A quarant'anni di distanza dall'ultima volta, i Golden State Warriors si aggiudicano il loro quarto titolo Nba nella storia della franchigia, sconfiggendo alla Quicken Loans Arena i padroni di casa dei Cleveland Cavaliers per 105-97 nel sesto atto della serie finale. E' il trionfo della squadra più forte e continua dell'intera stagione, guidata in panchina da Steve Kerr (primo coach esordiente a vincere il titolo dai tempi di Pat Riley nel lontano 1982), e animata da giocatori dal talento immenso come gli Splash Brothers Stephen Curry e Klay Thompson, coadiuvati dall'immenso Andre Iguodala di questo giugno e da un Draymond Green ancora una volta decisivo. La serie si chiude dunque 4-2 a favore dei Warriors, capaci di cambiare ritmo dopo essere stati sotto 2-1 e di vincere le ultime tre partite delle Finals per domare la resistenza degli splendidi Cavs di LeBron James che, ancorchè privi di Kyrie Irving e Kevin Love, sono andati oltre i propri limiti, rendendo ogni singola della gara della contesa uno spettacolo fantastico e incerto. Come per il 2014, quando l'Mvp delle Finals fu Kawhi Leonard, anche quest'anno il premio intitolato al leggendario Bill Russell finisce nelle mani di un outsider, quell'Andre Iguodala decisivo per le sorti dei suoi, autore di un'altra prova maiuscola con 25 punti, 5 rimbalzi e altrettanti assist.
La gara inizia con i Cavs immediatamente avanti sul 7-2, sospinti dall'impeto della propria gente e dal furore agonistico di James e Tristan Thompson. Rimasti indenni di fronte alla sfuriata iniziale degli avversari, i Warriors cominciano a macinare il loro gioco offensivo, fatto di pick and roll tra Curry e Green, da cui derivano tiri da tre punti piedi per terra per Barnes, Thompson e Iguodala, di contropiede e transizione difensiva, con l'mvp della regular season sempre pronto ad accendersi con le consuete magie. Il primo quarto si conclude con il parziale di 28-15 per gli ospiti che, salvo un passaggio a vuoto a inizio secondo tempo, condurranno in vantaggio tutta la partita, costringendo Cleveland a inseguire nel punteggio e nel gioco. David Blatt - criticatissimo per aver fatto a meno di Mozgov in gara-5 - ripresenta il russo in campo con continuità insieme a Thompson, cercando di sfruttare matchup favorevoli contro i più piccoli Green e Barnes (quest'ultimo caldissimo nel tiro dall'arco) e di raccogliere valanghe di rimbalzi offensivi. Ma è nella metà campo difensiva che i Cavs faticano enormemente: riescono a ottenere una buona difesa dal ferro, ma sono costretti a close-out miracolosi sui tiratori scelti dei Warriors, con Mozgov costretto a battezzare Iguodala, che ha ogni volta metri di spazio per i suoi tiri, da tre o da due non fa differenza.
Il secondo quarto vede la gara farsi, se possibile, ancora più fisica, a tutto vantaggio di Cleveland che, in virtù dell'abbassamento del ritmo che deriva dai fischi arbitrali sui vari scontri sul parquet e, approfittando di un Klay Thompson mai in partita per problemi di falli (5 punti il suo bottino finale), riescono a riportarsi sotto fino a giungere al meno due (43-45) sulla sirena dell'intervallo lungo. La contesa riprende con i Cavs ancora capaci di produrre un ulteriore sforzo, prima di soccombere sotto i colpi di Curry e Green. Ispiratissimo l'uomo da Michigan State che firma una tripla doppia da 16 punti, 11 rimbalzi e 10 assistenze. Ma è ancora una volta la panchina di Golden State a risultare decisiva, grazie al fantastico impatto di Shaun Livingston e Festus Ezeli, 20 punti in due, lucidissimi nel momento chiave della gara. Dall'altra parte James risente della stanchezza e sembra non crederci più di tanto, vedendo il vuoto offensivo di fianco a sè, con i soli due lunghi capaci di produrre un contributo realizzativo apprezzabile, laddove Dellavedova, Shumpert e Jones si fanno notare solo alla voce non pervenuti.
L'ultima frazione di gioco si conferma il terreno di caccia preferito di Stephen Curry. Il play dei Warriors trova immediatamente una tripla dal mezzo angolo e dispensa assist deliziosi per Iguodala e Klay Thompson per l'89 a 75 che ipoteca il titolo per i ragazzi di Steve Kerr. Cleveland cerca un'ultima, disperata reazione, provando a mandare in lunetta lo stesso Iguodala con la tecnica del fallo sistematico ma la mossa di Blatt ha il solo effetto di forzare il cambio del numero 9 in maglia Warriors, sostituito dal sempre affidabile Livingston. Nel finale si risveglia Jr Smith, autore di tre triple consecutive, che tuttavia non riescono a fermare la corsa di Golden State, rallentata solo da qualche indecisione ai liberi di Draymond Green, e conclusa con la vittoria finale per 107-95, con Curry che può finalmente lanciare per aria il pallone della finale in un impeto di gioia e commozione.
LeBron James chiude la sua straordinaria serie con una doppia doppia da 32 punti e 18 rimbalzi, meno lucido e attivo rispetto alle gare precedenti, probabilmente consapevole che la logica non avrebbe fatto sconti ai suoi Cavs, ancora a secco di titoli Nba anche nella stagione del suo grande ritorno. James esce a testa altissima dalle Finals 2015, avendo dimostrato al mondo intero di essere ormai un giocatore totale, dal punto di vista tecnico e psicologico, un leader assoluto cui è mancato il supporto dei suoi compagni più talentuosi, quei Love e Irving la cui assenza costituirà fonte di rimpianti per tutta l'estate in quel di Cleveland. Splendidi il saluto e i complimenti di LeBron a Steve Kerr e Stephen Curry, a dimostrazione del fatto che i fuoriclasse si vedono anche nella sconfitta.
La serata della Quicken Loans Arena si chiude con la festa dei nuovi detentori del titolo Nba, i Golden State Warriors già campioni della Western Conference, pazzi di gioia nel celebrare un trionfo che pochi mesi fa sembrava molto lontano, con Curry e compagni che accarezzano il Larry O'Brien Trophy come coronamento e allo stesso tempo nuovo inizio della loro carriera. Andre Iguodala riceve da Bill Russell in persona il premio di Mvp delle Finals mentre i tifosi di Cleveland abbandonano il palazzo tributando il giusto onore ai loro Cavs. Da oggi l'Nba ha dei nuovi padroni, i Golden State Warriors di Steve Kerr e Stephen Curry. Se ciò significherà l'alba di una nuova Dinastia destinata a dominare la lega per i prossimi anni è difficile prevederlo, ma di certo i ragazzi della Baia non hanno intenzione di fermarsi qui.