La stagione Nba si è appena conclusa con la vittoria del titolo dei Golden State Warriors, al termine di una cavalcata da sogno durante i playoff. Chi invece ha dovuto fronteggiare una stagione orribile, da dimenticare il prima possibile, è Phil Jackson, ex coach di Bulls e Lakers (dieci anelli per lui tra Chicago e Los Angeles), ora alle prese con l'arduo compito di riportare in alto i New York Knickerbockers, reduci da una lunga sequenza di fallimenti e altri disastri.
Nei giorni che precedono il Draft Jackson è al lavoro per scovare talenti adatti ai nuovi Knicks che ha in mente, in una squadra che possa finalmente definirsi tale e che rispetti i principi di gioco da sempre praticati dal coach zen. Howard Beck di Bleacher Report lo ha intervistato durante una recente visita di Jackson a Chicago, ricavandone una chiacchierata su vari argomenti, dal suo nuovo ruolo a New York sino alla stretta attualità Nba, passando per la controversa triple post offense, al centro delle critiche della stampa della Grande Mela. Ne riportiamo qui la traduzione.
Phil Jackson, la domanda che in molti si pongono è perchè lei sia ritornato in pista, abbandonando il buen retiro californiano per approdare ai Knicks. Perchè mettere a repentaglio la sua reputazione accettando l'incarico di portare a termine un missione del genere?
"Ho sempre avuto grandi obiettivi nella mia vita, e spesso li ho centrati. Posso ritenermi un uomo soddisfatto. Ma non potevo rifiutare la sfida di lavorare alla ricostruzione dei Knicks, reduci da un periodo difficile che dura da tanto, troppo tempo. Tutto ciò è qualcosa che costituisce più di un obiettivo professionale, è la voglia di affermare la validità di un credo cestistico che mi ha sempre accompagnato durante la mia carriera".
Eppure il suo sistema offensivo, la triple post offense, è stato aspramente criticato durante questa stagione.
"Non si tratta solo dell'attacco a triangolo. Quello che mi interessa è vedere la mia squadra muovere la palla in un sistema di gioco che veda tutti e cinque giocatori in campo attivi e coinvolti. E' cio che accade in squadre come San Antonio, Atlanta, Golden State che pure non utilizzano la triple post offense".
Ma lei non ha mai utilizzato così insistemente il pick and roll come fanno le squadre che ha appena citato.
"E' vero. Infatti non tutto quello che vedo in quegli schemi di gioco mi piace: una serie infinita di pick and roll, giocati a ripetizione nella stessa azione, uno dopo l'altro, per costruire tiri da tre punti. Il basket di oggi rispecchia la società di cui facciamo parte: c'è molta individualità nell'uno e nell'altra".
Cosa intende dire?
"Ho visto molte gare di playoff recentemente. E ciò che generalmente la gente chiama "attacco" in realtà non è altro che dare la palla in mano a un giocatore, mentre gli altri quattro lo guardano avanzare da solo contro la difesa avversaria".
Si riferisce ai Cleveland Cavs e a LeBron James?
"Mi riferisco a lacune strutturali del basket che si gioca oggi, che riguardano anche i fondamentali dei singoli giocatori. Vedo LeBron e penso che ogni volta che riceve la palla commette infrazione di passi. Appena ha il pallone in mano muove entrambi i piedi, sempre. Ecco perchè dico che questo non è il modo corretto di giocare a basket, senza la giusta attitudine tecnica e di disciplina. E ciò vale anche per chi porta i blocchi: ormai i giocatori non bloccano più, ma spingono via con le mani gli avversari".
Quindi non è solo un problema di organizzazione tattica.
"Il basket di oggi mi infastidisce. Mi chiedo come potremmo allontanarci di più di quanto stiamo facendo dal modo corretto di giocare a basket. Se invece si fornisce ai giocatori uno spartito o una struttura ben definita - un po' come accade nel jazz - questi impareranno a conoscerne il ritmo e le parti essenziali dei loro ruoli. Solo dopo potremmo insegnare loro come improvvisare. Ed è esattamente quello che vogliamo fare ai Knicks".
Come pensa di riuscirci?
"Vogliamo che ciascun giocatore sappia fare la giocata giusta per i suoi compagni di squadra, e che tutti possano cambiare posizione sul campo per costruire un buon attacco. Questi sono i principi della triangle post offense, il resto ha minore rilevanza. Ed è questo il futuro del basket di New York".
Ex giocatori dei Knicks come Shumpert, Jr Smith e Chandler hanno però cambiato passo lontano dalla Grande Mela.
"Smith non può essere il tipo di giocatore adatto all'organizzazione e alla struttura di gioco di cui stiamo parlando. Ecco perchè lo abbiamo lasciato andare, ma siamo comunque contenti per lui. Tyson Chandler ha preferito tornare in una franchigia di cui ha contribuito a scrivere la storia. Può dare ancora tanto ai Mavs. Ma ora per noi è il tempo di ricostruire e non di pensare a giocatori che non fanno più parte della nostra squadra".
La difesa dei Knicks è stata a tratti imbarazzante quest'anno.
"La fase difensiva è il cambiamento più importante a cui dobbiamo puntare per la prossima stagione. Deve essere il nostro punto di partenza per costruire una squadra che sia anche mentalmente orientata verso la difesa".
Ma in una franchigia come quella di New York tifosi e stampa vogliono risultati immediati.
"Non mi interessa ottenere risultati effimeri, magari di un solo anno o due. Il mio obiettivo è costruire un'organizzazione di basket che sviluppi giocatori e che vada oltre la durata temporale del mio incarico. E' ciò che mi ha chiesto Dolan, un sistema che sopravviva ai cambi di allenatore e di dirigenti".