"Ho sempre sognato di essere un Laker...".
Dal passo d'addio, alla rinascita. Inevitabile, davanti al crollo di un mito del basket, ed in piccolo di un uomo simbolo di una franchigia, pensare al crepuscolo della carriera di Kobe Bryant ad un eventuale erede che dal prossimo anno dovrà fare le veci del 'Mamba', che per vent'anni ha portato la franchigia losangelina sul tetto del mondo in cinque occasioni. Al di là delle mere questioni tecniche e tattiche, la scelta del sostituto di uno dei migliori giocatori del pianeta nell'ultimo ventennio è qualcosa che trascende le idee di un allenatore, di una dirigenza: i Lakers hanno un'immagine da difendere e per farlo necessitano di una figura carismatica (per quanto difficile sia diventarlo come il ventiquattro), un emblema del gioco e soprattutto della franchigia, qualcuno che quella maglia la senta prima di scendere in campo in qualsivoglia partita, da una infima gara di prestagione ad una finale di gara 7 dei playoff.
Essere un membro dei Los Angeles Lakers, e trascinarli in campo come fuori così come ha fatto Bryant, è una questione di radici, di volontà, oltre che di personalità. Assieme alle parole, ed alle valutazioni del caso, ci sono i fatti, che attestano e certificano la voglia, da parte di Kupchak di rialzare una squadra che negli ultimi anni ha toccato il fondo, sportivamente parlando e non solo. Da chi ripartire, quindi? Al vaglio della società giallo-viola un nugolo di nomi che si restringe paurosamente davanti alla cernita inesorabile che questo tipo di caratteristiche, più mentali e caratteriali che tecniche, richiede. La selezione naturale fa il paio con le voci di mercato che in questi giorni si susseguono, al cospetto di una stagione, l'ennesima, deludente per una delle due squadre più titolate al mondo.
Tra la chimera chiamata Kevin Durant (anch'egli però fortemente influenzato dalla terra Natale) e qualche altro nome difficilmente accessibile, si fa avanti in questi giorni per il posto di shooting-guard la candidatura di DeMar DeRozan, guardia classe 1989 dei Toronto Raptors. Per fare chiarezza partiamo dal presupposto che i Lakers, nella prossima estate, avranno a disposizione un gruzzoletto di milioni di dollari sufficiente per prendere qualsivoglia giocatore, ma la scelta, oculata come mai per guardare al futuro della franchigia, dovrà fare riferimento a numerosi parametri. A parità o quasi di qualità (skills) tecniche individuali, di prospettiva futura, e di alchimia nella costruzione del roster (considerando inoltre il fattore chiamato Draft che potrebbe spostare non poco nelle sorti future dei Lakers), si inserisce sulla guardia dei canadesi il fattore ancestrale, che potrebbe e dovrebbe incidere sulla scelta societaria e del giocatore stesso.
DeRozan, nativo di Compton (California, nella contea di Los Angeles), è cresciuto in un ambiente fortemente influenzato dalle tinte giallo-viola, oltre ad essersi formato cestisticamente parlando prima alla Compton High School, poi nell'Università della California del Sud ai Trojans. Discorso che si amplia e viene rafforzato nel momento in cui lo stesso protagonista si è detto spesso seguace e cresciuto nel mito di Kobe Bryant in maglia Lakers. Inevitabile accostare il DeRozan cestista al ventiquattro per movenze e tipologia di gioco e, seppur diverso ad oggi per mentalità e personalità, la palestra che il ventiseienne ha svolto a mo' di praticantato in Canada potrebbe avergli fatto crescere le spalle sufficientemente per fare il grande passo nella prossima stagione.
Come riportato in questi giorni da Zach Lowe di ESPN, DeRozan uscirà con ogni probabilità dal suo contratto con i Toronto Raptors, andando alla ricerca di un ingaggio che possa soddisfarlo dal punto di vista economico ma non solo. Tre, su tutte, le squadre che si sarebbero fatte avanti avanzandogli una proposta da circa 20 milioni di dollari e passa: i Lakers, per l'appunto, i Nets di Prokhorov che cercano di rilanciarsi dopo una stagione nefasta e proprio i Toronto Raptors, che non si sono ancora rassegnati all'idea di perderlo (anche se stanno sondando il terreno per Batum). I venti e più di media che in queste stagioni DeRozan mette puntualmente a referto rappresentano, ad oggi, il biglietto da visita del giocatore, ma ciò che può fare la differenza è la voglia di quella maglia, la smania di vestire il giallo-viola rispecchiandosi nell'idolo di gioventù.
Il futuro dei Lakers passa, forse, di nuovo tra le mani di uno che sognava quella maglia.