Che il reparto di ali piccole dei Los Angeles Clippers sia particolarmente nutrito non è un mistero. Lo stesso Doc Rivers non ha mai negato di apprezzare la possibilità di sperimentare con quintetti lunghi piuttosto che piccoli, perimetrali o interni, offensivi o difensivi. Per cui, è prevedibile che uno come Lance Stephenson non parta in quintetto titolare OGNI partita. Meno prevedibili sarebbero stati i 102 secondi complessivi sul parquet dello Staples Center stanotte nella sfida contro i Detroit Pistons (vinta da Lob City 101-96). 102 secondi, avete capito bene. Un minuto e quarantadue secondi, sostanzialmente il tempo che si impiega a vestirsi ed allacciarsi le scarpe; o, come in questo caso, a mettere a referto una palla persa per poi risedersi in panchina
Lapidario il primo commento a riguardo di Doc Rivers: “È entrato ed ho capito subito che non era pronto [eppure lo chiamano Born Ready!, ndr]. Eravamo sotto nel punteggio, non potevamo permetterci di perdere altro tempo”. Con Chris Paul e J.J. Redick fuori causa (stiramento all’inguine per il primo, fastidi alla schiena per il secondo), Rivers ha presentato come titolari suo figlio Austin e Jamal Crawford da esterni, accompagnati da Paul Pierce (che ha preso il posto proprio di Stephenson) e dagli insostituibili Blake Griffin e Deandre Jordan. “Avevamo bisogno di creare buone spaziature. Con CP [Paul] e J.J. [Redick] indisponibili, volevo che allargassimo il campo il più possibile. Questo ha permesso ad Austin e Jamal di sfruttare le loro penetrazioni a canestro e a Blake di giocare bene in post. Dovevamo sbloccarci, e questo era il modo. Volenti o nolenti, hanno dovuto farselo piacere” queste le parole del Coach, che poi ha sottolineato comunque l’ottimo spirito di Stephenson: “Lance è stato grande. L’ha presa con lo spirito giusto, davvero. Ovviamente lui vuole giocare, come tutti. E noi vogliamo che lui giochi. Semplicemente stasera abbiamo deciso che sarebbe stato meglio tenerlo fuori. E lui è comunque stato grande, si è comportato da professionista”.
Che quel giovane scapestrato con un potenziale fuori dal comune visto dalle parti di Indianapolis sia maturato? Pare di sì, a sentire le sue parole nel post-partita (o forse è solo che la miccia non è ancora così corta da innescare il botto): “Abbiamo una squadra molto profonda. La cosa principale da fare è rimanere positivo. Continuare a lavorare duro, senza frustrazione. Abbiamo un gruppo di ragazzi tutti capaci di scendere in campo e giocare a questo livello. Qualche volta è la tua notte, qualche volta non lo è. Ma sono solo felice per la vittoria. È tutto quello che conta: aver vinto la partita”. Born Ready è approdato in quel di L.A. dopo il primo dei tre anni previsti dal contratto con i Charlotte Hornets (27 milioni totali). La scommessa in quel della Carolina del Nord non è andata a buon fine: stagione a dir poco irregolare del numero 1, che ha prodotto appena 8.2 punti di media con sole 25 partenze in quintetto. Eppure il front-office dei Clippers ha deciso di rinnovare la scommessa del prodotto di Cincinnati High School, che sotto le mani di Doc Rivers ha iniziato da titolare tutte le prime nove di regular season, seppur non impressionando neanche qui (22.1 minuti, 6.2 punti, 3.3 rimbalzi e 2.1 assist le sue medie, con un 37% complessivo dal campo).
E ora? La sensazione è che disputare una stagione intera con Paul Pierce titolare sia quantomeno rischioso per la forma fisica (ma soprattutto per gli infortuni) del trentottenne californiano. Quindi LS1 avrà senz’altro occasioni importanti per convincere tutti, durante la regular season, come conferma lo stesso Rivers: “Vedremo. Sfrutterò gli allenamenti di volta in volta per vedere le combinazioni che mi convincono di più. Come ho già detto, in quella posizione [ala piccola, ndr] potrò variare, per la maggior parte della stagione. Non aspettatevi di vedere Paul [Pierce] in campo dall’inizio ogni sera. Ecco una cosa che posso garantirvi, Pierce non giocherà ottantadue partite. Quindi sarà un ruolo instabile, molto soggetto a rotazioni.”