D'accordo la squadra è quella che è. E difficilmente andrà ai playoff, nonostante lui. Eppure questa potrebbe essere la stagione più importante della carriera Nba di Danilo Gallinari. Anzi, per certi versi, lo è già. Atteso al varco dopo un Europeo da assoluto protagonista, il profeta di Sant'Angelo Lodigiano sta convincendo anche i più scettici (ce ne sono ancora?) delle sue qualità. Con tanto di robusti numeri a supporto.
Che, soprattutto dal punto di vista fisico, Danilo fosse sempre stato il più adatto dell'italian connection originale (quella, cioè, con Bargnani e Belinelli) al contesto di pallacanestro di oltreatlantico era cosa nota da tempo. Al netto delle difficoltà riscontrate nell'adeguarsi ad un regime di allenamento cui non era abituato e che gli hanno procurato non pochi problemi, soprattutto alla schiena. I dubbi e le perplessità erano legate per lo più agli aspetti tecnici del suo gioco e alla possibilità che questi potessero evolvere nel corso del tempo.
Agli esordi con i New York Knicks (a proprosito: chissà se i non sempre lungimiranti colleghi di tifo di Spike Lee lo fischierebbero, ADESSO), infatti, Gallinari era considerato quasi unicamente come un tiratore affidabile dalla media lunga distanza. Uno specialista, insomma, che poteva vantare anche discrete percentuali da dietro l'arco che, però, sono andate progressivamente erodendosi con il passare delle stagioni (dal 44.4% del primo anno al 38.1 del secondo, fino al 34.7 di inizio 2010/2011). Di attaccare il canestro dal palleggio o partendo dal post non se ne parlava proprio; inevitabile in una squadra dove, anche prima di Carmelo Anthony, la soluzione offensiva prediletta da tutti era l'isolamento puro e semplice. Scorie che l'italiano si è portato dietro anche nei primi tempi a Denver (coinvolto, tra l'altro, proprio nella trade che portò Melo a NYC), dove il discreto 41.2% dal campo era principalmente figlio del 37% da tre, con una tripla e mezza mandata a bersaglio ogni quattro tentativi.
La svolta arriva nel 2012/2013. Nel bene e nel male. Nel bene perchè Gallinari comincia a costruire una nuova dimensione del suo gioco, dimostrandosi realizzatore affidabile anche attaccando l'area dei tre secondi:
Nel male perché, purtroppo, in aprile subisce il terribile infortunio al ginocchio che lo costringerà a saltare l'intera stagione successiva.
Ma ormai il più è fatto. E lo dimostrano le cifre del 2014/2015, con il career high ritoccato più e più volte fino al quarantello di Orlando contro i Magic: 6/8 da due, 6/13 da tre, 10/11 ai liberi più 7 rimbalzi, 4 assist, 3 recuperi e 2 stoppate. Arriveranno, poi, anche i 47 contro i Mavericks: 58.3% da tre (7/13) e 10/10 dalla linea della carità. Altro che specialista. Giocatore completo come ce ne sono pochi, uno dei pochi in grado di seguire la strada tracciata da Nowitzki: segnare sempre, comunque, contro chiunque, in qualunque modo. Da fuori, in penetrazione, schiacciando dopo un taglia fuori ben eseguito. Come il figlio prediletto di Wurzburg, anche Danilo riesce a portare il suo gioco a un livello superiore. Dettaglio che gli consente di competere sera si sera no nella lega più difficile del mondo:
Ed ecco perché la tripla doppia sfiorata contro i Pelicans deve stupire fino a un certo punto. Si tratta dell'ennesima tappa di un percorso che può portarlo a diventare uno degli europei più incisivi di sempre al di là dell'oceano.
Basta dare un'occhiata alle statistiche di queste prime 11 partite. Il minutaggio è tornato quello del primo anno ai Knicks (33.8 a serata), con le medie in costante ascesa: ad oggi siamo sui 19.1 punti, 4.9 rimbalzi e 2.4 assist per gara. Simili anche le percentuali dal campo (43.4) e da tre (40.8), ma con un approccio offensivo del diverso. Come dimostra la shot chart:
Gallinari continua ad essere un giocatore da catch and shoot (nel 35.3% dei casi) e da long two (37.2%) ma, rispetto al passato, ha preso ad attaccare il canestro con maggiore frequenza, con una particolare predilezione per la penetrazione centrale susseguente ad un pick and roll. Dettaglio che, unito al 91% ai liberi, lo rendono un giocatore sul quale non è mai una buona idea spendere il fallo.
Giocando da 4 'atipico', inoltre, riesce a rendersi pericoloso tanto dal palleggio (un tempo non avreste mai visto un Danilo palleggiare tra le 3 e le 6 volte prima della conclusione: oggi accade nel 17.2% dei casi) quanto da fermo, con l'avversario più vicino entro il metro: soluzione, questa, che resta il marchio di fabbrica della casa, tanto da due quanto da tre, con una percentuale di realizzazione del 45.3.
E il futuro? Dove può arrivare un giocatore del genere? Difficile dirlo. Forse perché non lo sa nemmeno lui. L'impressione è che, ad anni 27, i margini di miglioramento siano ancora tantissimi, con tante soluzioni di gioco che restano ancora inesplorate (prime tra tutte il gioco spalle a canestro in post e una linea di fondo presa non acnora come dovrebbe e potrebbe) per un 2.08 delle sue qualità.
In fin dei conti questo è il bello. Non dobbiamo far altro che metterci comodi e vedere quale sarà il prossimo step. Perché ci sarà, statene certi. Ed è solo questione di tempo. Il presente è già suo. Il futuro gli appartiene.