Di questi tempi nel Wisconsin non è bello sentir nominare il numero 15. Ancor più doloroso è pensare che la stessa squadra che ha appena avuto la sua peggior stagione è una delle franchigie storiche: insomma, per i Milwaukee Bucks non è un buon momento. Si cerca il riscatto dopo essere stati i fanalini di coda della scorsa annata, e non solo dell'Est, perchè nessuno nell'intera lega è riuscito a collezionare così poche vittorie. Per farlo è arrivato un nuovo coach, Jason Kidd, ed è stato selezionato al draft con la seconda scelta assoluta Jabari Parker da Duke. Difficile pensare che basterà il suo innesto, ma attenzione alle tante variabili...
THE GOOD OLD TIMES - Eppure un tempo era diverso. Ok, era anche un altro basket, verissimo, ma se prima abbiamo definito i bistrattatissimi Cervi come "franchigia storica", un motivo c'è: il titolo del 1971, arrivato dopo soli tre anni, è un record di precocità, visto che nessuna nuova franchigia è riuscita a vincere in così poco tempo dalla sua nascita. Quelli erano i Bucks di Lew Alcindor, passato alla storia come Kareem Abdul-Jabbar, e di Oscar Robertson, mr. triple-double: nella stagione 1961/62, con la divisa dei Cincinnati Royals (attualmente Sacramento Kings), tenne una tripla doppia di media stagionale, nel dettaglio 30,8 punti, 12,5 rimbalzi e 11,4 assist a partita. Dopo il titolo, la cessione di Abdul-Jabbar nel 1976 cambiò totalmente volto al roster dei Bucks, che ripartirono con Don Nelson in panchina e tanti giovani in campo: i frutti di questi anni di transizione si sarebbero visti nel periodo tra 1l 1980 e il 1986, quando arrivarono 7 primi posti consecutivi nella loro division (Midwest nel 1980, ridenominata Central dal 1981 al 1986), fermandosi però tre volte alle finali di Conference, senza mai andare oltre. Era la squadra di Sidney Moncrief: dopo la sua cessione la squadra sprofondò nei bassifondi della lega per tutti gli anni '90: dal 1992 al 1998 la squadra non arrivò mai ai Play-off e nemmeno riuscì a raggiungere il 50% di vittorie in regular season. L'ultima grande stagione fu quella del 2001, conclusasi a gara 7 delle finali di Conference, perse contro i Sixers di un certo Allen Iverson. Da lì in poi la squadra tornò nella mediocrità, non riuscendo mai a passare il primo turno per le successive 5 partecipazioni ai Play-off in 13 stagioni.
TOCCARE IL FONDO - L'apice di questa mediocrità si è raggiunto nella scorsa stagione, la peggiore di sempre di tutta la storia dei Bucks: 15 vittorie e 67 sconfitte, per una percentuale di vittorie del 18,3%. Le cessioni di Ellis e Jennings nell'estate del 2013 hanno tolto anche quel briciolo di entusiasmo rimasto alla squadra: i due erano infatti gli unici in grado di vincere le partite da soli. Che poi siano giocatori che ne possano mettere 40 una sera e per le due successive tirare con il 20% dal campo è un'altro discorso, però almeno quella vittoria la portavano a casa. A complicare il tutto ci si è messo l'infortunio di Larry Sanders, il lungo di riferimento, e diciamo che Zaza Pachulia in quintetto per quasi tutto l'anno non è esattamnte il sogno di ogni allenatore. L'emergere di giovani interessanti come Middleton, Wolters e Antetokounmpo ha dato speranza per il futuro ma non ha salvato la stagione, il povero Brandon Knight ha pure fatto il possibile, tenendo una media di 18 punti a partita, ma il destino era già segnato. In tutto ciò poteva esserci un solo risvolto positivo: una scelta altissima al draft. Non è andata poi così male...
IT'S JABARI-TIME - "With the second pick in the 2014 NBA Draft, the Milwaukee Bucks select... JABARI PARKER from Duke University". Ma come "second"? Peggior stagione e nemmeno la prima scelta? Ebbene no, perchè l'urna con le palline ha sorriso a Cleveland. Beh, tutto sommato poteva andare peggio, visto che è arrivato uno dei due principali talenti, forse il più NBA-ready: Jabari Parker sarà la nuova ala piccola dei Bucks per i prossimi anni. Talento offensivo da vendere e mille soluzioni in faretra. Non è stato però l'unico innesto: è arrivato un tiratore purissimo come Jared Dudley, per cui Milwaukee ha dovuto sacrificare Carlos Delfino, oltre che a Raduljica e varie scelte, mentre per rinforzare il back-court ecco due point guard diversissime tra loro: un passatore puro come Kendall Marshall, rilasciato con troppa fretta dai Lakers, e l'aggressivo ed esplosivo Jerryd Bayless, pescato nella costless agency. A scadenza di contratto è andato invece Ramon Sessions, unica vera perdita estiva, per una squadra che si è senza dubbio rinforzata, grazie anche al rientro di Sanders dall'infortunio.
IL NUOVO STARTING-FIVE - Si riparte dalle certezze: Brandon Knight sarà per certo il playmaker titolare dei nuovi Bucks di Jason Kidd. Ormai una certezza, il prodotto di Kentucky si appresta a cominciare il suo quarto anno nella NBA, il secondo nel Wisconsin. Dubbi invece sulla shooting guard che lo affiancherà: lo scorso anno, in particolare nella seconda metà di stagione, toccò a Nate Wolters, ma potrebbe essere anche OJ Mayo, o addirittura il nuovo arrivato Jared Dudley, mentre sembra più difficile pensare che sarà Giannis Antetokounmpo, più adatto per fare il vice di Jabari Parker nel ruolo di ala piccola. Da 4 potremmo vedere Ersan Ilyasova, con John Henson, 11 punti e 7 rimbalzi di media la scorsa stagione, che dovrebbe uscire dalla panchina. Nel ruolo di centro invece pochi dubbi: l'uomo con il contrattone (44 milioni in 4 anni) Larry Sanders è pronto per cominciare la nuova stagione, con tanto di occhiali alla Amar'e Stoudemire, e tornare a dominare sotto le plance, dopo che nel 2012, con 2,8 stoppate a partita, è stato il secondo migliore della lega in questa statistica, dietro solo a Serge Ibaka.
LA (RISING) STAR: JABARI PARKER - Quando il brand Jordan ti mette sotto contratto ancora prima di essere scelto al Draft, qualcosa di speciale ce l'hai di sicuro. E Jabari Parker quel qualcosa ha dimostrato di averlo in tutta la sua carriera scolastica: non vi sto nemmeno ad elencare tutti i premi vinti con la sua Simeon High School, vi diciamo solo che sono tanti, troppi, e già a 16 anni si parlava di lui come prima scelta assoluta al draft (anche se poi è stato Wiggins, ma questa è un'altra storia). La scelta per l'università ricade su Duke, ma si ferma solo un anno nella NCAA, chiudendo per altro con numeri da brividi: 19 punti a partita e quasi 9 rimbalzi di media. Insomma, la NBA lo attendeva, e lui non si è fatto aspettare oltre: a marzo saranno 20 anni, ma questo ragazzo può davvero sorprendere già da ora. Come abbiamo detto, è tra i prospetti più pronti per far subito bene nella massima lega americana, anche perchè un'ala piccola di 203 centimetri per 107 kg non passa molto spesso: a Duke ha giocato spesso anche da 4, ma difficilmente lo vedremo in questa posizione al piano di sopra, nonostante l'ottima attitudine a rimbalzo. Offensivamente ha in faretra diverse frecce, o meglio, ogni tipo di freccia: tiro dall'arco, dalla media, gioco sotto, capacità di muoversi senza palla e una maturità vista a pochi della sua età. Gli unici dubbi sono sulla tenuta difensiva, visto che anche al college ha più di una volta avuto qualche amnesia di troppo nella propria metà campo. Aspetto comunque migliorabile, come anche l'esplosività che ogni tanto gli viene a mancare e lo costringe a forzare dei tiri. Insomma, NBA-ready e con margini di miglioramento non indifferenti, e pensare che è finito alla numero 2...
L'ALLENATORE: JASON KIDD - Ha provato il colpo di stato a Brooklyn senza successo ed è stato cacciato da Prokorov, ma non è rimasto senza lavoro per molto. Jason Kidd è infatti subito stato contattato dai Milwaukee Bucks per prendere il posto di Larry Drew e riscattare quell'orribile 15-67. Parlare del Kidd giocatore è superfluo: 19 anni sempre ad altissimi livelli, continuità a dir poco strepitosa, anche nel finale della carriera. Poi nemmeno un anno di pausa, subito di nuovo in pista, stavolta da capo-allenatore dei Nets: prima una partenza lenta, poi pian piano la squadra ha ingranato e l'ex playmaker ha conquistato anche due premi di Coach of the month per la Eastern Conference, a gennaio e a marzo. Ai Play-off la corsa è terminata alle semifinali di conference contro i Miami Heat, dopo che nei confronti diretti era stata la squadra di Kidd ad aver sempre la meglio in regular season. Nel corso della stagione, per la precisione il 17 ottobre, ha anche assistito (da coach) alla cerimonia del ritiro del suo numero 5, proprio da parte della franchigia di cui era capo allenatore. Insomma, roba per pochi, ma ci siamo quasi tutti abituati a esser sorpresi dai magheggi di Giasone.
UN SISTEMA DA COSTRUIRE - Parlare di "sistema prediletto" dopo una stagione con 15 vittorie su 82 partite è difficile, quasi impossibile. Kidd, prima di pensare a costruire un tipo di gioco specifico, deve abituare i suoi ragazzi a giocare e basta: movimento di palla, giuste spaziature, insomma tante cose basilari, che se fatte bene possono anche portare a un ottimo salto di qualità. In attacco i problemi sussistono, ma mai quanto in difesa: l'assenza di Larry Sanders si è fatta sentire anche fin troppo, e tutto il sistema ne ha risentito in maniera clamorosa. I Bucks sono stati la seconda peggior difesa su 100 possessi, concedendo agli avversari 108.9 punti (solo i Sixers han fatto peggio, con 109.1). La mancanza di specialisti è colmabile con un sistema difensivo affidabile, ma se nemmeno quello funziona, allora la frittata è fatta. La poca verve dello scorso anno poi non ha contribuito di certo a migliorare le statistiche difensive agghiaccianti dei Cervi.
LE ASPETTATIVE: PLAY-OFF? - Obiettivo per questa nuova stagione è centrare un posto nei Play-off. Impresa tutt'altro che impossibile, soprattutto nella poco competitiva Eastern Conference, perchè se fossero a Ovest non ce lo sogneremmo neanche di vederli tra le migliori 8 squadre. A Est la storia è diversa sotto diversi punti di vista: livello di gioco sicuramente più basso, enorme disparità di qualità tra le franchigie, insomma la sorpresa è sempre dietro l'angolo, e la stagione passata dei Toronto Raptors lo dimostra. Molto dipenderà dall'inserimento di Parker in un contesto nuovo e sicuramente tutt'altro che vincente (almeno al momento) e dalla tenuta fisica di Sanders. Poi finchè c'è Brandon Knight c'è speranza...