Da inizio stagione a oggi si è a lungo parlato della ritrovata competitività della Eastern Conference nella Nba, addirittura facendo riferimento a un "sorpasso" dell'Est sul selvaggio Ovest. Al giro di boa della regular season - molte squadre hanno appena giocato la loro quarantunesima gara sulle ottantadue in programma - la situazione al di là del Mississippi è tornata a farsi simile al passato con sette franchigie sopra il 50% tra vittorie e sconfitte (Golden State, San Antonio, Oklahoma City, Clippers, Dallas, Memphis e Houston) e le restanti otto a giocarsi l'ultimo posto per l'approdo ai playoff. Verosimilmente solo i Los Angeles Lakers sono già tagliati fuori dalla corsa alla postseason (9 vittorie e 32 sconfitte il magro bottino dei gialloviola), mentre tra gli Utah Jazz, attualmente ottavi, e i Minnesota Timberwolves, penultimi, ci sono solo cinque partite e mezzo di distanza, un distacco teoricamente colmabile nella metà di stagione che ancora resta da disputare. Vediamo dunque di analizzare le candidate alla poltrona di ultima qualificata ai playoff della Western Conference, dando per presupposto che i vari Mavericks, Grizzlies e Rockets continuino a navigare intorno o sopra al 50%.
Utah Jazz (17-22). La squadra di Salt Lake City è probabilmente la più organizzata del lotto, ma i continui infortuni (prima Gobert, ora Favors e Burks, per non parlare di Exum fuori da inizio stagione) la rendono precaria nella posizione di favorita per il raggiungimento della postseason. I Jazz hanno giocato venti partite a Salt Lake City e diciannove in trasferta, dove recentemente hanno faticato parecchio. Hayward è il leader tecnico di una squadra che predilige le partite a basso punteggio e si appoggia su una buona difesa, in assenza di quel talento diffuso presente invece in altre compagini. Per sperare nell'ottavo posto, Utah dovrà ripetere la seconda parte della scorsa stagione, quando fu tra le migliori della lega come rendimento dopo la pausa per l'All Star Game.
Portland Trail Blazers (17-24). I Blazers hanno retto meglio di quanto ci si potesse aspettare alla rivoluzione estiva che ha visto andar via due pilastri della squadra come LaMarcus Aldridge e Nicolas Batum. Ora Portland è nelle sapienti mani di Damian Lillard e C.J. McCollum, senza dubbio uno dei migliori backcourt di tutta l'Nba. I ragazzi di Stotts hanno giocato diciannove gare al Moda Center e ventidue in trasferta, ora attesi a un giro ad Est che misurerà le loro ambizioni di playoff. Squadra pericolosissima nei finali punto a punto.
Sacramento Kings (16-23). La più talentuosa delle squadre in lizza per la postseason è anche però la più discontinua e allo stesso tempo la meno prevedibile. Rondo, Cousins, Gay, Belinelli sono solo alcuni dei giocatori di Karl che possono fare la differenza in attacco, ma la tenuta difensiva (e mentale) del gruppo è tutta da verificare. I Kings hanno già fatto un primo tour a Est a inizio stagione, e il loro record segnala dieci vittorie su ventuno in California, a fronte di dodici sconfitte lontano dal parquet amico di Sacramento. Dovessero trovare un minimo di continuità sarebbero i favoriti nella corsa all'ottavo posto.
Denver Nuggets (15-24). Con un Danilo Gallinari come quello post-infortunio alla caviglia tutto è possibile, anche che una squadra obiettivamente limitata come Denver possa provare a piazzare il colpo finale. Rispetto al resto del gruppone, i Nuggets pagano però un roster inferiore (forse al livello della Utah attuale, ma con minore organizzazione difensiva). Rendimento simile tra casa (sette vittorie e undici sconfitte) e trasferta (otto successi a fronte di tredici k.o.), gli uomini di Malone dovranno sperare nel recupero di giocatori importanti come il rookie Mudiay e come un Kenneth Faried sinora al di sotto delle aspettative.
Phoenix Suns (13-27). Dopo una buona partenza, i Suns sono affondati tra infortuni (Bledsoe su tutti) e uno spogliatoio spaccato dal caso Morris. Tyson Chandler è l'ombra del giocatore ammirato a Dallas e, per quanto Devin Booker sia un prospetto interessante, non sembrano esserci i margini tecnici per un approdo di Phoenix ai playoff. Anche perchè il trend è estremamente negativo (una vittoria nelle ultime dieci), soprattutto in trasferta, dove i ragazzi di Hornacek hanno raccolto solo quattro vittorie su venti partite.
New Orleans Pelicans (12-26). I Pelicans sono la principale delusione delle outsider occidentali. Gli infortuni di Davis non hanno di certo aiutato Gentry a costruire una squadra solida e particolarmente organizzata, ma il rendimento è comunque inferiore al minimo sindacale. New Orleans ha però dalla sua l'alibi di aver disputato solo sedici gare su trentotto in Louisiana (7-9 il record in casa, 5-17 quello in trasferta). Con un calendario diverso (e un Davis finalmente sano), i Pelicans possono provare una rimonta che oggi appare comunque difficile.
Minnesota Timberwolves (12-28). Si dice spesso che le squadre giovani hanno alti e bassi, ma questi T-Wolves hanno ormai accumulato più down che up. Roster di talento (Wiggins, Rubio, Towns, Bjelica, LaVine, Martin), ma senza un'idea di gioco ben precisa. Un po' come Phoenix, sono in picchiata, ma qui le responsabilità di Sam Mitchell sono ben diverse da quelle del disastrato Hornacek (cinque vittorie su diciannove al Target Center, sette su diciotto in trasferta). Difficili immaginarli ai playoff senza un deciso cambio di rotta.