La vittoria in overtime allo United Center di Chicago contro i Bulls aveva reso manifeste le nuove intenzioni dei Minnesota Timberwolves. Niente più tanking, ovverosia giocare sapendo di poter permettersi di perdere in attesa del Draft dove cercare i migliori talenti disponibili, bensì competere con le proprie armi contro qualsiasi avversario. La gara di ieri sera contro gli Atlanta Hawks in Georgia ha confermato l'assunto: i ragazzi di coach Sam Mitchell quest'anno sono da corsa, probabilmente non per i playoff della Western Conference, ma per il riconoscimento di squadra tra le più divertenti dell'intera lega.
Dopo essere andati in vantaggio di 34 lunghezze, i Wolves si sono visti rimontare e sorpassare dai padroni di casa di Atlanta, prima di avere la meglio in un finale tanto schizofrenico quanto esaltante. Con tutti i limiti e i margini di miglioramento esistenti in un roster davvero giovane, Minnesota sembra finalmente aver svoltato, dopo anni di anonimato Nba interrotti solo dalla parentesi Kevin Love, che peraltro non aveva portato frutti in termini di approdo alla postseason. Già, Kevin Love. Il Beach Boy californiano è stato scambiato poco più di dodici mesi fa con Andrew Wiggins, prima scelta assoluta al Draft 2014, selezionato dai Cleveland Cavaliers. Tuttavia, nell'estate del ritorno di LeBron James in Ohio, la franchigia guidata dal general manager David Griffin scelse di puntare sul presente - rappresentato da Love - sacrificando il canadese nella consapevolezza di avere comunque in squadra un altro fenomeno giovane come Kyrie Irving. Wiggins è così finito al freddo di Minneapolis, dove una dura stagione di apprendistato Nba non gli ha comunque impedito di vincere il premio di rookie of the year, stante anche il concomitante infortunio di Jabari Parker, altro virgulto delle meraviglie in maglia Milwaukee Bucks.
A un roster che già aveva il talento di Wiggins, l'energia di Zach LaVine, la verticalità di Gorgui Dieng e l'imprevedibilità di Shabazz Muhammad, il compianto Flip Saunders ha aggiunto nel corso dell'estate Karl-Anthony Towns, lungo manifesto dell'Nba contemporanea, agile e potente allo stesso tempo, preferito addirittura anche a Jahlil Okafor, che ha portato la sua eleganza a Philadelphia. Aggiungendo Towns e Nemanja Bjelica, altro giovane dalle prospettive più che rosee, Minnesota si è assicurata un reparto interni futuribile e già in grado di spostare gli equilibri nel 2015-2016, senza dimenticare che Kevin Garnett è tornato da qualche mese alla base per far da chioccia al gruppo dei ragazzini terribili. Chi c'era, ma era dato per disperso (o desaparecido, date le sue origini), era invece Ricky Rubio, playmaker dal talento cristallino, un po' come il suo fisico, reduce da un triennio di infortuni assortiti (tra cui il più grave quello al legamento crociato anteriore del ginocchio). Lo spagnolo ha saltato buona parte della scorsa stagione per ricostruirsi atleticamente e tecnicamente, lavorando in estate sul suo jumper, da sempre considerato da addetti ai lavori e avversari come il suo punto debole, tanto da indurre ogni scout Nba a consigliare di passare rigorosamente dietro sul pick and roll che lo coinvolgeva. Ora Rubio è tornato, e sta a lui far girare i T-Wolves, con Zach LaVine al momento preferito come suo primo cambio a discapito dell'altro rookie Tyus Jones, mentre il veterano Kevin Martin continua a vestire i panni del realizzatore seriale.
Rimane però Towns il gioiello più luminoso - o se volete, più intrigante - della nuova Minnesota. Diciannove anni per un fisico esplosivo e una tecnica già notevole per gli standard dei lunghi di quel tonnellaggio, la prima scelta assoluta dell'ultimo Draft ha letteralmente dominato nel finale di gara contro i Bulls di Gasol, Mirotic e Noah, mostrando doti di passatore insospettabili nell'overtime poi vinto dai suoi Wolves. La regular season Nba è iniziata solo da un paio di settimane e non è quindi corretto lasciarsi andare a facili esaltazioni e/o illusioni, ma la sensazione che questa squadra abbia un potenziale immenso e non ancora quantificabile accompagna l'intera lega, in una voglia matta di futuro ormai ineliminabile nello sport contemporaneo.