La notizia è di quelle che potrebbero provocare un terremoto di notevoli dimensioni nell'universo NBA: secondo Chris Sheridan (Sheridanhoops.com), Dwight Howard sarebbe “estremamente scontento di giocare come seconda scelta dietro al capobranco James Harden”.

Non solo: Sheridan aggiunge un ulteriore carico riportando voci secondo le quali il front-office dei texani starebbe lavorando per un massiccio scambio che porterebbe, tra gli altri, Howard a Miami in cambio di Hassan Whiteside. Voci sostenute anche da Dan Feldman di NBC Sports: “Howard ha un'opzione per liberarsi la prossima estate, e Houston ha già in casa il suo sostituto come centro titolare: Clint Capela, nove anni più giovane. Questi due fattori già portano verso una trade, se Howard fosse davvero così scontento sarebbe la spinta decisiva”.

A calmare le acque però, prima dello stesso centro ex-Magic, arriva ESPN.com, nella persona di Calvin Watkins: “Nessuno dei Rockets è contento dopo questo inizio anno”. Houston è infatti partita a rilento, vincendo solo quattro delle prime undici, e a tuttora naviga al settimo posto della Western Conference con un triste 12-14. Proprio dopo la settima sconfitta, lo scorso 18 novembre, è arrivato anche l'esonero dell'head coach Kevin McHale, ritenuto oramai incapace di gestire uno spogliatoio in tumulto (anche qui rumors suggerirono Howard ed Harden come principali sostenitori dell'allontanamento del coach); la panchina è affidata ad interim all'assistente J.B. Bickerstraff.
Come accennato, la risposta più efficace alle voci di uno spogliatoio spaccato è arrivata dallo stesso numero 12 dei Rockets, che ha parlato allo Houston Chronicle: “Non ho detto niente a nessuno riguardo nulla. Le persone si inventano molte voci e bugie. Sto solo cercando di giocare meglio e di fare giocare meglio gli altri ragazzi. Poi le persone dicono quello che vogliono solo per fare notizia”.

E' evidente che dopo aver lasciato i Magic superman non sia mai stato vero e proprio uomo-franchigia: dietro a Bryant (con cui non ha mai trovato un minimo di intesa, e i due non se le sono esattamente mandate a dire) ai Lakers; dietro ad Harden nelle ultime stagioni a Houston. A trent'anni e con zero titoli in bacheca, non ci sono dubbi sul fatto che Howard abbia bisogno di dividere il campo e collaborare con un'altra superstare se vuole arrivare più avanti delle finali di Conference raggiunte lo scorso anno, ovvero al suo primo anello.

Dando un occhio alle statistiche, però, il rapporto Howard-Harden si fa quantomeno interessante: il barba domina la metà campo offensiva dei Rockets, prendendo una media di 20.3 tiri a partita. Ovviamente è lui il vero playmaker e la prima scelta offensiva, nonché il primo marcatore dell'intera lega (29.2 punti a partita, dietro solo ai 32 dell'alieno Stephen Curry). Howard, al contrario, ha una media di 13 punti (la più bassa dalla sua stagione da rookie) con 8.3 tiri a partita. Meno di Trevor Ariza, Marcus Thornton e Terrence Jones, nonostante le sue percentuali reali dal campo [statistica che tiene contro, differenziandone il peso, dei tiri liberi, da due e da tre] (59%), siano superiori di quelle dei suoi compagni (rispettivamente 50%, 54%, 50%). La differenza si accentua ancora di più conteggiando la tradizionale percentuale dal campo: 60% contro 38%, 44% e 41%.

Per sintetizzare, è indubbio come Howard, oltre ad un fattore difensivo, sia in grado di essere anche un peso sotto il canestro avversario. L'ultima cosa che servirebbe ai Rockets è un centro titolare scontento, che potrebbe spaccare lo spogliatoio già fragile. Allo stesso tempo, il prodotto della Christian Academy di Atlanta deve analizzare la sua carriera a questo punto, scegliendo se sacrificare spazio individuale per restare in una (sulla carta) contender o cambiare aria provando a trascinare alla post-season un'altra franchigia nel ruolo di unica superstar.