Sembrava un sogno. Una chimera. Una montagna, di quelle altissime, impossibile da scalare. Eppure i Pelicans, col cuore, con la grinta, con la voglia dell'underdog che ha mille e più motivazioni, getta il cuore oltre l'ostacolo e batte i Campioni del Mondo in carica, garantendosi un posto nell'Olimpo del basket, consegnando il succo dell'amaro calice agli Oklahoma City Thunder e Russell Westbrook. Anthony Davis è, inevitabilmente, l'idolo del pubblico, festante, delirante, ebbro di gioia e di lacrime (quasi) per un traguardo che due ore prima sembrava quasi impossibile da raggiungere.
Lo Smoothie King Center trasuda di passione, ma anche di timore, reverenziale, quello nei confronti della squadra più in forma della Nba tutta (forse anche della squadra ancora migliore di tutte), ma anche nei confronti della propria squadra, giovane, ingenua, del tutto priva di esperienza in partite così decisive ed importanti. E l'inizio un pò fa intravedere questa tensione (normalissima), negli occhi e nelle mani dei padroni di casa, che stentano, imbrigliati da un labirinto mentale dal quale, per fortuna della partita, si libereranno molto presto.
Gli Spurs iniziano sornioni, come delle vecchie volpi in attesa dell'errore dei giovani pellicani per azzannare la preda. Invece succede, come spesso accade, che un episodio fa svoltare ed esaltare i ragazzi. Asik piazza i primi due canestri della gara, pareggiando i quattro punti di Baynes dalla parte opposta. Davis si mette a lavoro, ma Parker, con un primo quarto da favola, risponde ad ogni iniziativa del "monociglione" (saranno 8 i punti di TP a fine primo quarto). Fino al 20-18 regna l'equilibrio, poi Davis ruba palla in difesa, vola in contropiede e schiaccia per l'urlo liberatorio della folla e dei compagni.
Gara che cambia in un amen: quattro punti di Davis, cinque di Evans e la zampata di Ryan Anderson che entra dalla panchina con la tripla mandano New Orleans sul +13. Il jumper di Holiday sulla sirena è la ciliegina su un primo quarto strepitoso degli uomini di Marvin Williams, che però predica calma, conscio di aver messo in valigia solo un quarto del bottino totale.
L'inerzia, la voglia, la cattiveria agonistica, nonostante gli Spurs giochino con determinazione ed intenti bellicosi per difendere il loro secondo posto, è tutta dalla parte di Davis e compagni, che tornano in campo riprendendo da dove avevano lasciato: non ci vuole molto a vedere il tabellone segnare uno stranissimo più venti, con il solo Diaw (6 di fila), che cerca di mettere il bastone tra le ruote dei padroni di casa. Davis lascia il campo tra il boato della folla, ma i compagni non ne risentono: Norris Cole ne mette 13 in metà frazione di cui 9 consecutivi, regalando ai Pelicans il massimo vantaggio (+23, 54-31).
Le percentuali degli Spurs iniziano però a salire di colpi, lasciando intuire ai presenti che i campioni sono tutt'altro che morti: il duo francese Boris-Tony confeziona 12 degli ultimi punti del quarto della squadra di Popovich, spezzando la fiducia ed il fiato a Cole e compagni, che sembravano viaggiare sulle ali dell'entusiasmo. La palla inizia a circolare maggiormente, le soluzioni offensive sono migliori, ed il risultato cambia: alla sirena di metà gara è "solo" -16, una manna per quello che s'è visto sul parquet.
L'intervallo mette nelle giovani teste dei padroni di casa tanti pensieri, positivi certo, ma anche ansia e tensione, misti ad una paura di non raggiungere un risultato che oramai vedono praticamente a portata di mano. Evans prende per mano la squadra nei primi minuti di terzo quarto, mantenendo intatto il vantaggio e rispondendo ad ogni colpo ospite inflitto dalle mani di Leonard (12) e del solito Parker tarantolato. Gli Spurs alzano l'intensità difensiva e, grazie anche ad alcune scelte poco felici dell'attacco di Williams, tornano a contatto sul -10.
Davis riprende in pugno la situazione, rifilando un altro break che potrebbe assomigliare ad una spallata decisiva per la maggior parte delle squadre. Ma non per gli Spurs. Dal nuovo +18 si torna di nuovo a contatto alla sirena che divide terzo e quarto periodo, ma questa volta i protagonisti sono diversi dal solito: Mills e Ginobili si iscrivono a referto, ed alla gara, con 8 punti di seguito (2/2 da tre, una tripla pro capite).
Lo show dell'australiano non sembra fermarsi ed un gioco da tre punti, ad aprire l'ultimo quarto, regala la singola cifra di svantaggio ai viaggianti. E' il momento più difficile per i Pelicans: il castello costruito nel corso della gara, ed anche bello robusto e consistente, si sgretola pian piano, con quei vecchi volponi (Diaw in testa al gruppo), che rosicchiano punti su punti. Il francese fa due giocate senza alcun senso, ma ne ricava quattro punti che sono oro che cola: San Antonio è a -4 e Williams, dopo tre azioni di hack-a-Asik (fallo sistematico sul turco che spara 2/7 dalla lunetta, giustificando la scelta di Pop), rimette la palla in mano a Davis, che risponde da fenomeno nonostante l'età.
New Orleans tiene, gli Spurs non arrivano quasi mai ad un possesso di distanza, anzi: Davis ne mette quattro in un minuto (due dalla lunetta, due in testa a Duncan), mentre Gordon piazza la tripla centrale che manda in visibilio il pubblico. Più undici a cinque dalla fine. La terza spallata è quella giusta: dopo le prime due che hanno visto i campioni rialzarsi, i Pelicans serrano le fila in difesa e lottano su ogni pallone come se fosse l'ultimo della loro carriera. Due stoppate consecutive di Davis a Leonard e Diaw, in due possessi chiave, mettono la definitiva parola fine alla contesa.
L'applicazione, difensiva e mentale, paga i dividendi sperati: la sirena finale regala, oltre al successo, un traguardo insperato fino ad un mese fa, quando Davis e compagni erano lontani dall'ottavo posto, in cassaforte o quasi, dei Thunder. Non hanno mai smesso di crederci, di sperarci. Ed il risultato è arrivato. Davis si conferma star di primissimo livello, e merita il podio nella corsa al titolo di Mvp.
San Antonio si ritrova catapultata, in una notte, da seconda a sesta della Western Conference, ma nella sfortuna di non avere più il fattore campo dalla propria parte, la fortuna degli Spurs è quella di essere capitati dalla parte di tabellone opposta a quella degli Warriors. Il primo turno vedrà Popovich e i suoi scontrarsi con i Clippers di Los Angeles, mentre, in un'eventuale semifinale di Conference, affronterebbero la vincente del derby texano tra Houston e Dallas.
New Orleans si regala un primo turno nella postseason contro i Golden State Warriors di Stephen Curry e Steve Kerr, dove ovviamente non partiranno con i favori del pronostico. Tuttavia, anche stanotte, prima della gara, in pochi avrebbero scommesso su Evans e Gordon, su Marvin Williams e Ryan Anderson: sulla forza e sul talento dell'unibrow, però, forse si.