Vincere alla Oracle Arena è un'impresa, titanica, enorme. Se poi ci metti un fattore campo difficilmente, quasi impossibile da sovvertire, le possibilità di vincere una serie si riducono ad un lumicino fine e sottile. James Harden ed i suoi Rockets avevano, a otto secondi dal termine, la chanche non ultima, ma quasi, di riaprire la serie, ma non è stato così. Stephen Curry ed i suoi 33 punti trascinano, grazie ad una difesa strepitosa i Warriors al 2-0 nelle Finali di Conference della Western Conference ed adesso si trasferiranno in Texas con l'animo leggero di chi sa bene di avere alle spalle due match point in casa da gestire.
L'ago della bilancia pende vistosamente ed il tassametro tende a correre e spingere Houston spalle al muro. Già, anche se siamo solo agli albori della serie, il "barba" è già costretto, in casa, a vincere le gare da qui al ritorno nella baia se vuole avere chance di arrivare alle Finals.
Golden State parte forte, fortissimo. Step è indemoniato e, complice una difesa forse troppo morbida per rispettare l'Mvp della Lega, infila quattro triple nel solo primo quarto. Il margine si dilata, facendo presagire una gara ben più semplice di quanto ci si aspettasse. Più otto alla prima sirena, con Step che scrive 15 ed il barba (7), aiutato da Howard (5), tiene a galla gli ospiti. Houston fatica, contro i ritmi e la pressione difensiva degli uomini di casa, gasati dal pubblico della baia che intravede sempre più vicino lo striscione del traguardo delle Finals. I Rockets non riescono a contenere tagli e folate dei Warriors che, nei primi minuti dal secondo quarto diventano irresistibili, fino al +17 che sa di Ko tecnico (49-32). Il solito duo dei Rockets, coadiuvato dall'esperienza del Jet Terry, ricuciono però lo strappo, raffreddando i bollenti spiriti della Oracle Arena. Harden fa pentole e coperchi e con 12 punti di fila a cavallo degli ultimi tre minuti di gara impatta clamorosamente a quota 55, tra lo stupore e la shock dei presenti.
Houston c'è e si vede, finalmente si vede agonismo difensivo e tanta competitività in campo, sportivamente parlando. La sfida sale di colpi, a suon di triple: gli splash brothers da una parte, con Thompson seppur defilato comunque in partita e sempre pronto ad azzannare, Terry ed Ariza dall'altra, che spalleggiano il solito James. Si entra nell'ultimo quarto in sostanziale parità, con Curry che risponde assieme a Draymond Green tutti i tentativi di sorpasso dei Rockets. "Gli attacchi fanno divertire, ma le difese vincono i campionati": un motto che sarà la fotografia di questa gara due, che può diventare il barometro di una serie che finora ha detto Warriors, anche se di poco. Golden State si rintana, come Leonida alle Termopili, e stoppa, con Barnes, Green e Bogut, tutto ciò che passa dal pitturato e dintorni, regalando a Step la possibilità di chiuderla dalla parte opposta: detto, fatto. Due jump shot in rapida successione sembrano mettere la parola fine alla gara, regalando il più otto in due occasioni agli uomini di Steve Kerr. Entrambe le volte però i Rockets tornano, come dal 98-90 ad un minuto dalla sirena. Harden avrebbe la chance, sul 99-98, ad otto secondi dal termine, dopo un brutto layup in rovesciata di Barnes, di scrivere un'altra pagina di storia, ma Step, si sempre lui, gli scippa la palla della vittoria. Game over.