Sono trascorsi quattro anni da quando gli Oklahoma City Thunder - allora allenati da Scott Brooks e con James Harden a far parte del loro roster - riuscirono a qualificarsi per la prima e unica volta nella storia della loro giovane franchigia per le Nba Finals. Sotto 2-0 in finale di Conference contro i San Antonio Spurs, Durant e compagni seppero infatti ribaltare i texani grazie al loro atletismo e a un tasso di talento complessivo fuori dal comune. Vinto l'Ovest, si andarono però a schiantare contro i Miami Heat di LeBron James, che non lasciarono loro scampo dopo aver perso la gara d'esordio a Oklahoma City.

Quattro stagioni dopo, ecco l'occasione che tutta una comunità stava aspettando: tornare sul palcoscenico più prestigioso dell'intera Nba per affrontare, ancora una volta, quel LeBron nel frattempo tornato ai Cleveland Cavs e ora giunto alla sua sesta apparizione consecutiva in finale. Per arrivare a giocarsi la palla a due alla Quicken Loans Arena giovedì prossimo (il fattore campo sarebbe dalla parte degli uomini di Tyronn Lue), i Thunder devono però completare l'opera, tagliare il traguardo di una corsa playoffs ad Ovest che ha sorpreso in tanti ma che poteva comunque essere messa in preventivo. Davanti a Russell Westbrook, Kevin Durant e tutti gli altri in maglia blu si staglia all'orizzonte il logo dei Golden State Warriors, campioni in carica messi alle corde in una serie in cui sono stati praticamente sempre costretti a inseguire. Gara sei (stanotte alla Chasepeake Energy Arena) è più di un'elimination game per i Warriors ed è più di una porta che avvicina all'anello per OKC. E' l'occasione per riscattare annate di sfortuna (leggi infortuni) ed errori (leggi gioco offensivo approssimativo) per poi provare a prendersi la grande rivincita contro James e compagni. La frattura al piede che ha messo k.o. la scorsa stagione Kevin Durant si è rivelata per certi versi un toccasana per i Thunder, tornati in campo nel 2015/2016 con un'altra faccia, diversa da quella frenetica e un po' rassegnata delle ultime campagne occidentali. Ad Oklahoma City si godono ora una squadra convinta dei propri mezzi, mentalmente più solida anche di molte altre insospettabili squadre, che ha trovato per strada (grazie al lavoro di Sam Presti) nuovi giocatori come Andre Roberson, Steven Adams, Dion Waiters ed Enes Kanter.

Del nucleo originario sono rimasti Westbrook, Durant e Serge Ibaka, il congolese trasformatosi da mero stoppatore e rimbalzista in attaccante credibile non solo con il tiro da tre punti. Sono ancora loro i pilastri su cui regge il sistema di OKC, tenuto a mostrare la sua solidità nella gara della disperazione dei Warriors, tutt'altro che intenzionati a chiudere qui una stagione straordinaria nei numeri (73-9 il nuovo record di regular season). Steve Kerr ha già lasciato intravedere qualche variazione sul tema tattico della serie, dirottando Bogut (o chi per lui, Speights o Ezeli) su Roberson, ancora battezzato in attacco, con un occhio al ferro per chiudere le penetrazioni di Westbrook e Durant, mossa che ha funzionato nell'ultima sfida della Oracle Arena. In attacco qualche pick and roll in meno e nuove responsabilità a Draymond Green, al momento disinnescato come motore dei Warriors, ma chiamato a una maggiore lucidità nei cambi contro di lui, esattamente come Stephen Curry, il due volte MVP a cui stanno negando in tutti i modi il tiro da tre punti, per costringerlo a divenire un penetratore in mezzo alle fauci degli atleti avversari. Agli Splash Brothers il compito di far saltare il banco nella metà campo offensiva, ma sarà in difesa che Golden State deciderà il suo destino. Palle perse e contropiedi subiti significherebbero sconfitta sicura, mentre in caso di gara in equilibrio dall'inizio alla fine i campioni potrebbero sperare in qualche esitazione avversaria nel muovere la palla, specialmente con Westbrook, ancora sottovalutato come uomo barometro dei Thunder. Questi e molti altri gli spunti di una gara sei inattesa per protagonisti (i pronostici erano infatti per i San Antonio Spurs) e possibile esito, quanto basta per capire che a questa versione di OKC un'occasione del genere potrebbe non capitare più.