I Dallas Mavericks ed i Portland Trail Blazers sono stati per diversi motivi tra i protagonisti della off-season nba. In pochi, invece, avrebbero scommesso su un loro ruolo da protagonisti in questo inizio di stagione. Ed invece, seppur dopo poche partite, sono in piena lotta per un posto ai playoff nell'iper-competitiva Western Conference. Descrivere la loro estate è un'operazione estremamente complessa: la certezza è che quella in corso è considerata la prima stagione di un percorso di rinnovamento che si prospettava abbastanza lungo. In realtà, entrambe sembrano essere più avanti del previsto.
Rivoluzione a Rip City
Perdere in un colpo solo quattro quinti del quintetto che ti ha portato ai playoff negli ultimi due anni è solo uno dei tanti episodi negativi che hanno caratterizzato la storia recente di questa franchigia. Tra infortuni ed eventi imprevedibili, Portland non si è fatta mancare nulla, compresi i problemi fisici di Greg Oden (preferito a Kevin Durant nel draft 2007) e Brandon Roy, che da possibili franchise players si sono trasformati in meteore costrette a rinunciare al basket professionistico (Roy) e ad abbracciare il campionato cinese (Oden).
L'ultimo squillo di Brandon Roy: un manifesto di eleganza.
A quella meravigliosa squadra, la dirigenza dei Trail Blazers ha aggiunto Damian Lillard e Robin Lopez. Il primo, scelto alla numero 6 nel draft 2012, ha avuto subito un impatto devastante nella lega, beneficiando dei quattro anni di college e vincendo il premio di Rookie of the Year (il quarto nella storia ad ottenere questo riconoscimento con una votazione all'unanimità).
Robin Lopez, invece, è il prototipo del centro della nba moderna. Ottimo rim protector e buon rimbalzista, ha rappresentato la spalla idea per l'uomo franchigia ed il giocatore più amato di Rip City: LaMarcus Aldridge.
In nove stagioni a Portland, Aldridge è diventato il quarto giocatore con più presenze con la maglia dei Trail Blazers (648 partite) ed il secondo con più punti segnati (12.562). Con il quintetto Lillard - Matthews - Batum - Aldridge - Lopez, Portland è stata protagonista negli ultimi due anni di due ottime partenze in regular season e di due presenze ai playoff, sconfitti dai San Antonio Spurs e dai Memphis Grizzlies. Per via di una panchina nettamente inferiore ai titolari e di limiti difensivi strutturali, il team di Terry Stotts non è mai andato oltre il secondo turno, dimostrando anche di avere scarsi margini di miglioramento per diventare una reale contender.
C'era, dunque, da aspettarsi che a Rip City potesse cambiare qualcosa: in estate, però, c'è stata addirittura una rivoluzione. I free agent Aldridge, Matthews, Afflalo e Robin Lopez hanno scelto rispettivamente San Antonio, Dallas e New York, mentre Batum è finito a Charlotte in uno scambio che ha portato a Portland Vonleh e Henderson. La dirigenza dei Trail Blazers è stata in qualche modo costretta a scegliere la strada del rinnovamento: sono arrivati, quindi, anche Al-Farouq Aminu, Mason Plumlee, Ed Davis e Maurice Harkless. L'obiettivo della franchigia è far crescere i giovani a roster (più spazio anche per l'ottimo C.J. McCollum), lasciando le chiavi dell'attacco a Lillard.
I risultati sono tutt'altro che disprezzabili: cinque vittorie e nove sconfitte che collocano Portland a ridosso della zona playoff. Raggiungere la post-season sarà un'impresa difficilissima, soprattutto in un Ovest dall'altissimo valore tecnico, ed è probabile che ad un certo punto della stagione la dirigenza spinga verso la direzione di un "tanking" soft (una scelta nelle prime dieci farebbe comodissimo ad una franchigia in piena ricostruzione), ma Portland è allo stato attuale una squadra piacevole da veder giocare e capace di fare uno sgambetto anche alle più grandi (chiedere ai Clippers per informazioni).
I Trail Blazers si trovano al nono posto per Offensive Rating (102), mostrando di saper muovere molto bene la palla e di essere letali in situazioni di pick and roll, specialità nella quale Lillard è uno dei migliori interpreti. Non è un caso che Portland sia al primo posto per possessi giocati (327) e punti segnati (273) dal proprio ball handler in situazioni di pick and roll. Merito soprattutto di Lillard, che è il terzo giocatore per numero di possessi giocati e punti segnati attraverso un pick and roll, dietro solo a Westbrook e a Reggie Jackson.
La sua stagione non è la migliore in senso assoluto, nonostante i numeri siano comunque importanti (25.2 punti, 4.1 rimbalzi e 6.2 assist di media con il 37,5% da tre su otto tentativi a partita). Manca, infatti, quell'effort difensivo fondamentale per far crescere la squadra e guidarla anche nell'altra metacampo.
La vera sorpresa di Portland è rappresentata, però, da C.J. McCollum, giocatore da anni pronto all'esplosione, che è puntualmente arrivata quando gli è stato dato più spazio e più volte il pallone tra le mani. McCollum agisce da portatore di palla secondario, tirando con un buon 46% nella mid range area e viaggiando con più di 20 punti, 3 rimbalzi e 3 assist di media.
Il back-court Lillard-McCollum è un concentrato di punti nelle mani e creatività dal palleggio. Sono due uomini in grado di far girare al meglio l'attacco dei Trail Blazers, mentre mostrano dei limiti in fase difensiva, dove essere delle guardie sottodimensionate certamente non aiuta. È proprio la difesa il maggior limite di Portland, che ha in Aminu il proprio migliore difensore ed in Plumlee ed Ed Davis due buoni rim protector senza, però, eccellere in questa specialità.
I Trail Blazers si trovano così nella bottom ten per difensive rating (103.8 punti subiti per 100 possessi), il che, di fatto, ha impedito loro di vincere un paio di partite alla portata in questo inizio di stagione. Terry Stotts sta dimostrando, però, ancora una volta di essere un ottimo allenatore: la strada per la crescita dei propri giovani è a buon punto, sperare in una ricostruzione più rapida del previsto è tutt'altro che un miraggio.
Dirk, ancora tu ma non dovevamo vederci più?
Alzi la mano chi si sarebbe aspettato un Dirk Nowitzki di questo livello dopo un Europeo ed una passata stagione non all'altezza della sua gloriosa carriera. Anche per Wunder Dirk sembrava arrivata l'era del tramonto dopo 17 anni nella lega e 37 anni sulla carta d'identità. Ed invece il tedesco ha ritrovato motivazioni ed energie inspiegabili, che lo hanno portato ad essere, tra le altre cose, in queste prime tredici partite il miglior jump shooter della lega tra quelli che hanno tentato almeno 100 jumpers, con un incredibile 50,4% (fonte Kirk Goldsberry).
Ma c'è di più: tra i giocatori con più di tre tentativi a partita, il tedesco ha la seconda miglior percentuale realizzativa nel tiro da tre punti (53,3%) dietro solo a Galloway. Grazie ad un Nowitzki straordinario, Dallas sta sorprendendo la lega e con un record di nove vinte e quattro perse si trova al terzo posto nella Western Conference. In pochi avrebbero scommesso su un rendimento di questo tipo della compagine di Carlisle. Tanti, invece, prevedevano una Dallas pronta a tankare e a mantenere così la propria scelta 2016 (top7 protected). Qualora, infatti, i Mavs dovessero avere una scelta dalla 8 in poi, dovranno cederla a Boston per via dello scambio che ha portato Rondo a Dallas.
Il rendimento dei Mavericks lascia pensare, però, pensare a tutt'altro scenario. Impossibile parlare della stagione di Dallas senza fare riferimento all'affare DeAndre Jordan, che è stato il vero "caso" dell'estate. Il centro dei Clippers, dopo aver scelto di firmare per i Mavs, decide incredibilmente di ripensarci e di tornare da Doc Rivers e Chris Paul.
Una storia dai contorni quasi hollywoodiani, arricchita dalla cosiddetta "emoji battle", una vera e propria battaglia a colpi di tweet ed emoticon tra i giocatori dei Clippers e quelli dei Mavs, dove ognuno ha indicato ironicamente con quale mezzo si sarebbe recato a casa di Jordan per convincerlo a firmare per la propria squadra.
In pochi giorni, Dallas si è trasformata così da possibile contender, grazie alle acquisizioni di Wesley Matthews e DeAndre Jordan, a compagine in pieno rinnovamento, disposta anche a tankare per mantenere la propria prima scelta. Al posto di Jordan è arrivato Zaza Pachulia, giocatore spigoloso se ce n'è uno ed ottima spalla per Nowitzki, e Deron Williams, reduce da un paio di annate non particolarmente positive a Brooklyn.
I risultati sono andati, però, oltre le più rosee aspettative. Il quintetto formato da Felton, Williams, Matthews, Nowitzki e Pachulia è il terzo della lega per Offensive Rating (134.8) ed il nono per Net Rating tra quelli che hanno giocato più di 50 minuti.
Lo spacing delle squadre di Carlisle è sempre di altissimo livello: ancora una volta il coach dei Mavs sta mantenendo la fama di essere uno dei migliori head coach della lega, soprattutto per quanto riguarda le soluzioni offensive. E pensare che Wesley Matthews e Chandler Parsons sono ancora a metà servizio, dopo che il primo si è rotto il tendine d'Achille nella passata stagione ed è rientrato a tempo di record ed il secondo è alle prese con problemi alla schiena che ne limitano il minutaggio.
La rigenerazione di Felton (giocatore con il miglior Off. Rating e Net Rating della squadra) e Williams e la scoperta di un role player come Powell sono tra i segreti di una delle migliori squadre da vedere sul League Pass, un team pronto a fare i playoff per la quindicesima volta nelle ultime sedici stagioni. Guai, dunque, a parlare di tanking come lo stesso proprietario Mark Cuban aveva fatto qualche mese fa: i Dallas Mevericks si giocheranno le proprie carte anche quest'anno e regalerano a Nowitzki una delle ultime cavalcate di una carriera leggendaria.