida in diversi momenti della partita a Shaun Livingston, Leandro Barbosa e Andre Iguodala come esterni, a Marreese Speights, Anderson Varejao (grande ex della serie) e Festus Ezeli tra i lunghi. L'impatto delle riserve dei Warriors è variato notevolmente a seconda del palcoscenico: benissimo alla Oracle Arena, quasi controproducente in trasferta.

LE CHIAVI DELLA SERIE

Con due attacchi così straordinari per interpreti e varietà di colpi a disposizione, saranno verosimilmente le difese a decidere chi vincerà il titolo. Golden State si affiderà ad Andre Iguodala su LeBron James (probabilmente non dall'inizio ma a partita in corso), proverà a contenere Irving con Thompson cercando di nascondere Curry nella propria metà campo. Green e l'altro Thompson daranno vita a un duello che fa già scintille, mentre se Lue dovesse cavalcare a lungo Channing Frye, è molto probabile che Kerr decida di fare ancora a meno di Bogut, schierando il quintetto piccolo con Barnes da numero tre e Iguodala da numero quattro. Dall'altra parte sarà importante per i Cavs non fare troppo affidamento sulla difesa individuale, o meglio, sugli accoppiamenti difensivi primari. In caso di cambi sistematici potrebbe finire spesso Love (oltre che James) su Curry, sul quale comunque potranno provare a difendere a partita in corso anche Dellavedova e Shumpert. Rispetto ai Thunder Cleveland non ha quella protezione del ferro che garantivano Adams, Roberson, Ibaka e Durant, con il solo LeBron in grado di aiutare con efficacia. Sarà dunque la resa difensiva dei Cavs a orientare la serie in un senso o nell'altro per la franchigia dell'Ohio.