Già in preseason si era avuto il sentore che i nuovi Chicago Bulls di coach Fred Hoiberg avessero perso parte della solidità difensiva che aveva caratterizzato l'era Thibodeau (anche se qualche avvisaglia di calo nella propria metà campo si era già notata nella passata stagione). L'avvio della regular season 2015-2016 ha confermato i sospetti del training camp, e la questione si è riproposta nuovamente dopo la sconfitta di ieri notte contro gli Charlotte Hornets, in cui i Bulls hanno subito ben 130 punti (oltre 32 a quarto di media), infilati dalle triple di Jeremy Lamb, Frank Kaminisky, Kemba Walker, Jeremy Lin e dalle incursioni nel pitturato di Al Jefferson. 

Fred Hoiberg si è mostrato particolarmente sconsolato ai microfoni della stampa americana nel dopo gara di Charlotte: "Non abbiamo combattuto su alcun pallone - le dichiarazioni del coach ex Iowa State - abbiamo solo subito passivamente il loro attacco. Siamo stati dominati sin dalla palla a due, ognuno di noi sembrava essere da solo su un'isola, non solo in difesa, ma anche in attacco. Nessuno ha aiutato il proprio compagno, nessuno ha fatto un'extra pass. Gli Hornets sono stati migliori di noi in ogni zona del campo". Solo Doug McDermott è sembrato lottare e crederci più di ogni altro in maglia Bulls, come riconosciuto anche da uno dei senatori dello spogliatoio, quel Joakim Noah passato da titolare a riserva con la nuova gestione tecnica: "L'unico che ha mostrato un minimo di intensità è stato il ragazzino" ha detto il francese a proposito dell'altro giovanissimo in campo, il rookie Bobby Portis, entrato nel finale di gara. 

I 130 punti subiti costituiscono il massimo concesso agli avversari in una partita di regular season dal marzo del 2009, quando furono gli Utah Jazz a segnarne 132 alla franchigia della Windy City. Un'era geologica fa, insomma, nella quale Chicago non era competitiva ad alti livelli e non aveva pretese di titolo. Ora invece molto è cambiato nei Bulls. L'esplosione di Rose (poi costretto a un'involuzione preoccupante causa gravi infortuni), l'arrivo di un gran difensore come Jimmy Butler, la cura Thibodeau, il furore agonistico di Noah e Gibson, sono stati tutti elementi che hanno consentito a Chicago di rilanciarsi partendo dalla difesa, salvo poi rendersi conto di aver bisogno anche di uno spartito in attacco e virare dunque su Pau Gasol e, da questa stagione, anche su un nuovo allenatore. Hoiberg ha individuato il suo quintetto di partenza facendo affidamento sul duo spagnolo Mirotic-Gasol, soprattutto per migliorare le spaziature nella metà campo offensiva, accantonando Noah, ritenuto troppo interno per giocare a fianco del catalano. Ma, al di là dello schieramento base e di qualche minuto in più o in meno dato a questo o a quell'altro giocatore, a Chicago sembra mancare quella foga agonistica necessaria per competere ad alti livelli nella pur non impossibile Eastern Conference. Hoiberg ne è consapevole, in Nba chiunque può metterti spalle al muro se l'atteggiamento è soft (definizione di Jimmy Butler dopo la gara di Charlotte), a prescindere dal lavoro tattico e tecnico che si fa in difesa. 

I Bulls dovranno a questo punto trovare un punto di incontro tra l'applicazione maniacale dei primi quattro anni di Thibodeau e questa nuova loro versione, che sembra quasi leziosa, certamente troppo poco aggressiva per una squadra ancora in costruzione, nella quale andrà prima o poi affrontato e risolto anche l'enigma relativo a Derrick Rose, alla terza partita consecutiva sotto la doppia cifra alla voce punti segnati.