Sono passati ormai quasi vent'anni dai tempi in cui a Salt Lake City il duo formato da John Stockton e da Karl Malone faceva sognare i tifosi dei Jazz giungendo per due volte consecutive a giocarsi le Nba Finals contro i Chicago Bulls di Michael Jordan, Scottie Pippen e Phil Jackson. Per molte altre stagioni il coach di quella edizione di Utah, Jerry Sloan, molto più che un allenatore dalle parti del Lago Salato, ha continuato alla guida della squadra, fino a rinverdire parzialmente i fasti del passato, issandosi alla Finale di Conference del 2007 contro i San Antonio Spurs, grazie all'apporto di giovani come Deron Williams e Carlos Boozer.
Quel ciclo dell'epopea dei Jazz si è chiuso il 23 febbraio 2011, quando dopo aspri contrasti con Sloan, Williams chiese e ottenne di essere inserito in una trade con i Brooklyn Nets. Due settimane prima erano sopraggiunte anche le dimissioni irrevocabili del suo primo mentore, al termine di ben ventitrè stagioni sulla panchina del Delta Center (oggi Energy Solutions Arena). Da quel momento molto è cambiato nell'organizzazione degli Utah Jazz. Non ci sono state solo modifiche di staff tecnico e giocatori, con Ty Corbin a prendere l'eredità di Sloan e ottimi atleti come Wesley Matthews e Paul Millsap a cercare di mantenere la franchigia competitiva. Si è iniziato anche a puntare su giocatori giovani, ovviamente di talento, come Alec Burks ed Enes Kanter (attualmente in forza ad Oklahoma City Thunder).
Negli ultimi anni i Jazz hanno rinforzato l'ossatura della squadra inserendo giocatori interessanti come Gordon Hayward, Rudy Gobert, Derrick Favors e Trey Burke, riuscendo però a centrare i playoff solo nel 2012, spazzati via al primo turno dai soliti San Antonio Spurs in quattro gare. Ora, dopo una discreta regular season disputata con coach Quin Snyder in panchina, Utah riparte da Hayward, miglior giocatore della squadra, capace di districarsi bene nei due ruoli di guardia e ala piccola, prendendosi più volte le responsabilità di leader di un roster ancora privo del talento necessario per competere nella Western Conference. Hayward, ottimo passatore oltre che discreto tiratore, ha dimostrato quanto di buono fatto vedere negli anni al college a Butler University (suo l'ultimo tiro da metà campo che avrebbe regalato ai Bulldogs dell'Indiana un incredibile titolo NCAA), crescendo di stagione in stagione fino all'ultima annata che ne ha segnato la definitiva consacrazione.
Su questo venticinquenne da Brownsburg, Indiana, si sono appuntate già le attenzioni di grandi squadre come i Los Angeles Clippers e i Boston Celtics, con Doc Rivers e Brad Stevens che avrebbero fatto follie per inserirlo nei loro roster. Ma i Jazz hanno deciso di puntare su Hayward, vero e proprio faro di un gruppo di giovani che stenta a decollare. I due playmaker Trey Burke e Dante Exum, scelti rispettivamente al Draft del 2013 e del 2014 non hanno infatti ancora convinto nello Stato dei Mormoni. Soprattutto Burke, protagonista nel torneo collegiale con Michigan State ha faticato enormemente nel ruolo di point guard, prima di trovare un minimo di continuità con la cura Snyder. L'australiano Exum ha fatto addirittura peggio nella sua prima stagione Nba: arrivato ai Jazz con grandi aspettative, ha deluso molti dei suoi estimatori, che gli pronosticavano una carriera di successo tra i professionisti.
Completano il reparto esterno Alec Burks, anch'egli finora promessa mancata, e gli altri giovani Rodney Hood ed Elijah Millsap, fratello del più noto Paul. Il reparto lunghi sembra avere invece maggiori margini di miglioramento: partito Kanter, è esploso il gigantesco francese Rudy Gobert, vera macchina di rimbalzi e atleta formidabile, ancora però tutto da costruire dal punto di vista tecnico. Rimane tra i lunghi Derrick Favors, vittima di un'involuzione che non lascia presagire nulla di buono sul suo futuro Nba. In questo quadro si inseriscono le scelte del Draft 2015 Olivier Hanlan e Trey Lyles. Proprio quest'ultimo, diciannove anni da Kentucky, e canadese di passaporto, intriga maggiormente il general manager Lindsey che, nonostante le difficoltà derivanti dal lavorare in un mercato molto piccolo per gli standard Nba, viene considerato dagli addetti ai lavori uno tra i migliori dirigenti dell'intera lega.
Sembra dunque profilarsi all'orizzonte un'altra stagione di transizione per gli Utah Jazz, stante la difficoltà ad attrarre giocatori del mercato dei free agents e a reggere l'impatto della competitività della Western Conference. Toccherà proprio ad Hayward prendersi sulle spalle il destino tecnico della franchigia, prima di decidere se continuare a giocare a Salt Lake City o cercare piuttosto fortuna altrove.