All-Star Game. Toronto, 14 Febbraio 2016. Quello di quest’anno, che cade nel giorno di San Valentino (innamorati, spostate la cena e godetevi assieme lo spettacolo dell’NBA), sarà il primo ad essere giocato fuori dai confini degli Stati Uniti: ad ospitarlo, come detto, il Canada.

Dopo l’annuncio dei quintetti titolari (scelti dai fans di tutto il mondo), e dopo le previsioni della redazione di VAVEL Italia, Gregg Popovich e Tyronn Lue hanno ufficializzato le loro scelte per le due panchine. Andiamo ad analizzarle nel dettaglio, partendo da quelle del freschissimo neo-allenatore dei Cleveland Cavaliers.

EASTERN CONFERENCE

John Wall / Isaiah Thomas / Paul Millsap / Andre Drummond / DeMar DeRozan / Jimmy Butler / Chris Bosh

Come in qualsiasi ambito, anche in questo caso vale il celeberrimo detto “de gustibus”. Certo è che i criteri di scelta per la domenica più spettacolare dell’anno sono sinteticamente tre: si possono scegliere i giocatori, appunto, più spettacolari; oppure si può optare per quelli più in forma al momento; o ancora si possono scegliere giocatori che hanno dimostrato di avere un talento di dimensione assoluta, indipendentemente dal loro stato attuale di forma.

Nessuno di noi può conoscere i pensieri di Tyronn Lue, tranne Lue stesso. Ovviamente avendo solo sette slot disponibili c’erano sacrifici inevitabili da fare.

Guardandola in ottica “spettacolo”, il pensiero corre al Greek Freak Giannis Antetokounmpo che con le sue lunghissime leve ed il suo talento cristallino ha fatto scaldare più di un paio di mani in giro per i parquet d’America. Non solo: altri due grandi esclusi sono il trentacinquenne Pau Gasol, pura classe e doti di visione fuori dal comune se rapportati a quel fisico, e il rookie Kristaps Porzingis il quale sta letteralmente demolendo chiunque si pari sul suo cammino alla prima stagione NBA, e più volte si è reso protagonista di highlight da urlo, tra schiacciate a rimbalzo offensivo, poster e stoppate clamorose. Almeno uno di questi tre avrebbe potuto inserirsi al posto di Andre Drummond o Paul Millsap i quali, nonostante le loro meravigliose doti cestistiche, non sono esattamente Globetrotters. Ma lasciare fuori i due (specialmente il primo) dopo la stagione che hanno giocato sarebbe quasi follia. Per quanto riguarda le guardie, invece, era difficile sbagliare, ma forse un posto per un’incantatore come Kyrie Irving ci sarebbe potuto essere.

Assumendo il punto di vista dei giocatori più in forma, invece, a Lue si può obiettare ben poco. Wall, Thomas, Drummond e Butler sono intoccabili dato che ognuno sta giocando probabilmente la sua miglior stagione individuale.  Stesso discorso per DeRozan, terzo miglior marcatore di Conference dietro a James e George e onorato di scendere in campo davanti al pubblico dei Raptors. Gli unici due che avrebbero potuto lottare per impensierire le gerarchie sono Kemba Walker e Nikola Vucevic, che si sono caricati sulle spalle tutta la stagione (rispettivamente) di Charlotte Hornets e Orlando Magic, ma i nomi di Bosh e Millsap non scandalizzano nessuno.

Infine, guardando la prospettiva “valori assoluti”, il nome che sorge spontaneo è quello di Kyrie Irving, assoluto protagonista dei Cavs dei big three prima dei problemi al ginocchio. Assieme al numero due, torna prepotente alla mente il catalano Pau Gasol, che ha un palmarès pronto a parlare per lui. Di certo i loro nomi avrebbero fatto più rumore di quelli di Isaiah Thomas e Andre Drummond, ma la NBA è spietata e, com’è giusto che sia, richiede a chiunque vi partecipi di tenere continuamente alta l’asticella del limite.

WESTERN CONFERENCE

Klay Thompson / Chris Paul / James Harden / Draymond Green / Anthony Davis / DeMarcus Cousins / LaMarcus Alridge

Anche qui, è opportune valutare le scelte di Popovich secondo lo stesso schema.

Lo spettacolo sarà sicuramente assicurato: Harden (in una partita in cui può tranquillamente permettersi di non difendere), Paul (forse il miglior ball-handler dopo l’alieno Stephen Curry), Thompson e Green (la scuola Golden State è di per sé sinonimo di highlights), Davis (lungo dall’esplosività surreale). Questi sono i nomi a cui affidarsi. Cousins è oggettivamente in una stagione fuori da qualsiasi logica quindi evade anche questo giudizio, per far rimanere di dubbi tutti su LaMarcus Alridge. Grandissimo giocatore che sta espandendo le sue qualità anche al gioco perimetrale, il centro degli Spurs non eccelle certo in spettacolarità e giocate da urlo, ma anzi è un lungo che svolge molto “lavoro sporco”, per la gioia di allenatori e compagni. Il suo posto, se solo non fosse incorso nel recente incidente alla mano destra, sarebbe stato sicuramente conteso da Blake Griffin. Allargando la visione, invece, rimangono fuori dei veri delizia tori del pubblico: da Lillard a Hayward, a Rajon Rondo, per finire col nostro Gallinari. Però, sommando tutti i fattori, sarebbe stato difficile fare meglio del buon Pop.

Per quanto riguarda i giocatori del momento, per prima cosa bisogna riprendere subito due degli ultimi quattro giocatori citati: Danilo Gallinari (quasi 20 punti di media stagionali con un mese di gennaio disumano) è letteralmente il faro guida dei suoi Denver Nuggets; Rajon Rondo coi suoi Kings sembra essere tornato ai fasti di un tempo in maglia Celtics, dispensando assist a destra e a manca (12 di media, nessuno come lui nella lega). Vedere uno dei due al posto di James Harden (che nonostante sia il secondo miglior marcatore di Conference sta vivendo un periodo di leggero calo, dovuto anche ai molti problemi dei suoi Rockets) sarebbe stata tutt’altro che un’eresia.

Infine, parlando di valori assoluti, sarebbe onestamente difficile scegliere meglio del coach di San Antonio: i nomi sono tutti altisonanti, ma è pur vero che vedere seduti in casa, nella notte delle stelle, Damian Lillard (il quale sta mantenendo in zona playoff i suoi Trail Blazers quasi da predicatore nel deserto), Rajon Rondo e i due (ahimè) grandi “anziani” Dirk Nowitzki e Tim Duncan farebbe stringere il cuore a più di un appassionato.