Da oltre quindici anni formano la coppia più vincente dello sport americano. Hanno segnato un'epoca, oltre che modificato per sempre il destino di una franchigia Nba. Gregg Popovich e Tim Duncan, il duo più longevo e di successo del basket americano, si appresta a vivere - insieme, ovviamente - un'altra stagione da protagonisti sul palcoscenico della pallacanestro a stelle strisce.

Dopo un'annata chiusa a 13.9 punti e 9.1 rimbalzi di media, con il 51% di percentuale dal campo, The Big Fundamental, fresco trentanovenne, si è preso un po' di tempo per decidere se continuare o meno la sua avventura in maglia Spurs. Il suo coach si è sempre detto fiducioso sulla possibilità di rivedere il caraibico in campo ancora per un'altra stagione, ed evidentemente sapeva perfettamente il fatto suo, perchè il rinnovo - biennale, peraltro - è arrivato puntuale alla fine di giugno. Non vuole saperne di spezzarsi il legame - a questo punto indissolubile - tra Popovich e Duncan, che hanno da anni instaurato un rapporto particolare, fatto di fiducia e intesa, che sembra andare molto oltre le questioni cestistiche.

Sono in questo senso esplicative le parole pronunciate dal coach di San Antonio all'emittente radiofonica Sirius Xm Nba Radio in riferimento alla prossima stagione: "Duncan? Giocherà le sue solite, noiose partite. Arriverà al campo, segnerà il solito numero di punti, e prenderà il solito numero di rimbalzi. Farà il leader, mi dirà cosa fare durante il corso della gara e poi ce ne andremo a casa. Sarà la solita, noiosa, routine". L'ironia di Popovich lascia ovviamente trapelare tutta la stima e l'ammirazione per il fuoriclasse caraibico, vero e proprio centro motore del sistema di gioco degli Spurs, soprattutto per ciò che concerne la metà campo difensiva. Ma in fondo le frasi di Pop colgono nel segno: Duncan effettivamente produce più o meno gli stessi punti a sera (una quindicina in quest'ultima fase della sua carriera, contro il ventello abbondante dei primi vent'anni), cattura lo stesso numero di rimbalzi (una decina, a seconda del minutaggio), e fornisce il solito contributo di sapienza cestistica ai compagni, salvo salire di livello quando le circostanze lo richiedono (la stoppata su Harden nell'ultima gara di regular season contro i Rockets ne è l'istantanea ideale).

In molti nel corso degli anni hanno considerato gli Spurs "noiosi", oltre che vecchi. Troppo perfetti i loro meccanismi, troppo corale il loro gioco di squadra, un'orchestra che difficilmente stecca, per appassionare anche chi gradirebbe ogni tanto qualche variazione sul tema. Ma se quest'assunto poteva essere valido fino a quattro-cinque anni fa, gli Spurs 3.0 (copyright Manu Ginobili) che sono giunti a conquistare il quinto titolo Nba nella storia della franchigia, hanno messo tutti d'accordo. Impossibile non apprezzare il movimento di uomini e palla, la classe di Manu, le magie di Diaw, la leadership tecnica e umana di Duncan, le scorribande di Parker, e persino i time-out di Popovich ("I want some nasty!" la frase che divenne un culto in una serie contro i Thunder nel 2012). Per i tifosi dei neroargento, o più semplicemente per gli appassionati di basket Nba, la routine di cui parla Popovich sarà estremamente piacevole da sopportare per almeno un altro anno.