Se parlassi di spogliatoio unito, gioco di squadra e contributo fondamentale delle rotazioni nel basket NBA, quoto con un fin troppo cauto 6:1 il fatto che alla vostra mente sorga l'immagine dei Cleveland Cavaliers.
Solo negli ultimi tempi: David Blatt praticamente cacciato dai suoi stessi giocatori, LeBron James in testa. Lo stesso James che critica più di una volta Kevin Love e Kyrie Irving non sempre in maniera molto sottile, ed i due compagni ad alzare la cresta dal canto loro. Tutti i pezzi del frammentato puzzle dell'Ohio sono però tornati a posto domenica, nella vittoria per 114-90 a domicilio sui Los Angeles Clippers: i Cavs sono stati un gruppo. Un gruppo unito e coeso che ha remato nella stessa direzione. Ognuno nel suo ruolo, ognuno col suo apporto da fornire alla squadra.

LeBron ha cercato da subito Love in fase offensiva, e non solo sfruttando le sue doti da tiratore di piazzati, ma anche in post. Non è un caso quindi che l'ex-Minnesota abbia piazzato ben sei tentativi (undici alla sirena finale, 12 punti e 9 rimbalzi) solo nel primo quarto. Questo è stato un punto di svolta molto importante: molto più spesso del solito, Cleveland ha permesso a Love di sfruttare gli accoppiamenti favorevoli sia all'interno che sul perimetro, ponendolo perdipiù come centro nella “small ball”, il quintetto piccolo, accanto a James come numero 4. Qui, gli incontestabili meriti sono da attribuire all'attuale capo-allenatore, Tyronn Lue: un adeguamento ad una tendenza che sta spopolando negli ultimi anni in NBA, e che potrebbe rappresentare davvero l'arma segreta della franchigia anche nel discorso Playoffs.

Ma non solo questo. Altro sorrisone arriva dalla prestazione di J.R. Smith che, oltre ad aver concesso solo un paio delle sue proverbiali folli palle perse, è riuscito a concentrarsi per riuscire nella sua specialità: le triple sugli scarichi. A fine partita sarà un ottimo 5/8 dall'arco per il prodotto di Saint Benedict's High School.
E poi c'è stato Kyrie Irving: escludendo lo show del garbage-time, è stato bravo a non abusare del suo micidiale -ma a volte rischioso- ball handling, spesso evitando saggiamente di cercarsi tiri forzati, fuori equilibrio o contestati. Il nuovo acquisto Channing Frye ha ripetuto una prestazione che attesta la sua affidabilità di tiratore: messe le prime tre bombe, per lui sono arrivati in totale 15 punti con otto tentativi: come fa notare Jason Lloyd (Akron Beacon Journal), l'ex-Magic ha già messo a segno 32 triple con la nuova casacca, di cui solo due su azioni diverse dallo scarico. Nel cosiddetto “catch&shoot” Frye è infatti sull'onda di un quasi incredibile 50%.

Eppure, Doc Rivers, con la sua solita scaltrezza, aveva provato (ovviamente scherzando) a minare le sicurezze degli avversari, alla vigilia, alludendo alla vivacissima vita notturna di L.A. ed alle sue irresistibili distrazioni.
Distrazioni notturne o meno, i Cavs sono scesi in campo con una brillantezza e sopratutto una mentalità da vera contender. E' come se le turbolenze interne allo spogliatoio, vero ostacolo di James e compagni dall'inizio della stagione, si stessero placando, lasciando al rush finale della stagione una squadra che rispetta la definizione del termine stesso. Il talento individuale, cristallino, è lì da sempre. Se quello di domenica non è stato un fuoco di paglia (ipotesi tutta, ma proprio tutta, da dimostrare), Cleveland sta semplicemente imparando a massimizzarlo, contestualizzarlo e renderlo perfetto per un determinato obiettivo. Tutti avvisati.