I numeri saranno anche freddi ma hanno il pregio di dire (quasi) sempre la verità. E 19.7 punti, 9.6 rimbalzi e 4.7 assist (con il 50% dal campo e il 60.7 nel pitturato, in 36 minuti di media a partita) sono, per l'appunto, i numeri con cui Julius Randle si presenta ai nastri di partenza della sua prima 'vera' stagione Nba, con il 2014/2015 segnato dall'infortunio alla tibia nell'opening night che gli ha impedito di provare ad aiutare i Lakers a non entrare nella storia dalla parte sbagliata, con un 21-61 che è già leggenda.
Le sette gare di pre-season disputate dall'ex Wildcat hanno dimostrato come il frontoffice gialloviola avesse fatto non bene, ma benissimo, a chiamarlo con la settima scelta assoluta al Draft 2014. Sarà proprio il prodotto di Kentucky, infatti, la pietra angolare di una ricostruzione che potrà dirsi realmente completa solo se anche D'Angelo Russel manterrà quanto fino ad ora promesso e il millantato assalto a Kevin Durant nella prossima free agency (con Bryant uscito, finalmente, dal sanguinoso contrattone di due anni fa e con l'aumento del salary cap) passi da boutade giornalistica a qualcosa di più concreto.
Randle è il trait d'union tra presente e futuro, la chiave di lettura dei Lakers degli anni a venire, il giocatore da cui ripartire dopo anni di oblio più o meno meritato. E, a pensarci bene, non esiste elemento migliore cui affidare le proprie fortune.
Nominalmente, il 30 gialloviola sarebbe una classica ala grande: 206 centimetri distribuiti su 113 chili da sfruttare in maniera sapiente nel gioco in post. Il condizionale è d'obbligo perché siamo di fronte all'evoluzione della specie: alle già menzionate e, in qualche misura ovvie, eccellenti qualità nel gioco in vernice, il nostro aggiunge un ottimo ball handling coniugato ad una velocità d'esecuzione e di pensiero a tratti misteriosa. Condurre un contropiede, andare in coast to coast, costruirsi un canestro in penetrazione o dal palleggio, giocare il pick an roll con l'altro lungo (Hibbert o Bass), sarebbero moves improprie per una PF di quelle dimensioni: non per Randle che ne fa, invece, ulteriori frecce in faretra di un arsenale offensivo impressionate, soprattutto in relazione all'età e alla realtiva esperienza in un contesto del genere.
Tutto al servizio di una stupefacente capacità di leggere il gioco: palla in mano o meno cambia poco. Prendendo ad esempio la gara contro i Blazers, c'è un dato che balza subito all'occhio: nell'intero primo quarto Randle non ha segnato un solo, singolo, canestro dal campo, riuscendo, però, a smazzare quattro assist, tutti partendo da una situazione di proto/para playmaking. Valgano a testimonianza le parole di Jordan Clarkson: "Sapevo quanto fosse veloce e quanto fosse in grado di creare per sé e per gli altri, ma il suo modo di aprire il campo e di interpretare correttamente le spaziature è incredibile. Rende molto difficile organizzare una difesa contro il suo modo di giocare". Semplicemente perfetto in un sistema di read and react, in cui la varietà delle soluzioni offensive è una condizione indispensabile per fronteggiare quanto proposto sera si sera no dalle migliori difese del mondo.
Qualche punto debole c'è, ovviamente. In particolare le palle perse (Randle è il primo Laker per turnovers in pre stagione) e l'efficacia del jump shot: l'1/12 dal mid range fatto registrare fino ad ora non rende certo giustizia a un giocatore del genere, e anche gli scivolamenti difensivi (soprattutto quando viene attirato fuori dall'area dei tre secondi) non sono sempre effettuati con il giusto timing. Difetti scusabili, peccatucci di gioventù che tempo ed esperienza contribuiranno a limare, se non ad eliminare del tutto. Facendo del nativo di Dallas uno dei più efficaci e dominanti lunghi della lega.
Anche la testa sembra essere quella giusta: "Sto lavorando duro per migliorare, per salire di livello. Ogni giorno cerco di perfezionare un dettaglio per adeguarmi al livelloa ltissimo in cui mi trovo. Sento di migliorare giorno dopo giorno e, indubbiamente, essere in grado di variare la mia poszione su entrambi i lati del campo costituirà per me un grande vantaggio".
Sky is the limit, quindi. Con la sensazione che si sia appena iniziata a grattare la superficie di un atleta dalle potenzialità pressoché illimitate. Il futuro è già arrivato. Il futuro è adesso. Il futuro è Julius Randle. Uno che è già arrivato nel presente.