Sembrava soltanto questione di tempo, ma tempo infine non ce n'è stato più. Nonostante il desiderio reciproco e mai nascosto nel proseguire insieme un percorso che fin qui aveva dato frutti dolcissimi, Vince Carter ha scelto di lasciare i Dallas Mavericks ed accasarsi ai Memphis Grizzlies, da anni alla disperata ricerca di un caposaldo per la propria second unit. Sarebbe riduttivo ed ingeneroso soffermarsi esclusivamente sul lato economico di questa decisione, eppure non si può trascurarne l'impatto sostanziale. Bloccati dal contratto accordato a Chandler Parsons, Restricted Costless Agent degli Houston Rockets in attesa di conoscere se quest'ultimi lo tratterranno pareggiando l'offerta, il General Manager Donnie Nelson ed il proprietario Mark Cuban avevano proposto a "Vincredible" un accordo triennale di importo pari a circa 2.7 milioni di dollari, ovvero la Room Exception: troppo poco, evidentemente, di fronte agli oltre 4 milioni di dollari per i prossimi 3 anni (ultimo dei quali solo parzialmente garantito) offerti dai Memphis Grizzlies per convincerlo a lasciare la Big D e volare in Tennessee.
Non dev'essere stata una decisione agevole, nè tantomeno indolore, perchè Carter deve ai Mavs la sua ultima resurrezione così come Dallas deve a Vince un contributo tecnico e soprattutto umano di valore inestimabile, di un leader dentro e fuori dal campo, di un punto di riferimento etico prim'ancora che cestistico. Forse però sarebbe stato opportuno, per lui, aspettare qualche giorno in più. Come rivelato da Tim MacMahon di ESPN, il suo agente aveva reso noto alla dirigenza texana che le richieste economiche erano proprio di un contratto biennale a 4 milioni di dollari l'anno: pretese nient'affatto eccessive, visto anche l'eccellente rendimento avuto dallo swingman oggi 37enne nelle ultime tre stagioni, decisamente superiore al compenso economico precedentemene concordato per restare nella Big D. Con la offer sheet di Chandler Parsons ancora in sospeso, la dirigenza texana ha esaurito lo spazio salariale: semplicemente, per ora non poteva offrirgli nulla di più della modesta Room Exception. Ma lunedì prossimo, se il General Manager dei Rockets Daryl Morey avrà deciso di trattenere la sua 38esima scelta al draft 2011 in quel di Houston? I Mavericks si sarebbero riappropriati dei 15 milioni di dollari accordati a Parsons e automaticamente avrebbero potuto ripiegare su un'alternativa più economica - Trevor Ariza magari, che secondo Adrian Wojnarowski di Yahoo! Sports sta aspettando proprio un'offerta da Dallas nonostante le pressioni continue dei Washington Wizards - trovando quindi le risorse sufficienti a venire incontro alle comprensibili richieste di Vince.
Troppo tardi per i dubbi: Carter, giunto quarto alle ultime votazioni per il Sesto uomo dell'anno, è oggi un giocatore dei Memphis Grizzlies. Per i tifosi texani, i cosiddetti MFFL (Mavs Fans For Life), è sicuramente un giorno amaro: era stato addirittura l'owner Mark Cuban ad auspicare che l'ex Rookie of the year 1999 chiudesse la propria onorata - purtroppo non decorata - carriera in maglia Mavs, ma non sarà così. Per l'8 volte All-Star, ex Toronto Raptors e New Jersey Nets, Dallas è stata una parentesi speciale: dopo gli anni bui di Orlando e Phoenix, e quella cessione improvvisa da una contender finalista appena l'anno precedente (i Magic di Dwight Howard e coach Stan Vun Gundy nel 2009) ad una squadra in piena ricostruzione (i Suns del post - Amar'e Stoudemire, trasferitosi nell'estate 2010 ai New York Knicks del suo ex-allenatore Mike D'Antoni), lui e i Mavs si sono stretti la mano per offrirsi reciprocamente un'occasione di riscatto. La disgregazione del roster campione NBA 2011 e lo sweep subito dagli Oklahoma City Thunder futuri finalisti al primo turno dei playoff 2012, quindi la mancata qualificazione alla post-season nella digraziata stagione 2012/2013, iniziata male (il mancato arrivo di Deron Williams e la pletora di fallimentari contratti annuali) e finita peggio (il lungo stop dell'uomo franchigia Dirk Nowitzki, costretto a fermarsi per una pulizia atroscopica del ginocchio destro), hanno costruito e forgiato un legame unico, con premesse statistiche più che confortanti e quella comunione intima di vissuto e ambizioni che soltanto chi ha attraversato le forche caudine delle sconfitte in serie e dei processi sommari a mezzo stampa può davvero condividere.
Non appena si conoscerà il destino di Chandler Parsons, al massimo domenica notte, la dirigenza texana si tufferà nuovamente sul mercato al fine di trovare un suo degno sostituto: da giorni si vocifera ormai di un reciproco interesse fra i Mavericks e la point guard Mo Williams, che trascorre la off-season in compagnia della numerosa famiglia (5 figli) proprio nella Big D e sarebbe desideroso, a quasi 32 anni, di avvicinarsi a casa. Proprio all'ex sesto uomo dei Portland Trail Blazers potrà essere offerta la Room Exception rifiutata da Vince, così da consegnare a coach Rick Carlisle quei punti veloci, specialmente quelle triple mortifere, che hanno salutato la Big D insieme a Vince. Senza rancore, con estremo orgoglio, e quel pizzico di nostalgia geriatrica che accompagnia soltanto i bei ricordi ancora vivi. Come i Miracle Mavs, gli underdog che nemmeno sarebbero riusciti a qualificarsi al playoff 2013/2014 e invece hanno contretto gli assoluti dominatori San Antonio Spurs a sette gare spettacolari e difficilmente eguagliabili per contenuti tecnici ed turbinio di emozioni. Come Gara-3, il buzzer-beater della redenzione, quell'attimo eterno che consegna alla storia della pallacanestro un viaggio lungo 3 anni e terminato esattamente al momento giusto. Grazie, "Vincredible".