E' ormai dal 2011, dalla stagione in cui i Lakers detentori del titolo con Phil Jackson in panchina furono estromessi ai playoff della Western Conference dai Dallas Mavericks poi futuri campioni Nba, che a L.A. sponda gialloviola non va più di moda il triangolo, inteso come triple post offense, il sistema di continuità offensiva reso celebre da Tex Winter, storico collaboratore di coach zen. Più di quattro anni dopo a Los Angeles si torna a parlare di triangolo, ma non per questioni meramente tecnico-tattiche, quanto soprattutto per scelte dirigenziali e per rapporti non idilliaci tra allenatore e giocatori.
Il riferimento è alla pesca all'ultimo Nba Draft di D'Angelo Russell, talentuosa point guard preferita con la seconda moneta dai Lakers a Jahlil Okafor, a lungo dato come prima scelta assoluta della lotteria del Barclays Center e poi scalato in terza posizione, a tutto vantaggio dei Philadelphia 76ers. Dopo due settimane di regular season, il mondo gialloviola - sempre scrutinatissimo nonostante il record disastroso della squadra - è circondato da dubbi circa la decisione di accaparrarsi Russell piuttosto che Okafor, date anche le diverse prestazioni dei due rookie in questo primissimo scorcio di stagione. E' chiaramente troppo presto per giudicare una scelta che acquisterà senso solo nel lungo periodo, eppure lo sport - anche quello a stelle e strisce - vive di presente, al punto che i media americani non hanno mancato di far notare che il buon D'Angelo sia stato a lungo tenuto in panchina dal suo allenatore Byron Scott in molti dei quarti periodi delle partite dei gialloviola. E' partito così il confronto con Okafor, altro elemento di una squadra perdente, ma quantomeno luce accecante in fondo al tunnel dei Sixers. E, senza star qui a snocciolare numeri che derivano da un campione troppo ridotto per essere preso in considerazione, la differenza di rendimento tra i due ragazzi è evidente. Tanto attivo ed energico sui campi Nba l'uno, quanto timido e spaesato l'altro (un pulcino bagnato per usare una definizione cara al calcio italiano che fu).
Perchè i Lakers hanno scelto D'Angelo Russell e non Jahlil Okafor? E' questa la domanda che in molti, tra i tifosi gialloviola, si pongono, probabilmente più dubitando della lungimiranza della dirigenza (Jimmy Buss e Mitch Kupchak) che dando un'occhiata alle reali prospettive dei due giocatori. La risposta al quesito va trovata riavvolgendo il nastro della pellicola firmata Lakers per ritornare alla torrida estate di El Segundo, facility della franchigia, quando Russell stregò l'intero ambiente nel suo workout californiano, al punto che qualcuno dell'ambiente arrivò a paragonarlo addirittura a Stephen Curry quanto a potenziale tecnico. Il resto si spiega con la piega presa dal mercato dei Lakers. Il frontoffice di L.A. sperava di riuscire a portare a casa un lungo di alto livello (Aldridge il prescelto, Cousins l'alternativa tramite trade) e a fine giugno pareva che almena una delle trattative già imbastite potesse andare a buon fine. Ecco perchè fu "scartato" Okafor, nella convinzione che Russell potesse comporre insieme a Jordan Clarkson un backcourt di talento giovane. Su questa linea si era trovato concorde anche Byron Scott, catapultato da un anno sulla panchina dello Staples Center, convinto della necessità di spostare Kobe Bryant dal suo storico ruolo di shooting guard a quello di ala piccola. Il resto della vicenda è poi noto a tutti. Aldridge ha preferito Gregg Popovich e gli Spurs, Cousins è rimasto a Sacramento, e i Lakers hanno virato in tutta fretta su Roy Hibbert, definito dalla stampa americana come il piano E di Kupchak, a sottolineare come l'ex giocatore dei Pacers non fosse esattamente una prima scelta nelle intenzioni dei gialloviola.
La storia si è poi arricchita di un ulteriore capitolo con l'inizio della regular season, quando sono cominciati ad emergere i primi attriti tra Scott e alcuni dei giovani più promettenti della squadra (Randle oltre a Clarkson e Russell). Il coach ha adottato una linea mediatica ondivaga (stupefacenti alcune dichiarazioni come quella "inseriremo i nostri ragazzi solo dopo aver cominciato a vincere") alternando bastone e carota, quasi a voler rendere più confuso un quadro che, storicamente, non ha mai avuto margini ben delineati sulle pareti di El Segundo. Al momento la situazione vede scontenti tutti i protagonisti della vicenda: i giocatori, che mal sopportano la gestione di Scott, la franchigia, che sperava in ben altro avvio di stagione, e i tifosi, morsi dal dubbio atroce di aver pescato il talento sbagliato proprio nell'occasione in cui si aveva a disposizione una scelta così importante al Draft. Ecco che il triangolo Russell-Scott-Okafor si ripresenta dalle parti dello Staples Center, stavolta sotto forma di situazione praticamente ingestibile, a meno di non esautorare lo stesso Scott, spesso irritante per affermazioni fuori luogo e incapacità di tenere sotto controllo lo spogliatoio. Da qui alle prossime settimane se ne saprà certamente di più, anche perchè la squadra ha bisogno di una svolta, che non potrà essere garantita ogni sera dal talento infinito ma crepuscolare di Kobe Bryant, uno che il triangolo lo conosce perfettamente e che sembrerebbe essere giunto al capolinea di una carriera straordinaria.