Prendete una squadra che in gara1 è andata ad un passo dalla vittoria, si è presentata a queste Finals senza Anderson Varejao, il proprio centro migliore e senza Kevin Love, e che proprio nella suddetta gara1 ha perso anche il proprio miglior playmaker, nonchè secondo violino in fase offensiva, cioè Kyrie Irving. Sotto l'altro canestro mettete la squadra che ha dominato la regular season, che ha superato turno dopo turno in grande scioltezza e che si presenta a questa gara2 con la consapevolezza di poter mettere un marchio, quasi definitivo, sulla serie e sulla caccia all'anello. Mettendola così, questa serata sembrava prendere una piega ben determinata: quasi tutti avrebbero detto "vincono i Warriors, si tornerà in Ohio sul 2-0", mentre tutti gli altri si sarebbero ancor più sbilanciati, dando una netta vittoria a Curry e compagni in questo secondo episodio della serie. E invece, i Cleveland Cavaliers hanno conquistato una vittoria straordinaria, sia per il peso che ha nella serie in termini di punteggio, con la quasi inespugnabile Oracle Arena violata con grande autorità, sia per il modo in cui è arrivato questo successo, sotto entrambi i canestri.
LeBron James ha trascinato ancora una volta la propria squadra verso la vittoria, soprattutto con l'atteggiamento giusto che è riuscito a trasmettere a una squadra inizialmente timida, ma che è cresciuta, giocatore per giocatore, nel corso della partita. Basti pensare agli otto pesantissimi punti di James Jones nel secondo quarto, passando per il terzo quarto dominante di un insospettabile Timofey Mozgov sotto entrambi i canestri e chiudendo con i canestri d'oro massiccio dei vari Dellavedova, Smith e Shumpert negli ultimi dodici minuti di gioco. E se andiamo a cercare altre risposte sulla vittoria dei Cavs a Oakland, possiamo valutare anche il dato relativo ai rimbalzi: Tristan Thompson non segna neanche un canestro dal campo ma ribadisce il proprio dominio, già dimostrato nelle serie contro Chicago e Atlanta, affiancato in questa gara2 dal solito LeBron e da un Mozgov che sta dimostrando di valere un posto di assoluto prestigio in questo circo itinerante che sono le Finals NBA, dopo aver dominato in Europa e aver arrancato nei primi anni dall'altra parte dell'Oceano Atlantico.
Ovviamente, la scena è tutta per The Chosen One, giunto alla tripla doppia numero 5 nella sua storia nelle Finals NBA, e che nelle prime sfide a distanza contro lo spauracchio Steph Curry ha già raggiunto quota 80 punti complessivi: dopo i sontuosi 44 di una gara1 accarezzata e poi volata via, James ha realizzato 39 punti dimostrando ancora una volta di poter colpire in tutte le maniere. Da dietro la linea dei 3 punti, entrando in terzo tempo, con il palleggio arresto e tiro oppure raccogliendo il rimbalzo d'attacco: il campionario offensivo del giocatore di Akron continua a essere vasto. E se i compagni lo aiutano, diventa tutto più semplice. Abbiamo già parlato del contributo a rimbalzo di Thompson e Mozgov, ma è impossibile non notare l'impatto nell'ultimo periodo di Matt Dellavedova, autore di tre canestri pesantissimi e di una difesa pazzesca su Curry. L'australiano ha difeso alla morte su ogni giocatore che passasse sul suo cammino, mostrando grande cuore e grande fisicità a dispetto di un corpicino da playmaker degno, a occhio, di un posto in una squadra europea o poco più. E i tiri liberi conquistati e segnati a 10 secondi dalla fine del supplementare, che di fatto hanno regalato alla sua squadra il punto dell'1-1, sono l'esempio lampante di ciò che Matt può dare alla causa di Cleveland. Ha rischiato di pesare, ma per fortuna dei Cavs non è accaduto, la consueta leggerezza con cui J.R. Smith ha approcciato la fase difensiva: un paio di falli decisamente evitabili, Thompson lasciato segnare a volte con troppa libertà di esecuzione, ma in fase offensiva l'ex Knicks ha saputo dare il proprio contributo.
Passiamo alla difesa, la vera arma letale che i Cavaliers hanno sfoderato nel secondo episodio di una saga degna di Star Wars. I Warriors sono andati, per la prima volta dall'inizio della stagione, sotto la quota dei 60 punti alla fine del terzo quarto, e hanno toccato quota 70 solo a quattro minuti e mezzo dalla sirena finale. Un dato clamoroso che si aggiunge a quelli individuali: Klay Thompson, ad esempio, ha giganteggiato nella metà campo difesa da Cleveland, realizzando 34 punti e sobbarcandosi la squadra sulle spalle per gran parte dell'incontro. Ma oltre all'exploit offensivo del numero 11 c'è poco o nulla da segnalare per i ragazzi guidati da Steve Kerr, con una serata decisamente negativa per Curry. Il figlio di Dell aveva trovato il gioco di prestigio del canestro del pareggio, a 7 secondi e due decimi dalla fine dei regolamentari, ma la sua serata parla di un 5/22 dal campo, con addirittura due soli canestri su 15 tentativi da dietro l'arco. Una serata negativa per l'MVP della stagione e per il giocatore più atteso di tutta la serie, che fa da specchio fedele di una gara2 da dimenticare, almeno sul piano offensivo, per Golden State. Ma d'altro canto ci sarà sicuramente una voglia matta, per il numero 30 dei Warriors, di rimediare a questa serataccia fin da gara3, che per sua fortuna non è poi così lontana. Più in generale, i padroni di casa si sono fermati al 22,9% dalla lunga distanza, raccogliendo ben dieci rimbalzi in meno dei Cavs e perdendo cinque palloni in più. Numeri che sembrano freddi e fini a se stessi, ma che in realtà danno la misura di quanto potrebbe essere sanguinosa, a lungo andare, questa sconfitta, specialmente se contro una squadra che ha tirato con il 32,2% dal campo.
Più di un elemento, dunque, sembra deporre in favore dei Cleveland Cavaliers in vista delle tre partite da disputare alla Quicken Loans Arena. Il calore del proprio pubblico, la mano caldissima di LeBron James e l'assistenza sempre più concreta dei "cavalieri" pronti a dare tutto per il proprio Re, sono tre elementi che danno la misura delle reali possibilità di Cleveland di conquistare il titolo. Ma dall'altra parte, appare difficile che Curry abbia una serata al tiro pessima, come quella appena trascorsa.