Non è ancora una pivotal game, decisiva per spostare le sorti di una contesa, ma è come se lo fosse. La gara-3 che stanotte vedrà impegnate alla Chesapeake Energy Arena di Oklahoma City i Thunder padroni di casa ed i campioni in carica dei Golden State Warriors, fornirà grandissime indicazioni su chi potrà mettere, quasi definitivamente, le mani sulla serie dopo due giorni di meritato riposo. La carovana delle Western Conference Finals si sposta dalla baia all'entroterra dell'Oklahoma, con il punteggio e l'inerzia in totale equilibrio: i primi due atti hanno visto prevalere, abbastanza nettamente, gli uni o gli altri, con grandi parziali a decretare le fortune dei Thunder in gara-1 e dei Warriors nel secondo atto. 

Ciò che ha profondamente segnato le due sfide, per il momento, è stata la capacità da parte delle squadre di entrare in ritmo e fiducia in un determinato momento: i break sono arrivati quando le rispettive difese hanno alzato notevolmente l'intensità difensiva, propiziando le scorribande di Westbrook e Curry che hanno deciso le sfide. Tatticamente, sono stati i lunghi, paradossalmente, a decidere le gare: anche se il tabellino dice tutt'altro, con gli esterni a dominare in quanto a fatturato di punti, è stata la difesa e la capacità di protezione del ferro a spostare le sorti dei match da una parte piuttosto che dall'altra. Se in gara-1 l'aggressivita dei vari Adams, Ibaka e Kanter nella metà campo spalle al canestro aveva mandato in tilt ed in frenesia l'attacco dei Warriors, così in gara due la via verso il canestro è stata occlusa a Westbrook e Durant, che hanno pensato al fabbisogno personale piuttosto che coinvolgere in attacco i compagni. 

Merito, tra le altre cose, di un monumentale Festus Ezeli, rim-protector che ha fatto le veci di Bogut nei momenti decisivi, oltre che di un ritrovato Draymond Green, fattore quasi decisivo come Curry nei successi della squadra di Kerr. In attacco è stata proprio l'ala grande proveniente dall'università del Michigan a sparigliare le carte, colpendo quando la difesa era attratta dalla sfuriata del trenta. Già, la sfuriata, quella che accanto alle altre pagine di storia scritte dai campioni NBA in carica e da Curry ha deciso gara-2: ci si aspettava da Steph una partita da MVP e la mano del cecchino proveniente dall'Ohio non ha tradito le attese. Stanotte, tuttavia, con tutti gli occhi che saranno inevitabilmente su di lui, sarà il momento per Thompson (fin qui sonnecchiante) di incidere maggiormente nella serie, così come è probabile che nelle mani sapienti di Iguodala, Barnes e Livingston possano passare le giocate decisive per le sorti degli ospiti, che hanno la necessità di ribaltare nuovamente il fattore campo. 

Ad Oklahoma City, però, non sono molto d'accordo.