Tempo di Playoffs in NBA, ma anche tempo di lavoro, parallelo a quello sul campo, per front-office e General Managers. In particolare, tra le mille figure che ruotano attorno ad una franchigia, la più importante è senz'altro quella di head coach, il capo allenatore. E proprio in questo campo molte delle "menti" in vetta alle franchigie stanno muovendo le loro pedine, alla ricerca del giusto uomo da mettere al comando.

Tra tutte le voci che si rincorrono, iniziano a spuntare le prime ufficialità: ad esempio Tom Thibodeau, ex-Chicago Bulls, specialista difensivo che torna dove tutto era iniziato: sarà sostanzialmente monarca (presidente delle basketball operations e capo allenatore) ai Minnesota Timberwolves, dove fu assistente dal 1989, e dove avrà il compito di far esplodere una squadra giovane dall'immenso potenziale.

Ufficiale anche la conferma di Earl Watson sulla panchina dei Phoenix Suns. Watson, chiamato come coach ad interim per sostituire Jeff Hornacek il primo febbraio, ha firmato un triennale dopo aver finito la stagione con un record personale di 9-24, sul 23-59 finale (secondo peggior record della storia della franchigia). Ma, come egli stesso ha riferito, la dirigenza non ha tenuto contro di vittorie e sconfitte, influenzate dalla strage di infortuni di fine regular season. Piuttosto, Watson è stato scelto per "le sue naturali qualità di leader e l'abilità di motivare e creare un feeling coi giocatori". Musica e parole del General Manager Ryan McDonough. "Siamo felici di poter vedere cosa riesce a fare con un roster in salute ed un'intera offseason per prepararsi". "Sono successe molte cose, ma penso che il nostro staff ha portato a termine tutto quello che ci avevano chiesto, e siamo riusciti anche a fare qualche vittoria" ha detto il diretto interessato, che con i suoi trentasei anni diventa il più giovane head coach della lega.

Quasi ufficiale, invece, la scelta dei Washington Wizards: dopo un anno sabatico e dopo essere stato vicino agli Houston Rockets in particolare lunedì, il nuovo allenatore dei capitolini sarà Scott Brooks, che ha messo il suo nome su un quinquennale previsto tra i 30 ed i 35 milioni di dollari. Un vero e proprio colpaccio quello del front office di Washington, che ha anticipato sul tempo i Rockets, ancora impegnati nella post-season. Questo, oltre alle questioni tecnico-tattiche, potrebbe essere l'ago della bilancia nella decisione di Kevin Durant, free agent la prossima estate, e particolarmente legato all'ex-Thunder, fautore di 338 vittorie e 227 sconfitte sulla panchina di Oklahoma City. 

Ora, la scelta dei Rockets dovrebbe cadere su Jeff Van Gundy, ex-allenatore proprio a Houston (e tuttora residente nella città dei razzi) fino al 2007 e da allora commentatore tv. Ma i giochi sono ancora aperti, e Houston non è l'unica partecipante al rodeo dei tecnici: a parte Brooklyn, sistemata ufficialmente con un pluriennale per Kenny Atkinson - 48 anni, attuale assistente di Mike Budenholzer agli Atlanta Hawks - rimangono in ballo ancora New York e Los Angeles, sponda Lakers.

Dopo aver corteggiato (nonostante le smentite di Phil Jackson) l'assistente allenatore dei Warriors Luke Walton, continuano i contatti tra i Knicks e Mark Jackson, ma rimane nella rosa dei papabili anche l'attuale allenatore Kurt Rambis, subentrato dopo il turbolento licenziamento di Derek Fisher. Situazione abbastanza disperata invece per i gialloviola, che sulle orme delle concorrenti hanno inseguito ed annusato l'idea di Luke Walton prima e Tom Thibodeau poi, ma la risposta è stata un due di picche in entrambi i casi. Al momento, le alternative a Byron Scott (criticatissimo nel biennio in California) scarseggiano, così il front-office potrebbe decidere di mantenere sulla sua panchina l'attuale allenatore almeno per un'altra stagione delle due previste da contratto, ma la reazione dei tifosi potrebbe incendiare un ambiente già reso molto teso dall'addio di Kobe Bryant e dalla querelle tra D'Angelo Russell e Nick Young.