Tutto troppo facile. La festa è qui, alla Oracle Arena di San Francisco. Gli animatori della serata sono Stephen Curry e compagni, ed è un piacere vederli. Oltre alla solita dose di spettacolo, c'è l'attenzione e l'applicazione difensiva delle grandi occasioni: nella baia arriva, anzi ritonra quel Kevin Durant che un mese fa ne mise 30 in 19 minuti. Golden State allo stato attuale delle cose non solo è una serissima candidata al titolo, forse la numero uno, ma difende da squadra di livello altissimo: ed è questa la vera chiave di lettura della gara, oltre alla pioggia di triple solita del primo tempo. 

L'attacco è una conseguenza della difesa, della positività che infonde una stoppata, degli sfondamenti subiti e delle palle recuperate: il tutto applicato ad una capacità di correre in transizione e trovare sempre il compagno più smarcato per il tiro nella maniera più facile possibile. Il sunto dei primi due quarti dei Warriors potrebbe essere questo: una squadra contro una serie di uno contro uno fine a se stessi. I Thunder si sciolgono molto presto, prestissimo. Durant e Westbrook faticano a trovare il canestro e la conseguenza è una squadra blanda che stenta ad entrare in partita. L'inizio è da brividi: prima 10-4, poi 22-11. Klay Thompson è indemoniato e ne piazza 12 nei primi 6 minuti di gioco per poi essere fermato da due falli alquanto dubbi. Altrettanto accade a Green e Curry che Kerr prontamente richiama in panchina, dopo che il 30 abbia fatto ammattire abbastanza l'intera difesa dei Thunder con giocate degne di un Globetrotter. L'entusiasmo è troppo, Barnes ci mette tanta difesa e tiri piazzati in attacco e Steve Kerr trova Holiday dalla panchina che risulterà chirurgico e fondamentale nel parziale che chiuderà di fatto la gara nel secondo quarto. Tornano sul parquet Green e Barnes e piovono triple: i due prendono il posto degli Splash Brothers e con 3 tiri da tre consecutivi in transizione mandano i titoli di coda al match già al 18': 48-30, Ko tecnico. Durant continua a forzare (chiuderà con 3/16), Westbrook aumenta il bottino personale soltanto dalla lunetta (5/21 dal campo), ma quello che sorprende di Oklahoma è la mancanza di spirito che da sempre era solita della squadra di Brooks. Ancora Barnes (a fine gara saranno 23, season high) e Holiday mandano i Warriors a riposo sul +20. La ripresa è un garbage time di 24 minuti, dove i Thunder continuano a faticare contro la difesa schierata di Kerr: i Warriors, contrariamente a quanto non facessero gli altri anni chiudono alla perfezione il pitturato, con qualsiasi uomo a disposizione. Draymond Green è l'autentico padrone della scena e a turno viene aiutato a rimbalzo come in aiuto da Lee, Barnes e Marreese Speights. E' quì la vera differenza dei nuovi Golden State, quello che potrebbe far fare il definitivo salto di qualità alla squadra della baia e permetterle di arrivare fino in fondo. Vincere aiuta a vincere, e questi Warriors lo fanno nel modo più spettacolare e migliore possibile, con una dose di cinismo che non guasta mai. 

"Non abbiamo giocato bene, non c'è scampo di uscire indenni da quì senza giocare decentemente. Ci hanno surclassati, sono attualmente la migliore squadra della Lega e gliene dobbiamo dare atto" commenta un deluso Scott Brooks a fine gara. Durant è invece più laconico, sintetico: "Bisogna dare loro merito di essere un'ottima squadra, anche se noi abbiamo sbagliato tutto quello che potevamo". Draymond Green a fine partita ha invece esaltato il gruppo dei Warriors ed il suo coach: "E' fantastico, ci sprona a dare sempre il massimo dicendoci che siamo una squadra forte e che possiamo divertirci giocando, ed è così. Ogni volta che scendiamo in campo è come se fosse una festa. Siamo una bella squadra". Kerr invece preferisce non fare proclami e chiudere: "Siamo una buona squadra, in un buon periodo". Certo Steve, un periodo che dura da 5 mesi.